41. Nel cassetto

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Mio piccolo Ömer,

quando leggerai questa lettera me ne sarò probabilmente andato. Non volermene, ho deciso di risparmiare a voi tutti la pena di questa triste circostanza. Vi lascio sicuro che le vostre strade siano tracciate e nella speranza che, un giorno non troppo lontano, tu e Damiano possiate riconciliarvi.

Siete i miei bambini. Allo stesso modo, con la stessa intensità vi serbo nel cuore che mi ha tradito. Comprendilo, Ömer. Comprendici. Io e sua madre non siamo stati capaci di farti entrare nella sua vita con la dovuta delicatezza. E lei, gelosa arrabbiata disperata, ha fomentato il suo odio, anno dopo anno. Finché non sei arrivato in Italia, tu e il tuo talento, tu e la tua energia, quella testardaggine che fa parte della nostra famiglia. Mi hai conquistato subito.

Mia moglie era malata da tempo, allora. Non è morta per il colpo di incontrarti, tu sulla soglia di casa a sfoggiare un italiano zoppicante, come invece ti accusa Damiano. Te l'ho ripetuto tante volte, e qui lo ribadisco. 

Ringrazio Corrado per averti accolto come e meglio di un genitore, non avrei mai potuto contare su un amico migliore di lui. So che per te, quel brontolone, ci sarà sempre.

Raggiungo tua madre, piccolo Ömer. E credo sia arrivato il momento di raccontarti cosa mi ha legato a lei per tanto tempo. Sarò diretto: non un amore, non un figlio. Perché io, ragazzo, non sono il tuo padre naturale.

Ti ho voluto riconoscere, affinché i tuoi diritti vengano rispettati. Sei un Re, dopotutto. Anche se, ne sono consapevole, tu ti senti soltanto un Aslan. Cognome nobile, come ben sai in turco aslan significa leone. Ti ho sempre riconosciuto nelle tue radici lontane.

Non piangere, Ömer. Io sono tuo padre, perché come un padre ti ho sempre trattato. Ho promesso a Elçin di occuparmi di te, dal primo giorno che hai visto la luce. Ho ripagato il debito di qualcun altro. Lei non voleva che tu lo sapessi, io ho acconsentito a tacere. L'idea di lasciarti per sempre, con questo segreto nell'animo, però mi attanaglia. Tu devi sapere: sei mio nipote, Ömer. Sei il figlio di mio fratello Alessandro.

Mio fratello non ti ha voluto riconoscere. Non aveva prole, e non era sposato. Che idiota è stato a privarsi di te! Ma non eri nei suoi piani, non lo era tua madre. Sfortuna ha voluto che morisse prematuramente, quando avevi appena due anni. 

Tu comunque sei mio figlio, ragazzo. Ti ho amato più di un padre, per tutto l'amore che possono provare mille padri insieme. Adesso, smettila di disperarti, butta questa lettera e torna alla tua vita. Tutto ciò che possiedi te lo sei sudato e meritato.

Dimenticavo: se puoi, un giorno, torna a visitare la tua Istanbul. Lei scalpita, affascinante, dentro di te.

Ercole 

Crisantemi fritti a colazioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora