<< Qui siamo tranquilli. Mi vuoi-
<< Gwen!>> urla Matteo scansando Edoardo che ormai sembra non capirci più niente, giustamente. Mi ha portato nel mio ufficio, in modo da essere più isolati, e io mi ritrovo seduta al mio solito posto con tre persone che mi guardano neanche si aspettassero un crollo nervoso.
Che stupida, sono stata ingenua, ho creduto che fosse cambiato, o meglio, che quello di due anni fa è stato un errore a se stante, mi sono voluta far prendere in giro perché c'erano tutti i segnali ma io mi sono voluta appellare al particolare. Mi sono appellata a quella che dovrebbe essere la naturale tendenza degli uomini a fare delle azioni positive, guardando il mondo con gli occhi di una bimba e ho sbagliato e adesso la disillusione pesa.
<< Non mi guardare come se stessi per rompermi da un momento all'altro. Sto bene, dico sul serio, sto stranamente bene, non me lo aspettavo ecco tutto.>> mi scrutano negli occhi, tutti e tre e se solitamente lo guardo più pesante è quello di Matteo, stavolta ha trovato un degno avversario.
Provo ad alzarmi perché questa reazione da dodicenne sta durando anche troppo per i miei gusti ma il riccio me lo impedisce, sto per ribattere quando mi zittisce con un dito. Lo guardo male e lui si scusa con un sorriso e cavolo quel sorriso vale il perdono.
<< Mi sembra di capire che sono l'unico all'oscuro- guarda Matteo, Lucia e infine me e annuisce- Non ti farò nessuna domanda, non mi sembra giusto che io pretenda di sapere questioni che non mi competono, però permettimi di dire che non è giusto che tu sia qui anziché far vedere a quel coglione cosa si è perso.>>
<< Non c'è più niente tra me e quel ragazzo.>> e io che pensavo che il sorriso di prima fosse il migliore del suo repertorio mi devo ricredere.
Adesso nei suoi occhi e tornata quella luce che tanto mi intrigava prima.
Non ho mai creduto possibile che degli occhi scuri mi prendessero così tanto, di solito come parametro di bellezza si ricercano gli occhi chiari ma in questo caso scambierei volentieri degli occhi azzurri con i suoi.
Mi sento rapita e portata all'interno delle fosse scure, come se fosse una terra tutta da scoprire e cavolo se mi stuzzica.
Quando mi riprendo mi rendo conto della situazione in cui ci troviamo per di più con due persone di cui una iperprotettiva nei miei confronti che già guarda male il suddetto proprietario delle fosse scure. Sinceramente non so se essergli grata per la prontezza con cui mi ha portato via, visto che meno di due ore fa per lui ero solo un nome astratto, o essere imbarazzata perché un ragazzo del genere, nonché figlio del mio capo, abbia dovuto prendere parte a questa bella scenetta.
<< Convengo con lui. Scusami ma tu chi sei in tutto ciò ?>> da quanto tempo si starà covando questa domanda ?
<< Edoardo, piacere.>> apprezzo come in questa situazione abbia omesso il suo cognome. Adesso è solo Edoardo, non Edoardo Magamelli figlio del direttore, un semplice ragazzo.
<< Matteo e lei è la mia fidanzata Lucia.>> sia la mia testa che quella di Lucia ruotano in uno scatto nella sua direzione.
<< Sei, anzi, siete due stronzi , non mi avete detto nulla. >> Lucia alza le mani discolpandosi, si vede che ne sa quanto me, Matteo, invece, in quanto colpevole, arrossisce.
<< "Gwen tu devi capire che noi siamo fratelli per scelta, non è stata la genetica o la natura a decidere per noi, noi ci siamo cercati e ci siamo scelti. Per questo dobbiamo dirci tutto." >> cerco di imitare la sua voce.
In tutto questo ci sono Edo e Lucia che seguono il nostro battibecco come se fosse una partita di tennis mentre confabulano tra di loro.
<< Meglio che stavo zitto.>> sussurra più a se stesso che qualcuno in particolare e noi tre scoppiamo a ridere.
Mi scambio un'occhiata con Edoardo e senza dire nulla decidiamo di lasciare la coppietta parlare un attimo da soli.
Dalla faccia di Lucia era palese che avesse bisogno di stare un po' sola con Matteo ma non voleva cacciarci.
<< Sei pronta a farlo rosicare ?>> si ferma Edoardo aggiustandosi i polsini della camicia, mi sembra giusto non porta la cravatta ma i gioielli con tanto di iniziali non li ha dimenticati. Questo ragazzo è un fantastico controsenso.
<< Sinceramente non mi interessa di lui, non si merita la mia attenzione. Ora voglio solo godermi la serata come stavo facendo prima di tutto questo.>
Non scherzo quando dico che non mi interessa, se davvero sentissi il bisogno di "farlo rosicare" significherebbe che in qualche modo mi ha ferito questa sera ma non è così. Il problema è che non provo niente e questa cosa mi spaventa quasi.
<< Quindi ti stavi godendo la serata in mia compagnia.>> ammicca.
<< Sei bravo a rigirarti le cose.>> questo è un talento, saper cadere sempre in piedi.
Ritorniamo nella sala ridendo e onestamente devo ammettere che grazie a lui mi sento molto più a mio agio.
Entriamo giusto in tempo per vedere Arturo prendere il microfono.
<< Buonasera a tutti, grazie per essere qui. Siamo in una sala piena di scrittori eccezionali ma che pagherebbero ora pur di non parlare davanti a tante persone e io, in qualità di direttore, non posso esser da meno. Ho sempre trovato più semplice urlare attraverso l'inchiostro che attraverso la voce, i cantanti cantano, gli scrittori scrivono, è l'ordine delle cose.
Stasera è una serata particolare organizzata per festeggiare il giornale che da 10 anni è nella top5 dei giornali con più abbonati in Italia, ma soprattutto per onorare tutte le persone le cui parole hanno permesso ciò, presenti e passati.- fa scorrere lo sguardo sulla sala- Lascio ora la parola al signor Spinoza che anche senza scrivere, ha aiutato il giornale a esser quel che è oggi.>>
Un applauso si leva nella stanza.
<< Mio padre odia queste cose.>> Edoardo si avvicina incastrando il suo braccio appoggiato al bancone dietro le mie spalle, sembriamo abbracciati ma senza toccarci.
<< Diciamo che se fosse stato per tuo padre adesso starebbe a casa a cenare con la sua amata Greta dopo aver predisposto tutto per l'edizione della domenica. Però, dai, se l'è cavata bene.>>
Ormai non ascoltiamo una parola del discorso del fantomatico finanziatore, è come se fossimo in una bolla.
Ci ricolleghiamo con il mondo esterno solo per applaudire trattenendo a stento le risate.
<< Giulia! Che bello vederti.>> ed ecco che la bolla scoppia.
Mi scambio uno sguardo con Edoardo che non accenna a cambiare posizione, resta dov'è, al mio fianco solo che stavolta mi avvolge davvero con il suo braccio poggiando la mano sulla schiena.
Antonella è davanti a me e Federico le è di fianco guardando attentamente il ragazzo di fianco e non me, non ha il coraggio di guardare me.
Mi fa quasi pena, credevo avesse un po' di palle ma forse sono io che non ho capito un cazzo.
Sinceramente mi sto innervosendo.
<< Ciao a te.>> voglio apparire cordiale giusto per non dargliela vinta.
Cosa dovrei dirle? Dovrei parlare di cosa? Cosa abbiamo in comune io e lei ? Solo quell'ameba al suo fianco.
Io odio poche cose in questo modo e una di queste è la FALSITÀ, ma dico io perché venire da me, per quale ragione devi fare questa sceneggiata venendo qua fingendo un possibile rapporto tra di noi che non c'è mai stato. Io e lei abbiamo fatto una sorta di staffetta nella vita di un uomo e finisce lì, stop , e sinceramente non vorrei che fosse altrimenti.
<< È Ginevra.>> la corregge il riccio stringendomi a lui, ormai il suo abbraccio ha completamente avvolto il mio bacino.
Io non ci avevo dato peso perché mi sembra una bambinata ma che pretendi da gente così ? Forse crederà di esser superiore, contenta lei.
<< Scusami hai ragione...>>
<< Edoardo.>>
Lei fa per dargli la mano e presentarsi ma lui rivolge tutta la sua attenzione su di me con una faccia da schiaffi mai vista prima e un luccichio negli occhi.
Ah, questo ragazzo mi farà ammattire.
Antonella non sentendosi più al centro dell'attenzione prova a intavolare una conversazione con Federico provando a coinvolgere anche noi ma nessuno dei tre accenna a dalle corda, allora sbuffa, ci saluta e portandosi dietro il suo cagnolino occupano il centro della pista da ballo.
Noi abbiamo già dato, per ora ci limitiamo a ondeggiare, mi lascio calmare dal motivetto blues come se fossi stesa sulla superficie dell'acqua.
<< Mi fa pena.>> mi limito ad annuire.
Dopo stasera ho smesso di interrogarmi su cosa passi per la testa di Federico, lo vedo come un segno del destino, tutto l'universo mi vuole dire che quando si chiude una porta è meglio non continuare a tirarle calci e pugni, a volte é meglio lasciare le cose così.
Antonella, se vogliamo analizzare la coppia concludiamo il duo, sembra la classica antagonista di quei romanzi rosa inevitabilmente tutti uguali ma inspiegabilmente amati da tutti, la trama è quella e il finale anche, ma ciò non ti impedisce di avere l'ansietta quando si lasciano i protagonisti della serie "non succede ma se succede."
Il problema è che quelli sono libri e questa è la vita reale, io indubbiamente non sono Giulietta e lui non è il mio Romeo.
"Pazzia è fare sempre la stessa cosa aspettandosi un risultato diverso".
Con Federico ormai è così, ci abbiamo provato e riprovato e chissà com'è sono sempre io quella che è rimasta scottata, mi sono illusa che cambiando l'ordine degli addendi cambiasse il risultato.
<< Posso dire che quella ragazza rappresenta un po' il classico cliché? >> Edoardo sembra quella tua amica che appena vede la nuova fiamma del tuo ex e non fa altro che sottolineare tutti i suoi difetti. Mi commuove come si sia alleato al mio fianco.
Per la prima volta stasera mi soffermo a guardare l'outfit di Antonella: un vestito fucsia abbastanza corto con scarpe e borsetta coordinati. Mi sembra una barbie, mi sembra quasi che la sua sia solo una facciata, forse in un'altra vita mi impegnerei ad andare a fondo, non in questa però.
<< Edo, dopo poco più di due ore ti sei già schierato al mio fianco.>>
<< Ehi, siamo passati ai diminutivi.>> non vuole sentire altro, ha capito e recepito. Ora è passato oltre e riprende la conversazione come se quella fosse solo una piccola parentesi.
Ricomincia a parlare ammiccando spostando finalmente la mia testa.
<< Mi scusi signorino Magamelli.>> fa una smorfia.
<< "Edo" mi piaceva di più, però, non è molto originale.>> effettivamente.
<< Allora e non ti va bene nulla! Se devo trovare un diminutivo di classe ho bisogno di tempo.>>
Ma davvero siamo arrivati a questo ?
<< Te lo concedo.>>
Non ce la faccio.
<< Posso farti una domanda ?>> si gira completamente verso di me e annuisce.
Ho questo sfizio che mi devo togliere.
<< Perché non hai la cravatta? >> ridiamo entrambi ma, ehi, è la seconda cosa che ho notato dopo i capelli.
<<Vuoi il motivo fico e la realtà?>>
<< Scelta tua?>> davvero ci sono due storie, e io che credevo fosse una domanda stupida.
<< Ok, allora- si scuote il ciuffo e poi lo risistema come se volesse autospronarsi, prospetto grandi risate- il motivo fico è essenzialmente che non ne ho bisogno, sono elegante e affascinante anche senza- il fatto che mentre lo dice si atteggia a modello di Vogue mentre le guance si colorano lievemente, questa differenza lo rende tenero e anche un po' esilarante- la verità è che l'ho persa in treno.>> ha anche la faccia sconsolata, questo ragazzo è peggio di Matteo. Ho paura di quello che potrebbe uscirne se entrassero in confidenza.
<< Come l'hai persa in treno? >>
<< Beh, sai come sono i treni, se hai un appuntamento sono sempre in ritardo. Stamattina sono dovuto correre a Milano da un mio cliente per poi tornare qui per le 5 ma, non chiedimi perché, sono riuscito ad arrivare a Porta Nuova alle 19:45. Per puro caso trovandomi a Milano ero passato a ritirare un vestito, questo- si indica- e mi sono dovuto cambiare nel bagno del treno. Alla fine prendi la valigetta, il vestito, i documenti che stavo rivedendo, non avevo legato la cravatta e credo che mi si sia sfilata dal collo cadendo sul treno.
Spero di no, con tutto il cuore perché era una cravatta a cui tenevo.>>
Lui si ferma, perdendosi nei ricordi forse, e io non vado oltre, lui ha rispettato i miei silenzi e anche io devo rispettare i suoi.
<< E io che credevo ti sentissi talmente tanto superiore a tutti da non sentire il bisogno di indossare una.>>
<< Che peccato questa frase mi avrebbe calato più nella parte, rendendomi forse anche più affascinante.>>
<< Non ai miei occhi.>>
Ed ecco riprendere la nostra sfida si sguardi. Blu e marrone che si rincorrono, oceano e terra che lottano per dominare, ma la natura è fatta di equilibri. Nessuno dei due accenna a distorcere lo sguardo mentre tutti attorno a noi ballano, a noi danzano gli occhi.
<< Gwen, Edoardo venite, siete seduti con noi.>>
Ma com'è che non avevo notato che ci sarebbe stata servita una cena seduti a tavola?
Seguiamo il direttore accomodandoci a un tavolo rotondo al centro della schiera di tutti gli altri.
Noto con piacere che su ogni tovagliolo c'è un piccolo segnaposto, adoro queste piccole chicche, per mia fortuna sono seduta tra madre e figlio, non ho avuto il tempo di controllare gli altri nomi, Greta stessa mi ha trascinato al suo fianco.
Pian piano tutti gli invitati prendono posto e io ne approfitto per controllare il cellulare.
Davvero sono solo le 21:30? Ma il tempo si è dilatato?
Mi accorgo solo ora dei messaggi di mia madre, è da una settimana ormai che non la vedo dopo aver passato praticamente ogni pomeriggio di quella prima insieme.
Sono andata con lei a comprare il vestito per questa sera.
Fin da piccola ho avuto un bellissimo rapporto con mia madre, un cuore in due. Crescendo le cose sono un po' cambiate, cioè, sono cambiate nella misura in cui da adolescente ho iniziato ad amare viaggiare. Per me stare a casa era una forzatura, mi sentivo oppressa, come se mi mancasse l'aria, paradossalmente sull'aereo quando manca davvero l'ossigeno io iniziavo a respirare. Da adolescente si entra in conflitto un po' con tutti, io entravo in conflitto con la sua idea di restare a casa. Adesso che sono un po' più grande la capisco, dopo aver avuto una vita sballottata da una città all'altra voleva solo un po' di stabilità. Io, come è giusto che sia, la vedevo in modo opposto.
Ho fatto tutto di corsa, sono andata a scuola un anno prima, ho fatto i test per l'università un anno prima, è stata tutta un'eterna corsa. Mi sentivo come se fossi su una giostra da cui non potevo scendere. Poi è arrivata la mamma e nel modo più dolce ha fermato tutto, ha ritagliato un angolo di sosta nella mia vita in frenesia.
<< A chi stai pensando? >> mi chiede la signora Greta.
<< Stavi fissando il piatto sorridendo, non credo che un po' di ceramica bianca susciti un sorriso così dolce.>> continua lei.
<< Pensavo a mia mamma.>>
Sorride.
<< Deve essere una bravissima donna e una bellissima persona.>>
Annuisco.
<< Lei è una donna che si realizzata, non parlo del lavoro, lei ha realizzato il suo progetto per se stessa e adesso è in pace con la sua vera essenza. Lei, inoltre, è una mamma, non una madre. Per me c'è una differenza enorme, tutti possono essere madri ma è difficili essere mamme, esaltare la parte più dolce del ruolo.>>
<< Sai io non mi sono realizzata nella carriera, non ne avevo bisogno per stare in pace con me stessa, come dici tu, ho fatto la volontaria come infermiera ma nulla di più.
Un figlio era il mio più grande desiderio. Io e Arturo siamo nati alla fine degli anni cinquanta, anche se mio marito se li porta male, quindi in un epoca in cui le donne erano programmate per sposarsi presto e mettere su famiglia subito dopo il matrimonio.
Noi no. Edoardo è arrivato tardi, molto tardi se pensiamo che i figli dei nostri coetanei hanno già figli, lo abbiamo aspettato tanto ed è arrivato nel momento in cui anche la speranza è arrivata a vacillare.
Ora però lo guardo, lo vedo prodigarsi per sostenere con tutte le sue forze un senso di giustizia innato in lui. È sempre stato un ragazzino quadrato, tutto bianco e nero, tutto di un pezzo, le cose erano in un solo modo, come dovevano essere.
Non sai quante volte avrei voluto strozzarlo da adolescente, l'ultima parola era la sua e se così non era sbatteva la porta di camera sua, quindi alla fine concludeva lui. Quanti battibecchi con Arturo, quei due hanno lo stesso carattere e sai due galli in un pollaio non fanno altro che scontrasi.
Non dirgli che ti ho detto queste cose sennò è lui che strozza me.
Ginevra lui è un ragazzo buono. Vai oltre la facciata da duro.>>
Mi guarda come solo una mamma innamorata di un figlio può fare, ogni volta che i suoi occhi si posano su Edoardo, questi prendono vita facendo invidia alle stelle per quanto brillano.
Sono così onorata che si sia aperta con me, ha ragione Arturo, è una donna eccezionale.
La sala dove ci troviamo è la sala dove di solito vanno in stampa i giornali, svuotata e ripulita ovviamente.
Immagino solo le urla di Arturo se lunedì non è di nuovo tutto montato come deve essere.
I colori predominate sono sempre quelli: bianco, nero e oro, le luci soffuse creano un'atmosfera intima che crea quasi un ossimoro con la circostanza.
Mentre continuo a parlare con tutta la famiglia Magamelli che ha invaso la nostra conversazione solo al femminile, mi arriva un'improvvisa chiamata da un numero sconosciuto. Mi allontano per rispondere ma non appena lo faccio la chiamata viene staccata.
Ritorno al tavolo e lo trovo al completo. Colpo di scena da film di serie b.
C'è il signore che ha parlato prima e quella che presumo sia sua moglie, e fino a qui tutto regolare, Federico e Antonella.
Ormai sti due mi sembrano prezzemolino ogni minestra.
<< Arturo permettimi di presentarti mia figlia Antonella.>>
La mia faccia deve essere esilarante, come tutto il contesto del resto, mi giro verso Edoardo cercando di darmi un contegno e noto con mia sorpresa che anche lui non solo ha fatto la mia stessa mossa ma ha anche la stessa espressione.
<< Allora permettimi di ricambiare presentandoti mio figlio Edoardo.>> il suddetto rindossa la maschera da uomo tutto di un pezzo accompagnando un semplice "buonasera" con un cenno del capo.
Federico sembra prima riflettete su qualcosa e poi guardare storto il riccio mentre la sua accompagnatrice guarda storto me, almeno si son trovati questi due.
Ma dico io che peccato ho fatto nella mia vita precedente per meritarmi di essermeli dovuti ritrovate difronte.
<< La signorina è...>> il signor Spinoza si rivolge a me.
<< Ginevra Freddi una delle mie nuove giornaliste.>> mi anticipa Arturo che io sono sicura abbia intuito qualcosa.
<< Era tuo il pezzo sull'adolescenza? >>
<< Sì>>
<< Magnifico, i miei complimenti.>>
<< Grazie davvero.>> se solo non fosse il padre di quella ragazza sarei anche più ben proposta nei suoi confronti ma non ce la faccio, mi sale il reflusso.
<< Beh, penso che il mio nuovo fotografo tu lo conosca già.>>
Arturo la tocca piano e il finanziatore ride neanche fosse chissà che battuta comica.
Mi sembra la scena di High School Musical 2 quando Troy si trova a cena con Sharpay e la sua famiglia. Nel film il padre di lei cerca di comprarselo attraverso il basket, qui il signor Spinoza non fa altro che dispensare elogi per tutti. Esalta i miei articoli, le foto di suo genero, che ha dichiarato di conoscere da quando era poco più che maggiorenne, e le cause di Edo.
La cena passa così, io continuo a parlare con Edoardo e sua madre, i due uomini che parlano tra di loro, la coppietta che non viene considerata più di tanto e che a volte include anche la mamma si Antonella nei discorsi.
Dopo l'ultimo ballo e i consueti saluti Edoardo mi accompagna al taxi.
<< Sei come Cenerentola, sparisci a mezzanotte.>>
Allora non sono l'unica a cacciare fuori reminiscenze dell'infanzia stasera.
<< Ricordati che mi hai promesso un'uscita.>>
<< Come potrei dimenticarlo.>> non mi dispiace per nulla passare un'altra serata con lui, solo che avrei evitato di chiederlo proprio a tavola, in un momento di silenzio tra l'altro. Secondo me era fatto a posta per Federico. Ma ciò che è fatto è fatto e sinceramente me ne frego.
Entro nel taxi dopo averlo salutato con un bacio sulla guancia.
Voleva accompagnarmi lui ma in qualità di figlio ha promesso alla madre di farle compagnia fino a che non saranno andati tutti via sennò il padre non può andarsene.
<< Gwen aspetta. >> bussa al finestrino.
<< Non ho il tuo numero.>>
<< Sorprendimi.>> e in quel momento il tassista da gas.
Lui è ancora lì, sul marciapiede con un sorriso stampato sulle labbra mentre mi guarda andare via.
È stata proprio una serata da film e non poteva che concludersi in modo drammatico.
Appena arrivo sotto al portone, infatti, noto una figura seduta sugli scalini.
Federico.
<< Vai via.>> direi anche di andare direttamente a quel Paese.
Con che diritto si presenta qua? E poi, come fa a sapere dove abito ?
<< Devo spiegarti.>>
<< Non mi interessa.>> è la verità e per farglielo capire indosso la più dura delle espressioni nel mio repertorio.
<< Dammi la possibilità di spiegare.>> prova a venirmi dietro dopo che lo sorpasso per aprire il portone.
<< Te lo ripeto: Non mi interessa e VAI VIA.>> lo vedo esitare e colgo l'occasione per entrare nel palazzo e chiudermi la porta alle spalle lasciandolo lì.
Ma il coraggio stasera se lo è conservato per fare questa scenetta?
Una cosa buona però devo attribuirgliela, mi ha fatto finalmente chiudere il capitolo della mia vita che lo riguarda.
Federico Diverti hai sprecato la tua ultima chance per stare nella mia vita ora devi accomodarti fuori.
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Stuck in her daydream
ChickLit(SOSPESA) Ginevra, torinese doc, insegue il suo sogno a soli 22 anni, vuole scrivere del mondo, vuole avere il privilegio di informare le persone sugli eventi, e quale miglior accessione se non la ricerca di un nuovo stagista da parte di Arturo Maga...