" Amore mio, lascia che la gente ti etichetti, non preoccuparti di coloro che vogliono limitarti in una definizione. Ti ripeto, lasciaglielo fare e appena ne avranno convinti sconvolgi tutti, altera gli equilibri mostrando una nuova parte di te.
Fai in modo da non dovere mai sottostare alle idee altrui cerca, lotta per non dover mai rinchiuderti da sola in una vita che ti sta stretta, cadi, sbatti con la testa nel muro, perdi tutto, perdi te stessa e ritrovati dove non ti saresti mai aspettata, dove non sei mai stata.
Amore mio sogna perché 'solo chi sogna può volare', ama, ama tanto, ama te stessa, la vita, i tuoi ideali, spera, solo chi ha la speranza di una vita migliore ha le forze per raggiungerla, e soprattuto ricorda, ricorda chi sei, ricorda le ferite e le cure, ricorda le persone, i luoghi, i colori, le emozioni.
Se hai un po' di spazio ricorda anche me.
Con amore Nonno."
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Quando ero piccola mio nonno era tutto il mio mondo, il più grande alleato dei miei sogni. A lui raccontavo tutte le mie speranze per il futuro, fu lui a trasmettermi l'amore per la scrittura.
Lui nella vita era professore di letteratura italiana che si dilettava nel tempo libero a scrivere storielle per me e i miei cugini. Spesso portavo anche Mat con me e passavamo il tempo a sentirlo parlare mentre mangiavamo i suoi tipici biscotti al limone, poteva esserci l'apocalisse, nel suo pensile in alto a destra rispetto ai fornelli trovavi sempre quei biscotti al limone.
Ogni volta che potevo andavo da lui, rimasto solo quando io ero molto piccola, e passavo le giornate sdraiata sul tappeto rosso del salone ad ascoltarlo raccontarmi storie inventate sul momento. Poteva parlare di tutto io restavo lì solo per sentire la sua voce, così esperta, consapevole ma allo stesso tempo dolce e soave quasi melliflua.
Sembra strano dirlo ma quelle rare volte che papà doveva andare a un convegno fuori Torino e mamma aveva una causa importante, anch'essa fuori, ero contenta di poter stare con lui a contare le stelle dipinte sul soffitto della sua camera da letto.
Mi affascinava la sua maestria nel mettere le parole una dietro l'altra componendo delle sinfonie uniche.
Nonno Addo, Gerardo, conosceva alla perfezione il potere delle parole e le loro potenzialità.
Sapeva come rigirare i discorsi a suo favore, sapeva come convincere, quante volte quando al liceo volevo fare filone a scuola andava lui dai miei genitori riempiendolo di parole, parole, e ancora parole nei momenti sempre meno opportuni in modo che per sfinimento lo accontentassero, e di conseguenza accontentassero anche me, senza rendersi realmente di conto di quello a cui stavano acconsentendo.
Ricordo ancora quando gli portai la mia prima storia, gli si illuminarono quegli occhi azzurri così simili ai miei.
Sembra brutto dirlo ma ero la sua preferita forse perché ero l'unica che quando è cresciuta ha continuato a vederlo come un eroe delle favole e non come un impegno troppo ingombrante.
Lui mi ha spinto a scegliere la facoltà di giornalismo per assecondare la mia passione, per far sì che io nella mia vita non diventassi schiava di un lavoro lontano da me, anzi, il suo sogno era che io diventassi portavoce dei miei sogni e che vivessi con essi.
Ho pianto tanto quando se ne è andato, quando mi ha lasciata prima che fossi pronta, prima di vedermi varcare per la prima volta la soglia di quella facoltà di cui tanto avevamo parlato, prima di vedermi realizzata nella vita, prima di vedere il compimento del mio sogno, del nostro sogno.
Morì qualche mese prima del mio compleanno, ero annientata, quando poi il 19esimo 13 marzo arrivò, mi fu consegnato un mazzo di mughetti con una lettera, pensavo fosse da parte di Matteo o Leo, o qualche mio parente, mi è bastato leggere il mio nome sul bigliettino per capire davvero il destinatario, era lui.
Per mesi non ho avuto il coraggio di aprila, a stento sono riuscita a prenderla dal mazzo per chiuderla in un cassetto, aveva il suo profumo.
Feci essiccare un rametto dei suoi fiori nell'ultimo libro che leggeremmo insieme, l'unico e il solo "Il piccolo principe", la colonna sonora, o meglio, la voce fuori campo, il narratore del nostro rapporto.
Ora a distanza di anni provo ancora i brividi ogni volta che leggo la sua lettera, ogni volta che vedo quel foglio macchiato dall'inchiostro nero e macchiati dalle mie lacrime rinchiuso in una scatolina infondo al primo cassetto del condomino insieme alle nostre polaroid.
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Il progetto con Federico procede bene, in questi 19 giorni abbiamo raccolto un sacco di materiale utile, interviste a genitori e ragazzi, anche qualche anziano, siamo andati anche nelle librerie, non le filiali di grandi gruppi editoriali, ma quelle piccole, a conduzione familiare magari, quelle in cui dietro al bancone trovi una signora sulla sessantina che insieme a un libro ti regala tante storie inedite, quelle librerie che stanno scomparendo.
Arturo è ogni giorno più nervoso e continua a ripetere il loop " Io dirigo un giornale non organizzo eventi", è evidente che, suo malgrado, la data è stata fissata, sono arrivati addirittura gli inviti a casa nei quali si richiede un dress code d'eccezione, abito lungo per le signore e smoking per i signori.
Mi sembra di dover andare a una festa della regina di Inghilterra, quando ho iniziato a lavorare qui non mi sarei mai aspettata di trovarmi in situazioni del genere.
A quanto dice Arturo ci saranno non solo tutti i "dipendenti" ma anche persone influenti di ogni panorama.
Sinceramente non ne capisco il senso, dovrebbe essere un modo per fare gruppo, una sorta di iniziazione dei nuovi arrivati o al massimo un modo per celebrare il giornale, inaugurare la sede ristrutturata, ma a quanto fare questi fantomatici "finanziatori" non la vedono così.
<< Buongiorno Gwen, a che sta l'articolo? >>
Il direttore oggi è al settimo cielo, sembra quasi un miraggio da quando è iniziata l'organizzazione di questa festa.
<< Buongiorno, procede bene, è quasi finito. Come mai è così felice? >>
<< Hanno stilato la classifica dei giornali più venduti in Italia nell'ultimo trimestre- io pensavo che si facesse a fine anno, a quando pare mi sono sbagliata- Siamo nella top5 di tutt'Italia, è una notizia ufficiosa quindi non so dirti precisamente la posizione esatta nella classifica.>>
Un bambino a Natale ecco cosa mi sembra.
<< Beh complimenti direttore.>> mi ringrazia con un sorriso mentre mi sembra di scorgere un leggero fosse sul suo volto.
Non ci credo è arrossito.
<< Dov'è Federico?>>
<< Non lo so, credo che non sia ancora arrivato.>>
<< È strano, lui di solito è puntuale.>> dice guardando l'orologio.
Alzo le spalle stamattina non l'ho ancora visto.
Da quando abbiamo iniziato questo progetto ha preso l'abitudine di passare a salutarmi tutte le mattine, giusto un cenno, poggiare la 24h e il cappotto alla sua postazione per poi ritornare qui, salutare Arturo e dedicare tutta la sua attenzione a me e iniziare la giornata.
Passa un'ora e di Federico neanche l'ombra, mi sembro una ragazzina, guardo la porta restare chiusa e la schermata home del mio cellulare illuminarsi solo quando viene toccata per l'ennesima volta dal mio dito.
<< Non verrà- mi giro di scatto- Federico, non verrà, mi ha appena chiesto 3 giorni di malattia scusandosi per il poco preavviso.
Tornerà giusto in tempo per la festa.>> sorride da solo dopo una leggera nota ironica riguardante la festa.
<< Non aspettavo Federico- l'attrice non l'avrei mai potuta fare- Sto aspettando una chiamata importante per le 9 e non è ancora arrivata.>> Fa finta di crederci.
Non so che dire, mi sembra strano, avevamo iniziato ad avere una routine, eravamo presenti l'uno nella vita dell'altra, mi ero abituata alla sua presenza così ingombrantemente necessaria.
Arturo mi guarda e sorride, quello che mi piace di lui è che sa ma non parla, aspetta che sia tu a fare la prima mossa quando si parla di sentimenti.
Scaccio tutti ciò che riguarda Federico dalla mia testa e cerco una frase ad affetto per concludere l'artico e poi mi ricordo una perla di Umberto Eco.
" Chi non legge a settanta anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c'era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l'infinito... perché la letteratura è un' IMMORTALITÀ ALL' INDIETRO." Adesso tocca a voi decidere di quante storie voler esser spettatori, quante storie voler vivere, quanti luoghi voler raggiungere solo con la fantasia.
Rileggo il tutto e lo giro a Federico per l'ultimo tocco.
La mattinata è appena iniziata e io alle 10 già non so più che fare.
Porto lo sguardo intorno e mi soffermo su quella stanza che è diventata pian piano familiare, mi soffermo sul come in qualche modo "cozzi" con la modernità dell'ufficio, una piccola oasi di legno in tutto il vetro che ci circonda.
Il mio sguardo si ferma su Arturo impegnato con il computer, è davvero preso da quel che legge che non si accorge del mio sguardo insistente su di lui, mi scoccia disturbarlo quindi aspetto che alzi gli occhi per controllare che sia tutto in ordine come fa di solito.
<< Gwen vedo che mi stai fissando, che succede.>> ecco il sovrano dell'ordine.
<< Non so che fare.>> mi sento una bambina che non sa che fare dopo aver finito di giocare con le bambole.
<< L'articolo?>> chiude il portatile e mi rivolge tutta la sua attenzione.
<< È finito, ora l'ho girato a Federico affinché aggiungesse le immagini.>>
<< Uhm.>> sembra pensarci su, guarda l'orologio sopra la cornice della porta, esattamente di fronte alla sua scrivania, per poi riportare lo sguardo su di me.
<< Mi prometti la massima riservatezza?>>
Annuisco.
<< Dopo domani è il 50esimo anniversario da quando ho conosciuto mia moglie Greta. Sai noi contiamo gli anni da allora perché da quel momento non ci siamo più separati, il matrimonio è stato solo una continuazione di una relazione già esistente, un effetto del nostro incontro.
Io avevo 18 anni e lei 15, abitavamo nello stesso quartiere e di conseguenza frequentavamo la stessa Chiesa. Io ero appena rientrato dalla guerra, non che io abbia mai veramente combattuto per fortuna.
In quegli anni potevi anche aver fatto parte dell'esercito solo per un giorno, venivi visto come una specie di eroe, rispettato dagli uomini e adulando dalle donne, ma lei no.
L'ho corteggiata per due mesi ininterrottamente prima di strapparle un semplice invito per un the rigorosamente accompagnati dal fratello maggiore di lei.
Mi presentai in divisa sperando di fare colpo su di lei e mentre io l'ammiravo lei a stento mi segnava di uno sguardo.
"Hai mai ucciso qualcuno?" Me lo ricordo ancora, tuonò, quella domanda mi spiazzò, neanche un ciao prima, e allora capii. Capii tutta quella freddezza, a stento mi guardava, lei aveva paura della guerra, nonostante vivessimo in un quartiere che non aveva visto quasi per niente la segregazione razziale, le notizie circolavano.
Lei semplicemente non voleva avere niente a che fare una "marionetta nelle mani di un sistema deviato" come fummo definiti giusto due secondo dopo che ci sedessimo al tavolo, il fratello cercava di "contenerla" ma io volevo proprio quello, perché si sa nessuno si arrabbia se non ci tiene.
Ci volle del tempo perché credesse al fatto che io subentrando nel febbraio 1949, quindi a guerra pressoché finita.
Volle addirittura parlare con il mio superiore, il quale mi aveva visto così poco che dovette controllare un registro per ricordarsi di me, quella fu la sua conferma.
Ed è quel giorno che festeggiamo, il 6 maggio.
Ha gli occhi che brillano mentre la sua testa è persa nei ricordi e la mia è stata trasportata in una Torino più "vecchia", mi immagino a percorrere le strade ed è tutto inspiegabilmente in bianco e nero.
Ci sono uomini che sorseggiano un caffè mentre salutano dei passanti e ancora gli stessi uomini sollevare i cappelli al passaggio di un gruppo di signorine che subito arrossiscono.
Mi immagino un Arturo più giovane, un ragazzo con la stessa luce negli occhi di adesso, il suo sguardo luccica mentre ammira la sua Greta sorseggiare il suo bel the addolcito con un po' di miele mentre il fratello di lei li guarda dal bancone, perdendosi tra le chiome sempre più sfuocate.
<< Buongiorno direttore, mi scusi se entro così bruscamente ma ho bussato due volte ma non ho udito alcuna risposta.>> entra Fabio lasciandogli velocemente dei fogli per poi congedarsi.
Deve aver capito di aver rovinato l'atmosfera.
<< Comunque, mi vuoi accompagnare a comprarle un regalo?>>
<< Ne sarei onorata, sa, non vedo l'ora di conoscerla alla festa, l'ha descritta come una persona magnifica.>>
<< Lo è.>> gli brillano ancora gli occhi.
Il tempo di firmare i documenti portati da Fabio e ci stiamo già vestendo per uscire.
Appena usciamo dall'ufficio tutto si girano a guardarci, Arturo saluta tutti con un cenno e chiude la porta.
Il sole è alto nel cielo seguendoci mentre ci addentriamo nelle vie del centro.
<< Ginevra posso chiederti una cosa?>> si gira a guardarmi e io annuisco.
<< Tu e Federico vi conoscevate già prima di rincontrarvi nel mio ufficio tre mesi fa, giusto?>> annuisco e lui non aggiunge altro.
<< Cosa regaleresti a Greta se fossi nei miei panni?>> cambia completamente discorso.
<< Per prima cosa sfrutterei il fatto di essere un giornalista acclamato e le scriverei una lettera, emozioni incise su carta, poi le comprerei dei fiori, niente composizioni elaborate con carte e nastrini, dei fiori anche in un foglio di giornale, giusto per rimanere in tema, poi non so.>>
<< Perché le lettere?>>
<< In che senso?>>
<< Perché ci tieni tanto alle lettere, ti ho vista illuminarti quando scrivesti l'articolo per la rubrica, quello su "l'amore cartaceo". >>
<< Non lo so, mi è sempre piaciuto capire le emozioni delle persone dal loro modo di scrivere, calca loro quando si è nervosi, lieve come se si tenesse in mano un pennello quando si è sereni, bloccata, rigida, attenta quando si sta scrivendo qualcosa di importante o quando si sta scrivendo qualcosa per qualcuno di importante.
Amo il fatto che qualcuno si prenda del tempo per dedicarti delle parole, anche solo un buongiorno quando uno si alza prima dell'altro.
Un segno, una prova dell'amore , dell'affetto, la certezza che c'è.>>
<< Ah mia cara, hai sbagliato epoca.>> dice lui prendendomi a braccetto.
È sempre sul pezzo, non per questo è il mio alleato di ideali.
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Stuck in her daydream
Literatura Feminina(SOSPESA) Ginevra, torinese doc, insegue il suo sogno a soli 22 anni, vuole scrivere del mondo, vuole avere il privilegio di informare le persone sugli eventi, e quale miglior accessione se non la ricerca di un nuovo stagista da parte di Arturo Maga...