19. Piacere, Damiano!

5.5K 353 188
                                    

I primi raggi del giorno mi pizzicano le labbra. Sento le guance farsi colorite e la luce infilarsi tra le ciglia. Mi sveglio distesa sul divano, avvolta in una coperta di pile che non ricordo di aver usato ieri sera. Ne sollevo un lembo, confusa: indosso ancora il vestito corto con le frange che ho preso in prestito all'Agenzia. Non è successo nient'altro, mi rincuoro: c'è stato solo un bacio, e non potrà capitare più.

Mi guardo attorno, mentre mi metto seduta e lancio uno sbadiglio al sole, che ha cominciato la sua ascesa nel cielo. Il tappeto si trova poco più in là, macchiato del vino che Aslan non ha poi bevuto. Sparito il calice; come lui, del resto.

"Buongiorno" allungo ad alta voce oltre la stanza, ma non ottengo risposta. Sono evidentemente sola in casa. "Dove sarà finito...", e prendo a gironzolare al piano terra, cercando una qualsiasi sua traccia. La trovo sul piano d'acciaio della cucina, un biglietto arrotolato dentro il bicchierino per il tè, che mi ha preparato per la colazione. Accanto, marmellata e fette biscottate.

Riconosco la sua calligrafia alla prima occhiata:

"Per qualche motivo che ignoro mi piaci moltissimo". Se vuoi leggere il seguito prendi "Lettere a Milena" di Kafka: è il primo libro sul secondo scaffale del salotto, la pagina è segnata.

Sorrido. Conosco quel passo a memoria.

Mi sono alzato presto per andare sulla Costiera, cercherò di incontrare Camilla e spero mi aiuti a recuperare l'accordo con Martina. Le porterò sul set che gli altri stanno predisponendo. Hai la mattinata libera per risolvere il problema del tuo appartamento, non fare obiezioni.

Non fare obiezioni, scrive. Sorrido un'altra volta. L'uomo che mi ha stretta tra le sue braccia, mentre il sonno ci coglieva impreparati, è tornato il signor Aslan: sangue freddo e testardaggine, conditi con operatività spinta al massimo livello. Lo ammiro. Mentre mi concedo ancora qualche minuto nella sua bella villa, a osservare l'albero degli amuleti scrollare le sue estremità puntinate dell'umidità della notte, metto insieme i pezzi della storia che mi ha raccontato e ripenso al suo dolore di bambino, che ci rende così simili eppure distanti. Ömer è diventato Alessandro, il manager di talento che si è fatto da solo, si è indurito, chiuso al resto del mondo; Rossella, invece, cerca ancora la sua strada e, forse, non ci riuscirà se non comincerà a credere in se stessa. "Vedermi con i suoi occhi...", mi dico mentre accarezzo il biglietto che mi ha lasciato.

Una telefonata mi ridesta. Il mio cellulare strombazza la carica della cavalleria americana, la suoneria che ho scelto di abbinare al numero di Daniela.

"Ros! Sono già le otto e mezza del mattino e tu non mi ha ancora scritto!", sento strillare dall'altro capo.

"E perché avrei dovuto? Stai bene?", le chiedo. Chissà dove avrà dormito, la mia intraprendente coinquilina, per lasciare me e Aslan soli.

"Certo che sto bene, testona! Tu, piuttosto, non hai niente da raccontarmi?", mi aggredisce, curiosa.

"Non quello che intendi tu", la preparo.

Silenzio, e subito dopo: "Deve esserci una spiegazione chimica a questo tuo comportamento. Dammi qualche ora e te lo proverò. Altrimenti, posso anticiparti che c'è senza dubbio un elemento della formula che supererebbe la prova dei reagenti: l'hanno chiamato - scandisce lentamente - stupidità. Mai sentito?".

"Ah, Danny, non farla lunga. Ti racconterò tutto a casa", le assicuro mentre esco. "A proposito, dovremmo contattare il signor Mosè e chiedergli il paio di chiavi che conserva lui per i casi di emergenza". Mosè Gasperini è il simpatico nonnetto che ci affitta l'appartamento al Quartiere Universitario. Abita poco distante, è un docente di letteratura straniera in pensione.

Crisantemi fritti a colazioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora