6. Una sola regola: bocca cucita

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E, così, eccoci finalmente davanti alle porte scorrevoli dell'Agenzia Re. Impalate come due stoccafissi, protese con il naso all'insù.

"Accidenti, Ros. Non mi avevi detto che questo palazzo era alto così tanti piani. Se provo a contarli, mi vengono le vertigini!".

Ho sonno e la testa mi duole. La sveglia ha incenerito il mio sogno migliore (io, libera, che fluttuo su una nuvola di zucchero filato) senza il solito pessimo finale (io, golosa, che strappo un pezzo di nuvola e ne provoco irrimediabilmente la caduta libera). Dal canto suo, l'armadio si è limitato a fornirmi un abito castigato e fuori moda. Il mio orologio da polso segna le otto e cinque del mattino e mia madre mi ha già cercata ben sei volte, l'ultima con un messaggio vocale che mi tratterrò dall'ascoltare. Come se non bastasse, sono indietro con l'invio degli ordini di alcuni clienti e - quel che più mi impensierisce - sto per partecipare a una selezione del personale che mi entusiasma quanto una battuta di caccia alla volpe. È, in soldoni, il giorno meno adatto per intrattenere una conversazione, ma il mio interlocutore, in questo caso, è Daniela, e a Daniela si può rifiutare tutto tranne che una chiacchierata. 

"Alto, dici?", le rispondo. "Sinceramente, ieri non ci ho fatto caso. Ma tu, tu guarda giù e andrà meglio".

Daniela abbassa le ciglia, volta la sua fronte corrucciata e mi squadra, altezzosa: "Il castello di Re Damiano non è di suo gradimento, signorina?".

"Per nulla" le ribatto, convinta. "Re Damiano, ma come ti vengono certe trovate...".

In tutta risposta, scuote i ricci rossi e punta il dito verso il cornicione di questo edificio pop moderno, ancora troppo corto per poter essere definito grattacielo ma esageratamente imponente a sovrastare le nostre aspirazioni in miniatura.

"E lei, signora mia - continuo - faccia più attenzione: il palazzo è grigio e la sua facciata accecante. Io proprio non sopporto il grigio, tantomeno i riflessi del sole contro tutte queste finestre a specchio. Quante saranno, cento?".

"Lascia che le conti - la mia amica si perde per un nano secondo in uno sforzo contemplativo mai provato prima - Forse, novantanove e una più o una meno... Ma d'altronde sei tu l'esteta, Vasaia. L'ultima parola spetta a te".

"Esteta? - sorrido - Questa è una di quelle parole che butti a caso nei nostri discorsi, e bene che ci riesci! - faccio un passo all'indietro - Se osservi tutto l'insieme, Danny, capirai da sola: non ti infastidisce alla prima occhiata?".

"In basso, ora di nuovo in alto. Guardo o non guardo, Ros? Mi confondi".

Daniela è fatta così, ha un'anima spiccia. Odia incaponirsi su questioni che non le interessano, e questa è una di quelle.

"Ma no, non guardare - stringo con la discussione, indicando dritto davanti a noi - Resta concentrata sul nostro obiettivo".

La vedo tornare carica di energia buona: "Giusto, non mi devo distrarre. Obiettivo Damiano Re: focalizzato".

"Così si fa!".

Voi non ci potete vedere in questo momento, ma una cosa, certo, l'avrete capita: io e Daniela siamo le ultime di una lunga fila. Stiamo aspettando, pazienti e spaesate, che il centinaio di ragazze che ci precede fluisca veloce verso gli ascensori. L'attesa è così snervante che ho provato almeno quattro volte a sfilarmi dalla coda, ma la mia prepotente coinquilina ha lottato come un tigre per tenermi al mio posto e non perdere la priorità acquisita.

"Parli come una segreteria telefonica, Danny. Magari cercano una centralinista, sai?".

"Uh, quanto sei spiritosa!", fa dandosi una scrollatina di spalle e, mentre lancia al ventesimo piano il suo ululato, indica qualcuno che si sta facendo largo tra le aspiranti impiegate della prestigiosa e ambita Agenzia Re.

Crisantemi fritti a colazioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora