15. Sei nel mio cuore

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Tutta colpa di mio padre. Se non ci avesse abbandonate, mi sarei data da fare con le bracciate. Invece, noi tre sole a Verderaso, dal giorno in cui se n'è andato ci siamo ripromesse, io Mutter e Emma, di non ricordarlo più, in alcun modo. E papà amava nuotare, da ragazzo aveva addirittura partecipato ai campionati nazionali: era un asso dello stile libero.

Quando se n'è andato, avevo cinque anni e bisogno di tutto. Quel giorno, il giorno del suo addio, ho deciso che, per fargli dispetto, non sarei mai entrata in acqua. Avevamo in programma di andare al mare quell'estate, per imparare a stare a galla: possibile se ne fregasse? L'ha fatto. E io ho stabilito che andava punito.

Ho pianto tanto a lungo che, alla fine, con mia grande soddisfazione, mamma, un mese dopo, si è decisa a sradicare la vasca da bagno: una doccia veloce, nella quale sguazzare il meno possibile, faceva al caso nostro. E così hanno stabilito anche loro, mamma e Emma: qualunque cosa lo riguardasse andava cancellata. All'improvviso, dalla nostra casa, con i costumi e i braccioli sono spariti i libri gialli, i dischi di musica jazz, le albicocche e lo zenzero; dal giardino, le primule e l'altalena; dal garage, la sua affezionata Vespa 50 Special bianca; dal nostro animo, il senso di far parte di una famiglia per la quale valesse la pena vivere.

Un innocuo scherzo e Teo, poveretto senza immaginarlo, rompe il mio proposito, durato più di vent'anni. Mi ha davvero buttata in piscina con lui. Sento l'acqua avvolgere il mio corpo, famelica, e sussurrarmi gorghi vuoti alle orecchie. Mi trascina verso il basso, la maledetta, e io all'inizio provo a risalire agitando gambe e braccia; per un attimo riesco a spingere il naso su, sento appena l'aria che lo accarezza, poi il vuoto mi risucchia verso il fondo.

Papà, questa è la tua vendetta. I vestiti mi si appesantiscono addosso, bevo e tossisco e il respiro viene meno. Non ho mai voluto provare a nuotare, eppure non ti ho mai dimenticato, papà. Soffoco tra gli spruzzi. I pensieri si interrompono, perdo lucidità ed energia, mi lascio andare. Sto per morire per tua mano, padre scellerato, così mi uccidi per la seconda volta. E si spalanca il nero.

È a questo punto che un braccio possente mi cinge la vita e con forza mi strappa all'acqua. Apro la bocca, ho bisogno di respirare, ma i polmoni non si rianimano. È così che devo finire, allora? Mi dimeno incontrollabile, posseduta da quello che tutti chiamano istinto di sopravvivenza, che per me non è che altro che fiera battaglia contro il mio nemico. Non ti prenderai il mio futuro, papà, non te lo permetto: butto fuori più acqua che posso.

Lo stesso braccio che mi ha riportata su cerca di contenere le mie spinte, le mie botte, gli schiaffi liquidi che produce questo moto naturale di ribellione. Dalla vita passa al petto. Non mi molla, più io resisto più questo braccio stringe. Ne sento i nervi, tesi, premere contro il mio mento.

"Ros, tieni duro!", mi arriva dal bordo della vasca. "È tutto finito!", prova a rassicurarmi Daniela.

Le fa eco il grugnito di Sermenti: "Mmm. Ragazza tutta matta, prima la porta a vetri adesso la piscina. Dove possiamo lasciarti per stare sicuri, porco mondo!".

"Zitti e aiutatelo", interviene Lu, la più pratica di tutti.

Fanno un gran baccano, e io non capisco cosa stia succedendo. Manca poco, sono in salvo? Aiutatelo sì, fatemi uscire da questo inferno. Aiutatelo, chiunque egli sia.

Ne basta il respiro. Un respiro più profondo degli altri che scappa, in questi pochi secondi carichi di affanno. La sensazione di un paio di polmoni che si gonfiano, dietro alla mia schiena, per prendere fiato anche per me, perché ora sono il motore per entrambi. Percepisco contro la mia nuca il collo tirato, contro la mia fronte la barba morbida. Apro gli occhi, ho il suo bel viso addosso: il labbro superiore è proteso verso di me, i denti bianchi stringono quello sotto per resistere nell'ultimo sforzo, che è bisogno di tenermi qui, di portarmi in salvo.

Crisantemi fritti a colazioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora