32. Ömer!

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Le nuvole corrono veloci, questa sera. Solcano, leggere, il ritaglio di cielo che riesco a vedere dalla mia finestra e sembrano allontanarsi, vergognose, dal riverbero rosato che il sole spande, ancora energico, mentre va ad accucciarsi dietro l'orizzonte.

Chiudo gli occhi, respiro la calma del tramonto. Cosa starà facendo Alessandro Aslan? Provo a immaginarmelo alla villa, l'albero degli amuleti davanti. Mi starà pensando? Oh, Rossella. Sbuffo il mio dolore nell'aria, che si va agitando. Non verrà, mi ripeto, e tanto basta a fare della festa che mi aspetta una sepoltura per il cuore.

Samurai, mi stringo nelle spalle. In questo momento, avrei bisogno di lui, delle sue parole sagge e ponderate, della sua tempra, della sua esperienza. Cosa ne sarà stato del viaggiatore gentile? Forse, avrà ripreso a girare per il mondo, una valigia come unica compagna. Forse, sarà rimasto nella Metropoli; forse, avrà finito di arredare la sua casa con le ceramiche aggiustate. Che strana passione, la sua. Anche con Samurai, comunque, il mio tempo è finito; eppure, il suo solo ricordo, adesso, è una delle poche cose che mi spinge a sorridere.

Una delle poche cose oltre al broncio di Daniela, s'intende. "Forza", quel faccino interdetto spunta mentre la mia coinquilina mi si accovaccia accanto, traballante sui tacchi a spillo.

Si è messa addosso l'abito che è riuscita a farsi procurare da Michael, sfruttando il suo ascendente. Il povero addetto alla sicurezza ha rischiato il licenziamento, ma, sprezzante del pericolo, ha eluso la sorveglianza di Odette e scelto per lei una taglia S'è Stretta in Lavatrice - ricordate, il suo simpatico modo di dire? - con sorprendente gusto.

Quanto è bella, mi soffermo ad ammirarla: il verde le dona, e le assomiglia pure, lei che è tutta speranza. Questo vestito non varrà a Michael la conquista del suo interesse, ma il gesto gli ha fatto onore. E garantito una sentita stretta di mano.

"Ros, non posso vederti così, proprio non ce la faccio...", mi accarezza le ginocchia avvolte nel raso. "Questa sarà una serata memorabile, stai per entrare nel mondo della pubblicità con una scollatura vertiginosa", si sforza di farmi ridere.

Ci riesce, per un attimo.

"Dobbiamo andare, altrimenti farai tardi", si rimette in piedi, porgendomi i palmi. "Emma e tua madre sono già partite".

Quella frase mi scuote: "Partite? Dove stanno andando?".

"Al galà. Non lo sapevi?". Danny impallidisce: "Non le hai invitate tu?".

"Figurati", mi alzo dal letto. L'orlo dell'abito champagne mi intrica le caviglie, sento freddo dalla nuca in giù e i boccoli del raccolto, frutto dell'estro del parrucchiere che mi ha mandato Odette poco fa, mi oscillano sul viso e procurano il solletico. Niente andrà bene, questa sera. Niente di niente.

"Allora, chi è stato?", Daniela sgrana le sue pupille grandi.

"Presumo Damiano Re, l'affabile direttore creativo", armeggio nella fibbia dei sandali diamantati presi in prestito dall'armadio dell'Agenzia. Il laccio fatica a scorrere, lo strattono, quello non ne vuole sapere, e io tiro ancora, poi desisto. "Dannazione!".

"Aspetta, lascia che ti aiuti". Daniela è visibilmente preoccupata per me, glielo leggo in faccia, lo colgo nelle attenzioni che non è solita dispensarmi.

Cerco di distrarmi: "Quelle espadrillas, per il pranzo al mare con Aslan. Ti ho mai detto che le ho odiate? Con tutta quella sabbia...". Lei vorrebbe, invece, chiedermi come ha fatto mia madre a farsi invitare al ricevimento da quello che era il nostro sogno proibito, il rampante Damiano Re, ma si trattiene. "Troppa sabbia, eh? Non ci avevo pensato", corruga la fronte e si zittisce.

Crisantemi fritti a colazioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora