Parte 14 Gwen

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Questa notte mi ha aiutato a lucidare l'armatura un po' troppo ammaccata.
Mi alzo e dopo aver bevuto un bicchiere di succo, ace ovviamente, mi fiondo nella cabina armadio.
COSA DEVO METTERMI ?
Sono pur sempre una donna e come potrei sottrarmi a tale cliché.
Ringrazio mentalmente la Boschi per avermi costretto a uno shopping matto e disperatissimo.
Tiro fuori un pantalone beige con una casacca verde bosco e le scarpe dello stesso colore del pantalone. Infilo l'impermeabile, rigorosamente beige molto London style, siamo a Torino è normale che piova o faccia almeno freddo a marzo, ringraziamo il cielo di non esser sommersi dalla neve.
Sciarpa di lana e borsa sulla spalla e si parte in direzione "futuro".
Oggi mi tocca prendere la macchina e ringrazio di esser stata tanto intelligenti da lasciarci un ombrello dentro.
Guido ascoltando un po' di radio. Quanto odio quelle stazioni in cui a prima mattina c'è solo gente che parla a vanvera e neanche una sola anima pia che lascia andare la musica. Poi, non sia mai becchi la tua canzone preferita, mettiti l'anima in pace perché con un tempismo perfetto quando dovrebbe fare la tua parte preferita verrà bloccata per dire l'ennesima sciocchezza.
Non credevo di essermi svegliata tanto polemica stamattina!
Le scorie della notte passata le ho messe insieme a quelle delle altre, accantonate, riposte in un angolino della mia testa e della mia anima. Mi sento molto spirituale nell'ultimo periodo.
Mentre parcheggio arriva la strizza, mi stavo quasi preoccupando di fare questo grande passo senza la mia cara amica ansia, l'unica costante della mia vita insieme ai due prodi cavalieri.
Lascio la mia bolla ed esco dalla mia Mini rossa ed entro.
<< Salve, sono Ginevra Freddi.>> dico al ragazzo delle reception, quando ho fatto il colloquio c'era una ragazza, il ragazzo di oggi è proprio bello.
<< Buongiorno, il signor Magamelli l'aspetta nel suo ufficio seconda porta a destra.>> dice con un sorriso smagliante consegnandomi il badge da visitatore.
Bello mio non continuare così perché esistono delle cose chiamate ormoni.
Ringrazio con un sorriso e raggiungo l'ufficio.
Busso. Entro e mi siedo.
Lui mi guarda e sorride e io, come al colloquio, non capisco mai fino in fondo i suoi comportamenti. Mi ha fatto sedere dopo un semplice buongiorno, non ricambiato, e senza una stretta di mano:
<< Mia cara Ginevra, diamoci del tu, si anche tu.>> lo guardo con un grande punto interrogativo stampato in faccia.
<< Non mi guardare così, sono stanco di tutti quei collaboratori che credono che il rispetto sia solo darti il lei ma poi non vedono l'ora che io sbagli per buttarmi via.
Sono un po' più in là con l'età ma non sordo o rimbambito. Sento i loro commenti appena passo.
Tu sei diversa, nei tuoi occhi mi sono rivisto ed è per questo che ti ho scelto, ti voglio qui per esaltare tutti quei colori di cui parlammo già l'altra volta. Il mio ultimo compito sarà quello di salvarti o almeno di provare a farlo.>> dice e io quasi mi commuovo, mi ha preso a cuore e io farò di tutto per non deluderli.
<< Ma sta dando per scontato che io sia qui per accettare l'incarico.>> dico io per smorzare un po' i toni. Mi fa strano dare a una persona del genere il tu dopo neanche due ore che ci conosciamo. Sono colpita, onorata, ma devo prendere i miei tempi.
Lui mi guarda curvando la testa con un ghigno sul viso.
<< Ho detto che mi rivedo in te, so esattamente che tu hai scelto questo posto e sapevo che per un attimo avresti voluto rimischiare le carte perché non vuoi essere troppo prevedibile.
Il problema è che io sono come te, le cose che tu hai ora io le ho fatte cinquant'anni fa.>> dice e a volte mi sembra di parlare con Leonardo, lo stesso sarcasmo e lo stesso umorismo pungente, spero di istaurare un bellissimo rapporto con lui.
Continuiamo a parlare come si parla a un vecchio parente lontano, con quell'affetto velato, fino a quando il ragazzo della reception ci avverte che è arrivato il nuovo fotoreporter, faccio per andarmene ma il signor Magamelli mi fa spazio dietro la sua scrivania dicendo che devo conoscerlo perché in futuro lavoreremo a stretto contatto essendo i nostri lavori pressoché complementari.
Mi appoggio alla finestra della scrivania mentre parliamo dell'ultimo articolo che ha scritto a mano, senza neanche una macchina da scrivere-lui ne possiede una- e persi nei ricordi di quando non c'era la tecnologia e bastava una bella grafia e il gioco era fatto, epoca in cui neanche lui era ancora nato,non ci accorgiamo che bussano.
<< Buongiorno>> dice Federico entrando, e che cazzo, non ci vediamo per più di un anno e ora invece tutti i giorni, bel destino del... .
All'inizio non mi vede, concentrato su Arturo.
<< Salve, signor Diverti ?>> dice con fare professionale, il contrario di quello che ha avuto con ne pochi attimi fa con me.
<< Sì, sarei qui per accettare l'incarico.>> ed è in quel momento che tutto si ferma, occhi dentro occhi, cerchiamo di leggerci dentro ma ormai stanno troppi muri a dividerci e i soli occhi non riescono a lottare contro la delusione e il rimorso. Si rincorrono ma non si trovano, c'è chi scappa e chi prova a raggiungere ma non ce la fa nessuno dei due.
Il tempo passa ma per noi è come se si fosse fermato, la scena è tanto strana, solo nei film si vedono cose del genere, che Arturo si gira a guardarmi.
<< Si, lo so che è una bella ragazza ma non s'incanti, che figura ci fa.>> schernisce Federico.
<< Federico.>> intervengo io.
<< Ginevra.>> risponde lui mentre il mio nuovo capo-Salvatore passa lo sguardo da me a lui.
<< Già vi conoscete?>> dice guardando me e io annuisco e dalla mia faccia capisce che è meglio non approfondire.
<< Tornando alle cose serie, la signorina Freddi sarà la mia nuova giornalista e lavorerete a stretto contatto.
Detto questo potete andare.
Anche tu Ginevra ci vediamo lunedì, salutami Rosa, signor Diverti.>> dice accompagnandomi alla porta sotto braccio salutando me con un sorriso caloroso e Federico un po' più freddamente.
Usciamo dall'ufficio e l'aria è tesa, non siamo mai stati soli e non sappiamo come comportarci, beh neanche insieme in un gruppo almeno ultimamente.
Non avevo proprio preso in considerazione l'ipotesi che Federico potesse essere il mio collega.
Quando l'ho visto ieri non credevo certo che fosse tornato per restare.
<< Saremo colleghi.>> asserisce lui e io mi giro a guardarlo, non sa che dire e si vede che è in difficoltà perché guarda dappertutto tranne che me.
<<Si-infilo gli occhiali da sole insieme alla sciarpa-allora, ciao, a lunedì>> concludo io iniziando una piccola sfilata verso la macchina.
Ho sempre 22 anni, la settimana prossima 23, mica 40.

Stuck in her daydreamDove le storie prendono vita. Scoprilo ora