29. Pan per Focaccia

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"Ma come vi siete conciate?". Leonardo, il figlio dei panettieri del Quartiere Universitario, è il nostro autista in incognito. Lo ha assoldato Daniela, per rendere più agevoli i nostri spostamenti. Ci sta fissando, con le braccia conserte e i tatuaggi che gli si annodano ai polsi.

Uno scarabocchio parlante, così lo chiama suo padre. In effetti, non ha più un centimetro di pelle sgombro da inchiostro, il nostro Leo, né peli sulla lingua. E neppure troppa voglia di studiare, a essere sinceri. Ama raggranellare soldi facili; e questi, che gli abbiamo offerto noi, lo sono. "Venti euro", ha contato a una a una le banconote da cinque, poco fa. Una miseria che si è subito intascato, dopo un'occhiata fugace in giro, quasi fossero lingotti di oro puro.

"Pensavo dovessi seguire quel tipo, quello che ti comprava ceramiche un giorno sì e l'altro pure solo per farti il filo", sbuffa e ride. "A proposito, che fine ha fatto?". Forse, vi siete dimenticati di lui: Leonardo è il mio fattorino, il solo a conoscere la destinazione delle commissioni che, in questi mesi, ho inviato sul Naviglio, per la gioia di Samurai. Il retro della panetteria dei suoi genitori ospita, in piccola parte, il mio laboratorio.

"Senti, Leo. Vuoi tenerti il tuo compenso?", mi faccio avanti, completamente vestita di nero. Anfibi neri, pantaloni attillati neri, una maglietta nera. La faccia verde dalla vergogna. 

"Puoi dirlo, sorella".

"Se è così, taci e portaci al Quartiere degli Affari", lo minaccio come posso, facendo segno a Daniela di salire a bordo. La bozza del logo che ho preparato per trascinare nella gara Aslan e Lu è pronta. Devo solo lasciare la busta, che contiene il disegno anonimo, sulla scrivania di Sermenti. Che sarà mai, giusto? Mi chiedo perché io e Daniela ci siamo combinate in questo modo, due macchiette da film.

"Ricevuto, bellezze!". Leo spezza la sua figura esile per mettersi in un balzo al volante. Gli orecchini a cerchio si agitano, appesi ai suoi lobi, mentre ingrana la prima.

"State per fare una rapina in banca?", indica divertito la nostra tenuta a lutto.

"Non proprio. Considera, però, che se fossimo due ladre in azione, tu saresti il nostro complice", lo asseconda Daniela. "Sei abbastanza coraggioso per aspettare il nostro ritorno, una volta che ci avrai scaricate dietro il palazzo dell'Agenzia Re?".

"Uao, la situazione si fa originale!", ci squadra Leo. Intanto, ondeggia la sua testona rasata con irritante lentezza, e questo credo sia il suo severo avvertimento. Sta pensando.

"Se il gioco si fa duro, venti euro non bastano...", mi allunga il palmo.

"Cosa? Non essere ridicolo", gli posiziono con cura la mano sul volante. "Ci stai semplicemente dando un passaggio e a Danny, lo sai, piace scherzare", chiudo l'argomento mentre con il labiale spiegato mi rivolgo alla mia coinquilina: poliziaboccachiusa. Rischiamo di finire sotto interrogatorio. Uno come Leonardo è capace di venderci al primo agente che si affacci al prossimo incrocio. Non deve sospettare di nulla, non può immaginarsi nulla. Daniela deve stare attenta, e, per una volta, evitare di parlare a sproposito.

"Niente grana niente furgoncino, sorelle". Leo accosta e ci guarda, curioso. "Siete arrivate, non fatevi beccare".

"Quindi, te ne vai?", gli domanda Daniela, ancora tesa tra il sedile posteriore e la pietra del marciapiede.

"Se ne va, senz'altro se ne va", la freno. "Leo ha di meglio da fare, oggi, e noi dobbiamo sbrigarci. Grazie del passaggio, ci sentiamo presto", lo saluto sbattendo la portiera.

Danny allarga le braccia: "Lo rimandi a casa? E la possibilità di una ritirata veloce non la consideri?".

A questa allusione, Leonardo si illumina: "Oh cavolo! State davvero andando a svaligiare l'agenzia dove lavori, Ros?", urla mentre tira giù il finestrino. 

Crisantemi fritti a colazioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora