21. Stai scappando da me

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"Inspira ed espira. Ancora, inspira ed espira". Odette disegna volute profumate con i polsi, carichi di bracciali di pesante metallo di svariata foggia. Se ne sta piegata, il florido seno schiacciato, sul tavolo degli esperimenti di Lu, mentre la creativa è intenta ad assorbire più vapore possibile. Narici spiegate, palpebre abbassate, il petto schiuso, Lu è evidentemente in cerca di ispirazione.

Mi faccio forza e mando giù l'ultimo singhiozzo, mentre le raggiungo nell'open space. C'è anche Daniela con loro, raggomitolata su una sedia, divertita nell'osservare quel singolare siparietto. La festa sembra finita, tutti sono tornati alle loro postazioni. Basta con le bollicine, siamo pur sempre al Quartiere degli Affari. 

"Ros, eccoti! Dove ti eri cacciata?", mi interroga Danny. Il suo mignolo sottile indica la ciotola che stuzzica il naso di Lu: "Fai silenzio, sta creando uno slogan per una linea di sali da bagno. Deve testarli tutti, roba da perderci l'olfatto".

"Roba pericolosa" sussurro al suo orecchio, mentre mi lascio andare sulla sedia vicina. La conversazione con Damiano Re è stata pesante, ne avverto il carico addosso. Ma le mani rudi di Corrado Sermenti mi afferrano all'improvviso, così a mezz'aria, e mi rimettono in piedi.

"Ragazza tutta matta, il tuo superiore è pronto a renderti la vita, qui all'Agenzia Re, un vero inferno. Va' da lui, ti aspetta nel suo ufficio" mi informa a denti stretti, con aria affranta.

Aslan, respiro il suo nome per ritrovare la calma che ho perduto. Vorrà davvero parlarmi di campagne pubblicitarie? O è soltanto una scusa che ha propinato a Coco per restare solo con me, per riprendermi tra le sue braccia, per darmi un altro bacio? Rossa per la vergogna, provo a comportarmi come se niente fosse: "Danny, sei libera. Voglio dire, resta se ti va; altrimenti, ci vediamo più tardi a casa. Dobbiamo...".

"Inspira, inspira, inspira!", mi sovrasta Odette, tintinnante. "Cosa senti? Cosa provi, Lu?".

"Non capisco", si picchietta un orecchio Daniela. "Stavi dicendo?".

"Uff, Odette! Lascia che mi concentri, non sopporto il tuo cicicicici" salta su Lu, scorbutica.

"Dobbiamo parlare", provo a mimare accarezzandomi la gola. La mia amica, però, non sembra aver colto: "Non pensare a me", fa spallucce. "Qualcuno ti aspetta", mi congeda languida.

"Meglio lasciar perdere" la saluto, e mi avvio verso l'ufficio di Aslan. Busso con nocche timide, difatti non mi arriva risposta. Mi starà davvero aspettando? Apro la porta piano, anticipando il mio arrivo con un insicuro "Posso entrare?". Lo trovo affacciato alla vetrata, con la mente persa chissà dove. Riconoscerei i suoi contorni tra milioni, sono diventati le mie occupazioni preferite.

 Mi fermo ad ammirarlo ancora una volta: la fronte alta e distesa, che si lascia sfiorare dal riflesso del sole; le labbra contornate dalla barba curata, che si strofina con movimento lento; i lunghi capelli scuri, che tiene sempre raccolti, in perfetto ordine. Un nodo a me così familiare, intravedo, che adesso - alto, contro la luce e l'azzurro - mi colpisce come un dettaglio nuovo. È sempre stato lì, invece. Sgrano gli occhi, per ingrandirlo meglio, quel codino da samurai.

Samurai, ancora Samurai. Cosa vuole da me e da Aslan? Scuoto il viso per far uscire il suo pensiero dalla mia testa.

"Certo che puoi", si fa avanti lui. Cammina verso di me con la falcata incerta, le mani nascoste nelle tasche dei jeans. Non siamo più stati soli da ieri notte, da quell'abbraccio eterno sul tappeto del suo salotto. 

Prima del suo corpo, vengo investita dalla solita nota di sandalo. Chiudo gli occhi, sento le sue labbra sfiorarmi una guancia e l'indice percorrere, a fior di pelle, la mia spina dorsale. Accidenti a questo vestito! La scollatura è fatta per questo, Aslan l'aveva evidentemente già notata.

Crisantemi fritti a colazioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora