33. Innamorarsi così

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"Ömer!".

La mia voce lo coglie alla sprovvista. Il suo scatto è repentino, quasi intimorito. Chi lo sta chiamando con il suo vero nome, chi lo conosce? Aslan si volta con sospetto, non è abituato a essere se stesso, a essere semplicemente Ömer.

L'indice gli scava, ancora una volta, un angolo della bocca. Gli si ferma proprio sotto il labbro, quando mi rivolge il suo viso pieno.

Aumento il passo, avvolta nella seconda pelle del raso che mi si appiccica addosso, evidenziando le mie forme generose. I fianchi larghi, il seno florido. Rallento solo a pochi metri da lui, respiro a fatica, il cuore incastrato in gola, un groppo che non va più su, né giù.

"Ovunque tu stia andando, vengo con te", mescolo il mio fiato al vento, che ci sbatte contro.

Lui strizza le palpebre, serio. Poi, si sblocca sciogliendo in uno sbuffo la sua risata calda di uomo maturo. Lascia che le sue isole color nocciola vaghino per un istante oltre le mie spalle, illuminate dai bagliori dei fari delle auto che ci passano accanto, e finalmente le posa dritte nelle mie. Due pozze umide e arrossate.

"Hoşgeldin, Rossella", allarga le braccia forti per accogliermi tra i suoi battiti.

Mi ci lascio cadere dentro, sono i nostri confini che si frantumano, gli uni contro gli altri. Respiro il suo profumo, nell'incavo del collo: "Hoşbulduk, Ömer".

Avverto il suo respiro posarsi, caldo, sulla mia spalla: "Ti porto in un posto, ti va?".

"Mi va", gli tremo addosso, cercando riparo contro il suo petto. Non gli lascio il braccio neppure durante il tragitto, sul suo fuoristrada, che mi porta, per la prima volta, davanti allo studio OmeLor, affacciato sul Naviglio.

Aslan infila le chiavi nella toppa di un portoncino incorniciato dall'edera. Il resto dell'edificio è un complesso di mattoni a vista e finestre alte e strette.

Le luci al neon si accendono una in fila all'altra, sono bianche e potenti. Al primo colpo d'occhio le ritrovo quasi tutte, le mie ceramiche. Abbelliscono mensole, due tavolini, alcuni ripiani di una libreria a parete.

Ne accarezzo una, ancora frastornata: "Così, le conservi qui, amico Samurai...", e intanto lo guardo muoversi tra gli spazi a lui familiari.

Si sfila la giacca dello smoking e la posa su una poltrona. "Gran parte sono qui, le altre si trovano a casa mia, nello studio". Lascio che si avvicini, con lo sguardo fisso sulle mie labbra. Le sue unghie mi solleticano le dita, passando sul contorno di un vaso solcato da una vena dorata.

Deglutisco, la mia schiena vibra al suo tocco insistente.

"Dov'è finita Rossella? Dove crede di scappare?", Madame è pronta a battere a tappeto il Grand Hotel, pur di trovarmi. Afferra i gomiti di Corrado, preoccupata: "Le danze stanno per concludersi. Dimmi che non è andata via con lui, quell'adorabile sciocchina". Coco si divincola, subito ci ripensa: "Cavatela da sola, francese. Lascia che gli eventi facciano il loro corso".

Sono nel posto che mi spetta. Gli accarezzo la barba, rapita tra i suoi contorni. Non appena Aslan mi sospinge dalla nuca, le nostre labbra si cercano affamate. La sua lingua mi ruba le parole, il fiato, la saliva che una mia lacrima punge di un retrogusto salato.

"Piangi. Sei felice?", mi domanda, con la bocca gonfia di desiderio.

"Felice è dire poco", rido singhiozzando. E lui sorride.

"Felice è dire poco, questa serata mi rende euforica", Madame rientra in sala con una busta tra le mani. "Sto per annunciare il progetto grafico che ho scelto come logo per la nuova collezione. Prego Damiano Re e Lu Krizman di raggiungermi. Loro rappresentano le due proposte dell'Agenzia Re, che da tempo realizza le pubblicità di Garbure, e sempre in modo eccellente. Questa volta, vi anticipo, non è stata da meno". Detto questo, ammiccante verso Corrado Sermenti, Marguerite Rochelais passa con il pollice sotto l'ala della busta, per scollarle il bordo.

Stac, stac, stac. Aslan fa saltare, uno dopo l'altro, i bottoni che corrono dietro le mie spalle. Lo scollo dell'abito cede, scivolando piano sui miei seni.

"Posso?". Gli avvicino le dita alla camicia, la apro di asola in asola, scoprendo centimetro per centimetro la sua pelle, i suoi muscoli sodi, il solo angolo di mondo che mi accoglie con tanta dolcezza.

Madame sfila con circospezione il biglietto, su cui è stampato il nome della squadra vincitrice. "Sapete, ho sempre amato questo momento. L'attesa che fa battere il cuore, l'adrenalina che corre e si concentra a roteare nello stomaco. Guardo le vostre espressioni, Damiano e Lu, e mi compiaccio: le sfide ci regalano emozioni. Spero, amici qui presenti, che questo logo vi riporti con il pensiero ai miei ciondoli. Con me, ci è riuscito".

Il raso scivola lungo le mie gambe e va ad arruffarsi alle caviglie, vaporoso. Sfilo i piedi, mentre Aslan si spoglia della camicia. Al collo non ci restano che il diasporo e l'amuleto. Quando mi solleva, per portarmi in braccio sul divano dello studio, pietra e vetro si toccano in un tintinnio lieve. 

Il ciondolo di Aslan scorre dal mio inguine fino allo sterno, precedendo la sua bocca vorace, le sue mani calde che percorrono il mio corpo minuto. Mentre mi bacia, ansante, lo sento divincolarsi per togliersi i pantaloni dello smoking. Qualcosa finisce a terra, un tonfo leggero.

Mi sciolgo nella sua virilità, mentre il suo peso preme contro la mia pancia e i suoi movimenti sensuali montano il godimento.

Madame lancia la busta a terra. Ora, le luci tornano soffuse, il biglietto si spiegazza nel suo pugno: "Il logo vincitore è...".

I nostri gemiti si intrecciano tra i fiati, che inumidiscono la carne già sudata. L'elastico ha ceduto, i suoi capelli gli ricadono sulle spalle, adesso, liberi. Ci affondo le dita, mentre non smetto di baciargli il viso. Aslan è mio e io sono sua, persa in questa incontrollabile bellezza meticcia, che ha radici lontane.  

Il tempo scorre, tra il rumoreggiare del Naviglio. Non percepisco altro. Il sandalo mi penetra in bocca, lo sento contro il palato; scende tra la pelle d'oca e, in un brivido in crescendo, accende la mia vulva, supera le ninfe, lì dove Aslan esercita, virile, il suo potere. 

L'ora ci tiene avvinghiati, in un intrico di caviglie e ginocchia, le lingue impegnate a sussurrare tracce di desiderio a lungo inespresso. Il suo grido sordo segue di poco il mio. Ci guardiamo: abbiamo volti sfatti, le guance ardenti, i menti consumati, i corpi dolenti di puro piacere. 

"Ben sana aşık oldum, Rossella".

La sua carezza mi suscita ancora un fremito. Io lo so quello che Aslan mi sta dicendo, non lo comprendo ma lo sento. Innamorarsi così, innamorarsi per davvero. Chi poteva prevederlo, com'è stato possibile? 

E a chi importa del resto, a chi interessa di noi due che il logo del salice azzurro rappresenti la nuova linea Garbure, che Madame abbia scelto quello. Innamorarsi così, com'è potuto accadere? Ben sana aşık oldum, Rossella. Innamorarsi così, e basta. 

Crisantemi fritti a colazioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora