Avete mai detto a qualcuno ti amo? Io una infinità di volte, e mai una volta sono stata sincera.
"Ti amo", sussurro conturbante allo schermo del computer. "Io ti amo", accarezzo il monitor. "Credo di amarti", guardo intensamente il mio riflesso. Ci trovo dentro una trentenne con la bocca tirata e gli occhi troppo piccoli. Niente, non funziona. Non sono credibile.
Il problema è che io lo amo per davvero. Alessandro Aslan, intendo. E vorrei dirglielo, offrirgli tutto il mio cuore, trovando le parole giuste, che non necessariamente sono quelle che conosco e che si usano per dire all'altro che è la ragione di una vita. Forse, la mia intolleranza al ti amo sta proprio qui: Aslan si merita ciò che non ho mai detto ma sento sin nelle ossa, vale la magia e l'intensità che non sono riuscita a provare prima, per nessuno. Cosa posso inventarmi, allora?
"Ti amo", sbuffo indecisa, mentre la mia testa dolente si accascia sulla tastiera. "Non ci crederai, ma - guarda un po' - ti amo!".
"Io no, non ti amo, e, se non la finisci, ti becchi un richiamo disciplinare, ragazza tutta matta!".
Accidenti, mi rimetto seduta alla scrivania e scuoto il viso. Cosa sto combinando, anziché impegnarmi nella creazione dello spot per la Garbure?
Corrado Sermenti, un sopracciglio alzato l'altro tremolante, mi addita minaccioso: "Sappi che lui - e i suoi bulbi gonfi roteano sopra le nostre teste e si posano sulla porta dell'ufficio vuoto di Aslan - non ti capirà e non ti scuserà, se cali di rendimento. Sei qui per lavorare, lascia le questioni personali fuori da questo spazio".
"Scusa, Corrado", arrossisco. "Non capiterà più, promesso".
Un grugnito soddisfatto e l'altro si rimette comodo alla sua postazione, sparendo dietro al computer, mentre io torno a ragionare di bracciali e collane. Ahimè, dura poco. Il tempo di una scena per il copione e il pensiero di Ömer torna a fare capolino tra le mie fantasie. Tutta colpa di un suo messaggio.
Signor Aslan: Buongiorno, guzel yüsüne. Vorrei dedicarti questa canzone, ascoltala e goditi il video. A tra poco, Ö.
Cosa si sarà inventato, prendo a massaggiare le tempie. Aslan e le sue sorprese! Mi guardo le spalle, per essere sicura che nessuno mi stia controllando, e infilo veloce le cuffie degli auricolari. In un attimo, un motivetto giocoso mi trasporta in un quartiere popolare di Istanbul. Non capisco cosa stia dicendo la cantante, ma Aslan ha ragione: io elaboro per immagini, e bene le comprendo.
Queste raccontano di un bambino costantemente scortato dal suo palloncino rosso, come tanti altri bambini. Il palloncino rosso lo segue sempre, dietro ogni angolo, lungo metri e metri di marciapiede, lo conduce persino al primo casto amore, gli fa compagnia, cerca di non abbandonarlo neppure quando un gruppo di teppistelli comincia a puntarlo a colpi di fionda. Il palloncino, nel finale del film, finisce schiacciato sotto la suola di chi malignamente non permette agli altri di coltivare i propri sogni, eppure la magia rinasce: i palloncini presenti in tutta la città si muovono insieme, insieme raggiungono il bambino, e se lo portano via, in volo oltre la disillusione, nel cielo del possibile.
Sorrido. No, mi convinco, non potrei mai dire un semplice ti amo ad Aslan. Non fa per lui. E, in un attimo, un'idea si fa strada: perché non provare a...
"Roxy!", Lu mi coglie alle spalle, divertita. E subito Odette si materializza al suo fianco. "Non vorremmo sembrarti indiscrete", si sporgono entrambe verso di me, cercando più intimità. "Ma lo saremo, perché dobbiamo sapere come comportarci, d'ora in avanti...".
"In che senso?", urlo realizzando all'istante che ho ancora le cuffie degli auricolari su. "Scusate", abbasso la voce. "Di cosa state parlando?".
"Come di cosa?", scuote il suo seno voluttuoso Odette. "Ma di te e Aslan, no?".
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Crisantemi fritti a colazione
RomanceVINCITORE WATTYS 2020 - CATEGORIA ROMANCE Qual è la più grande bugia che avete detto? Pensateci. Qualunque cosa vi torni alla mente non sarà una bugia grande quanto la mia. Sapete, è imbarazzante confessarlo: mi sono inventata un fidanzato. E gli h...