9. Quello che non ho

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Ci accomodiamo a uno dei tavolini più appartati. La radio gracchia un jingle di altri tempi e la vetrina appannata lascia intravedere solo un ritaglio di cielo, che si fa largo tra i tetti e il decimo piano del palazzo dell'Agenzia Re.

"Aspetta qui, torno subito" mi rassicura. Io resto seduta su una seggiola in vimini che mi punge le cosce, coccolata da un profumo dolce e vellutato che proviene dalla cucina, e cerco di indovinare i profili dei passanti, che non riesco a vedere nitidamente. Mi chiedo se ci sia Samurai tra loro, impegnato a farsi largo nella folla che si accalca all'entrata dell'ingresso della metropolitana. Come sarà vestito questa mattina? Avrà già fatto colazione? O starà ancora dormendo? Quanto distante abiterà dal Quartiere degli Affari, che ho cominciato a frequentare a tutte le ore, più di quanto non abbia mai fatto prima? Il vento non ha ancora smesso di soffiare e scuote i pensieri nella mia testa dolorante.

"Su cosa ti stai arrovellando, amica?". Daniela, di ritorno, mi allunga un cornetto ripieno di crema al pistacchio e una tazza di tè fumante. "Non hai per niente una bella cera, per non dire che sei decisamente bruttina oggi" scherza, allegra.

"Grazie, Danny", sospiro io. Un bernoccolo, un broncio.

"Avanti, dacci dentro! Devi avere la giusta energia per lavorare", insiste lei.

La guardo riconoscente: "Se non ci fossi, bisognerebbe proprio inventarti, sai? Signorina Acquadro, resterai con me per sempre, vero?".

Lei, nell'intimo orgogliosa, si finge preoccupata, rannuvola la fronte e mi preme la punta del cornetto sulla bocca, poi lancia il suo solito ululato: "Uh, non sia mai! - ridacchia - Non se ne parla nemmeno!". Intanto si strofina decisa le dita, sporche di zucchero a velo. "Sul serio, Ros - si avvicina delicata - la tua vita è troppo disordinata per una donna di scienza come me...".

"Dai, non esagerare!", la rimprovero. "Se siamo qui, ricordalo, è per colpa tua. Assumiti le responsabilità che stai ingiustamente scaricando su di me".

Daniela fa spallucce. "Senti un po', parliamo d'altro", comincia. Un bagliore nel suo sguardo mi annuncia che il discorso si farà piccante. Prendi, mi allunga il cornetto. Prendi, lo porta a un millimetro dal mio viso. Prendi, dai prendi, prendilo diamine! E va bene, do un morso esasperata. Mi arrendo senza combattere e mastico un languido "Come vuoi" con il resto della pasta sfoglia.

"Intendo - prosegue - parliamo di quello che è successo ieri in ufficio...".

"Di questo?" le chiedo evasiva, indicando il bernoccolo.

"Ma no, sciocchina! - mi pizzica un braccio - Del tuo incontro ravvicinato con la porta a vetri ne ha ridacchiato chiunque per tutto il giorno: sei diventata famosa, penso che adesso sia Re Damiano a volerti conoscere. Scommetto che se ne sta appostato davanti al nostro camerino, dopo una notte insonne; anzi, meglio ancora, ti ha lasciato un messaggio sulla scrivania, per sapere se la testolina è ancora avvitata al tuo collo di cigno!".

"Hai finito, Danny?", mi lamento tra un soffio e l'altro, il naso perso nella tazza del tè. "Non sei divertente. Comunque, vai al sodo: di cos'altro dobbiamo parlare?".

"Benissimo! Ho sentito che ieri è comparso il Grande Capo del Capo, una specie di dio sceso dall'Olimpo londinese che si diverte a tendere imboscate ai tapini alle dirette dipendenze di Re Damiano. Le ragazze della lega contro lo sporco erano in fibrillazione. A dir poco spettacolare, è stato il commento di quella bassa con i capelli neri a spazzola; sai chi intendo?".

"Quella che non parla mai...".

"Brava, proprio lei! E invece, senti un po', questo Alessandro Aslan ha fatto il miracolo! La bassina non smetteva di blaterare a fine turno: dovevate vederlo, sembra un modello, fosse per me anche gli straordinari farei. Avevo tutta l'intenzione di minacciarla di usarla come scopettino per scrostare il water, se non la finiva di strillare".

Crisantemi fritti a colazioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora