Undici

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Rosso e bianco sono le pareti nella stanza in cui mi trovo. C'è buio, non riesco ad alzare il viso, ma sembra che la lampadina del lampadario debba essere molto debole.
È un ingresso di casa, sembra essere quello di casa mia, ma non ne sono sicura, perché c'è troppa poca luce e io non riesco a muovermi.
Sembra che io stia aspettando qualcosa o qualcuno, non capisco.
Sento dei passi e delle voci.

"Dobbiamo dirglielo." Riconosco la voce, è quella di mio padre. Il rumore sul parquet diventa sempre più intenso, i passi avanzano e sembra che non siano solo quelli di una persona.

"Lo so." Ora li vedo. C'è mio padre, ma anche mia madre, la quale ha le mani tra i suoi capelli. Sembra essere preoccupata. Vorrei potermi avvicinare a lei, ma non posso.

"Elisabeth." È mio padre a chiamarmi. Provo a rispondere, ma le parole mi si strozzano in gola.

Poi ecco arrivare una piccola bambina di quattro anni con un bellissimo vestitino rosa.
Tra le mani ha il suo pupazzo preferito, un piccolo Winnie the Pooh. È felice, saltella fino a raggiungere il padre.

So cosa sta per succedere, quella bambina sono io e questa è la scena che per anni mi ha tormentato nei sogni.
Voglio svegliarmi, ma non posso e lo so bene, devo aspettare che finisca.

"Hey bimba, lo sai che papà tu vuole bene vero?" Lo sapeva lei. La bimba annuì sempre con il sorriso sul volto.

"Papà starà lontano da casa per un po', potrai sempre venire a trovarmi però." No, non è vero. Il sorriso della bimba scomparve, ma non era triste, semplicemente sono capiva il significato di quelle parole.
Dopo che il padre le diede un bacio sulla fronte, lasciò che i piedi della bambina toccarono per terra e uscì dalla porta d'ingresso, dalla quale non sarebbe mai più rientrato.

Ora buio. Niente più pareri familiari, non c'è più nessuna bambina, nessun peluche. È buio perché ho ancora le palpebre chiuse, non voglio aprirle. Non sto più sognando, lo so perché adesso il mio corpo riesce a muoversi, così mi porto sul fianco destro piegando le gambe.
Cerco di prendere sonno e per farlo penso.

Non ho fatto questo sogno per molto tempo, forse un anno, perché adesso?

Una cosa che Londra mi ha insegnato è che del passato non puoi mai liberarti. Non importa quanto tu lontana sia, quanto tempo sia passato da un determinato fatto, ciò che conta, cioè che ti ha segnato e formato rimarrà sempre in te e prima o poi emergerà.

Era il 3 febbraio del 2017. Le feste erano da poco passate e il compleanno di Harry erano stato due giorni prima. Questa combinazione portò al mio crollo in quello stesso giorno.

Quel giorno doveva essere un giorno come un altro. Ormai dopo quasi un anno ero riuscita a trovare la mia routine, nella quale mi trovavo bene. La mattina seguivo le lezioni del mio corso, mentre il pomeriggio andavo in biblioteca a studiare per i miei esami. La sera variava spesso però e di questo ne fui contenta fino a quel momento. Quella sera non avevo nessun impegno, così rimasi a casa. L'appartamento in cui abitai per il primo anno era veramente piccolo e fin da subito non mi ero trovata a mio agio in quel luogo. Quella sera però tutto sembrava essersi ampliato e la voglio di scappare da lì era troppa.

Ero sul divano, avevo appena finito di mangiare la piazza mentre guardavo Friends, serie che io e Harry eravamo soliti guardare insieme. Finita la pizza chiusi il cartone e spensi anche la tv. La giornata era stat più monotona del solito, così decisi che fosse meglio andare a letto per velocizzare l'arrivo di una nuova giornata.
Ecco questo fu il secondo errore che commisi quella sera, il primo fu guardare Friends.

Dopo essermi messa a letto ciò che più mi premeva era prendere sonno. A quei tempi come adesso per abitudine mi immergo nei miei più profondi pensieri e solo dopo il dio ipnos mi dona il sonno. Quella notte il mio pensiero tornò a casa, a mia madre, a Kate e a Harry. Inizialmente tutto ciò che feci fu pensare a loro e chiedermi cosa stessero facendo in quel momento e fino a quel momento tutto andò bene. Poi inizia a ricordare me da piccola, quella scena che nella sua semplicità mi aveva tormentato per anni, il volto di mio padre, le urla in casa, i miei pianti e improvvisamente lacrime scesero dal mio volto, respirare iniziò a diventare più complicato quando, nonostante fossi circondata dal buio, sentì le pareti della stanza restringersi.

Years · h.sDove le storie prendono vita. Scoprilo ora