35. Sai cosa fare, figlia mia

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La valva del cucchiaino tremola, prima di immergersi nel mare scuro fumante che ho catturato nella tazzina. Un attimo di incertezza e i granelli scivolano, come un'onda che si infrange contro lo scoglio, sul bordo di ceramica e giù per il mezzo cerchio del manico. "Accidenti!", lascio che il cucchiaino caschi dentro, schizzando caffè ovunque. "Neanche questo mi riesce".

Sono tesa e preoccupata. Emma e Mutter stanno aspettando in salotto, elegantemente in posa, sprofondate nell'ovatta delle poltrone sulle quali io e Daniela siamo solite cenare. Due comodi avamposti, sul panorama del centro storico che si intravede oltre il balcone, dai cuscini deformati e dalla fodera macchiata di unto che non va via. Forse, mi viene in mente adesso, sono state le ultime alette di pollo fritte, che abbiamo comprato al mercato e portato a casa in un sacchetto gocciolante. Daniela me ne ha tirate due addosso, per scherzo, ma non ricordo il perché. Ecco - allungo il collo - la seta dei loro rigidi tailleur poggia sul nostro disordine, che è poi la nostra spensieratezza.

"Chissà cosa staranno pensando, che occhiate si staranno lanciando, quelle due", sospiro. Il palmo a coppa raccoglie lo zucchero, sparso sul piano, e lo lascia scivolare nella bocca di scolo del lavello. Vorrei fare così anch'io, penso: sciogliermi in un tubo di scarico, come il più piccolo grano. Risolverla alla bell'e meglio.

"Il matcha è pronto?", Daniela piomba in cucina con la solita energia.

"Sì - le indico il vassoio con i tè - I tre bicchieri sono sul tavolo, se vuoi servire anche Aslan".

"Perfetto", mi squadra, pensierosa. "Tutto bene, Ros? Non avere paura, gestiremo la situazione e nessuno si farà male", prova a rassicurarmi nascosta dietro a un sorriso tirato. Poi, con i suoi ricci focosi punta il salotto, e sparisce.

"Vorrei poterti credere, amica mia", la seguo, mentre mescolo finalmente il caffè per mia madre.

Ci sediamo entrambe sul divano, Daniela accucciata contro un bracciolo, io nel mezzo.

"Emma, non possiamo offrirti nulla, sul serio?". Danny è un'ottima padrona di casa, in questo momento arriva dove io non sono capace. A dare l'impressione che la loro visita sia una sorpresa gradita.

"Sono a posto, ti ringrazio", si limita a risponderle mia sorella, che non accenna minimamente a staccare gli occhi di dosso da quello che ho presentato come il mio capo.

Non intende parlare, Emma. Ma, davanti a quelle pupille di faina, posso indovinare le supposizioni che si stanno agitando nella sua mente di fredda calcolatrice. Cosa ci fai lui, qui? Che diritto ha di frequentare il tuo appartamento la domenica mattina? Hai lasciato il ricevimento e il tuo fidanzato al Grand Hotel, per tornare in sua compagnia; santo cielo, non ti vergogni?

"Bene". È invece Mutter a prendere la parola, stranamente loquace. Studio il suo viso, segnato dalla stanchezza. Ha i ricci sfatti e il rossetto sbiadito. Evidentemente, lei e Emma mi hanno aspettata tutta la notte, e Daniela non è riuscita ad avvertirmi. Il loro incarnato, d'altro canto, appare ancora pallido: la comparsa inattesa di Aslan è stata un colpo che hanno dissimulato bene, ma qualche traccia, tra una ruga e il botulino, questa comparsa l'ha lasciata.

"Allora, signor Aslan", Mutter lo osserva, avida di sapere. "Ieri sera, l'abbiamo vista alla festa della Garbure. Anche lei è un dipendente dell'Agenzia Re?".

Mando giù un sorso di tè bollente. Alessandro, o forse dovrei dire il mio Ömer, mi è seduto accanto, all'altro estremo del divano, la camicia sbottonata, lo sguardo fiero. Mentre lo ammiro, avvolto in quella bellezza spavalda che adesso mi appartiene, sento inaspettatamente di poterlo perdere. Sapevo che avrei maledetto questo giorno, il giorno del faccia a faccia con le prime vittime della mia gigantesca bugia, l'avrei certo evitato ma non ho potuto oppormi.

Crisantemi fritti a colazioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora