Capitolo 26

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Demetra Romano

Mi accascio a terra avvicinandomi a Luca, mentre Lestat si posiziona davanti a noi.

Libero Luca, che nella fretta del gesto mi afferra le guancia e mi bacia. Le sue labbra sono disperate e bisognose di qualcosa che non posso dargli. È una strana sensazione e questo mi causa una confusione che mi disorienta.

Ci separiamo nello stesso istante in cui uno scatto lieve ma vicino ci fa sussultare.

Alzo la testa e vedo una figura nell'ombra della stanza, proprio accanto alla cella in cui Lestat si è rinchiuso la notte scorsa.

«Eugenio...» sussurra a mezzo fiato Lestat.

La figura rimane ferma, così come noi tre.

«Un ultimo indovinello...» soffia con la stessa voce che sentivo prima nel resto della casa.

«Avevamo un accordo. Stando al tuo gioco, la bomba sarebbe stata disattivata» preciso con voce tremante.

«Oh» espira Eugenio inclinando la testa. «Peccato» ridacchia.

All'improvviso fa un passo in avanti, tende una mano e ci punta una pistola.

Sussultiamo tutti e tre. Lestat allarga le braccia e copre me e Luca.

È uguale a due giorni fa, solo che il viso è carico di rabbia e tutti gli arti fremono, a eccezione del braccio in cui impugna l'arma, che è fermo su di noi.

«Un uomo accompagna suo figlio in ospedale per un'appendicite. Il chirurgo gli dice: "Bisogna eseguire un intervento di appendicectomia, ma non voglio farlo io perché non me la sento di operare mio figlio". Come si spiega ciò?»

«Eugenio, nipote mio. Abbassa la pistola e risponderò» esorta Lestat con voce calma.

«Sono io che detto le regole! Un uomo accompagna suo figlio in ospedale per un'appendicite. Il chirurgo gli dice: "Bisogna eseguire un intervento di appendicectomia, ma non voglio farlo io perché non me la sento di operare mio figlio". Come si spiega ciò?» ripete Eugenio a denti stretti.

«Non fare cose di cui potresti pentirti, Eugenio» lo ammonisce Lestat.

Eugenio sbuffa, abbassa la pistola per qualche secondo e ride. È una risata isterica, piena di rancore e tristezza, quella della perdita.

Sento Luca, ancora a terra al mio fianco, stringere i denti per il dolore.

«Sei ferito?» chiedo a bassa voce.

«Ho la gamba rotta. Non nutrendomi bene da un po', non guarisce» mi spiega.

«Zitti!» urla Eugenio a occhi chiusi.

«Eugenio, apri gli occhi e guarda quello che stai per fare» incita Luca con tono severo.

Luca chiede una mano a Lestat per alzarsi e si appoggia leggermente sulla mia spalla per riuscire a stare in piedi, mentre l'uomo con la cicatrice lo guarda con curiosità.

«Stai per sparare a delle persone innocenti!» continua Luca.

«Innocenti?» sbotta Eugenio. «Lestat, il mio caro zietto qui presente, ha ucciso MIO padre...» Si blocca e fa un grosso respiro, alzando le spalle. «Un uomo accompagna suo figlio in ospedale per un'appendicite. Il chirurgo gli dice: "Bisogna eseguire un intervento di appendicectomia, ma non voglio farlo io perché non me la sento di operare mio figlio". Come si spiega ciò?»

Non ti rivolge la parola a meno che tu non risponda al suo stupido indovinello.

«Il chirurgo è la madre» rispondo all'improvviso.

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