Capitolo 19

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Consiglio vivamente di leggere questo capitolo con questa canzone:


Demetra Romano

Un forte schianto mi sveglia. Vado a sbattere contro una parete di acciaio e all'improvviso tutto tace. Apro gli occhi confusa e mi ritrovo in una specie di container vuoto e, ovviamente, chiuso. Batto qualche pugno e chiedo aiuto inutilmente.

Come faceva quell'uomo a sapere il mio nome?

Cammino avanti e indietro, continuo a insistere, cercando di fare più rumore possibile, quando all'improvviso dalla mia giacca escono dei fogli.

«Ma che cosa sono?» borbotto tra me e me.

Mi abbasso per raccoglierli e sobbalzo quando mi accorgo che sono poesie.

Non saranno le poesie di Lestat?

Le mie mani iniziano a tremare, il mio cuore a perdere battiti e i miei occhi a emettere lacrime.

Sono le poesie di cui parlava nel suo diario.

Mi siedo appoggiando la testa al muro d'acciaio e tenendo quei pezzi di carta tra le mani tremanti inizio a leggere ad alta voce.

«Si cresce ogni giorno di più
Imparando dagli errori,
Da quelli gravi e quelli passeggeri,
Da quelli che sulla pelle
Restano, ma vengono coperti
E da quelli che la tua vita
Segnano come un marchio,
Uno di quelli che ti tormenta
Facendoti torturare di domande
Senza risposta, perché è passato,
Solo passato e non ritornerà.

Si combatte per vivere veramente,
Si va fino in fondo senza paura,
Si fanno varie esperienze,
Si prendono decisioni
Eterne, come quando un figlio
Si decide di volere con il cuore,
Perché si vuole fare un passo
Avanti, perché così bisogna vivere:
Non bisogna mai arrendersi
E combattere con tutte le forze.»

Ero già a conoscenza di quanto tu fossi un combattente. È per questo che... ti ammiro.

«A volte, però, non si riesce in tutto,
Intervengono complicazioni
E tutto si complica, muore.

Sì, come quando tutto si ferma:
Si è costretti a scegliere per forza
E si perde qualcosa, o qualcuno,
Come un figlio, o un fratello,
Indifeso, gracile, ma già sofferente,
Ma allora cosa è meglio fare?» singhiozzo.

«Niente, questa è la vera risposta,
Che, sì, fa male, perché un vuoto
Si sente nel petto, nel cuore,
Quell'organo pulsante che amore
Effonde assieme ad altre emozioni,
Che a una sensazione amara
Danno vita fondendosi l'un l'altra.

Sarebbe giusto nascere,
Ma affrontare varie complicazioni?»

Questa è la poesia che parla della mia nascita? Quella che avrebbe voluto allegare alla pagina di diario del 2 ottobre del 2000?

«Nessuno lo sa, perché soggettive
Sono le scelte di vita personali,
Come quella di mettere su famiglia;
A volte, però, basta nel ricordo
Vivere, per diventare forti
E riprovare a sentire un cuore
Pulsare, tra le proprie braccia,
Come non lo si è potuto fare prima.»

Oddio. Ho la gola serrata. È...

Faccio un grosso respiro e vado avanti.

I TUOI OCCHI, AURORA BOREALE

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