Sanremo – Venerdì 3 Febbraio 1984
Hotel Royal
Ore 15 circaBrian P.O.
-Rog, allora ci vediamo tra mezz'ora giù nella hall- lo saluto, mettendo il piede destro fuori dall'ascensore -Mi ha spiegato Paul che l'Ariston dista solo cinque minuti d'auto, ma se c'è traffico rischiamo di arrivare in ritardo e...-
-Non ti preoccupare Bri, stai calmo- prova a tranquillizzarmi lui, mi conosce molto bene e sa che odio non arrivare in orario -Saremo tutti puntuali, d'altronde siamo inglesi e gli inglesi, a differenza degli italiani, sono famosi nel mondo proprio per la loro puntualità-
-Guarda che quelli sono gli svizzeri Rog- lo correggo, varcando completamente la soglia e voltandomi verso di lui.
-Gli svizzeri sono famosi per la cioccolata e... e per la banche!- esclama ridendo, dopodiché pigia il tasto numero quattro sulla pulsantiera.
-Sì, ma anche per la puntualità: ti dice niente la Swatch, quella marca di orologi-
-Certo che mi dice qualcosa Bri, mi dice che se non mi sbrigo a scendere il camera mia non potrò mai essere pronto tra mezz'ora-
-Ecco appunto, meglio che tu vada allora. A dopo Rog-
-A dopo Bri Bri- mi saluta, scomparendo lentamente dietro le porte grigie.Resto immobile qualche secondo, attonito, a fissare l'ascensore con sguardo perplesso.
-Le banche svizzere. Ma che cavolo ha nel cervello!- penso tra me e me.
Sospiro, non riuscirò mai a capire Roger fino in fondo, eppure ci conosciamo da più di quindici anni ormai. Forse ha ragione mia madre quando dice che non conosciamo mai del tutto chi ci sta accanto, che ci sarà sempre un suo comportamento o un suo atteggiamento che ci stupirà, che ci deluderà. Scuoto leggermente il capo -Eh Rog Rog- mormoro, alzo il braccio destro e leggo l'ora sul mio orologio da polso -Cavolo è tardi! Devo sbrigarmi se voglio essere pronto fra mezz'ora-
A passo deciso comincio a camminare nel corridoio per raggiungere la mia suite. Mi guardo intorno e per la prima volta scorgo le nature morte affisse alle pareti, ieri sera non ci avevo fatto assolutamente caso perché i miei occhi erano impegnati a guardare altro, o meglio, erano impegnati a guardare lei.
-Certo che avrei potuto inventare una scusa migliore per attaccare bottone con Lilibeth- rimugino mordendomi il labbro "Hai detto che se qui da ieri sera, giusto?" Le ho chiesto non appena ho visto che stava andando via, pensavo che mi chiedesse un autografo, che fosse lei a domandarmi qualcosa e invece...-
...e invece mi è sembrato di esserle stato del tutto indifferente. Se non fosse stato per la mia scusa, molto infantile devo ammetterlo, il tutto sarebbe finito lì, ma io non volevo. Non appena le porte dell'ascensore si sono aperte e me la sono trovata davanti è stato come se il mio cuore avesse percorso il tragitto dal mio petto alla mia gola in meno di un secondo! Era bellissima nonostante i suoi grandi occhi castani fossero stanchi come se non riposassero da giorni, inquieti come se cercassero disperatamente qualcosa. E non è solo questo, no, c'era anche qualcos'altro in lei, ma non sono riuscito a capire cosa, è stato tutto così veloce, breve, forse anche troppo breve.
-Dio mio! Di sicuro avrà pensato male di me, che sono la solita rockstar che ci prova con le ragazze- continuo a rimuginare tra me e me, svoltando a destra.
In lontananza vedo camminare nella mia direzione una signora in cappotto blu con valigia al seguito. Mi raggiunge subito, il suo passo è più veloce del mio, mi fissa per qualche secondo, forse mi ha riconosciuto. Abbasso la testa e lascio che il mio mare di riccioli scuri copra il mio volto, non voglio che mi fermi proprio ora che sono terribilmente in ritardo. Oggi è una giornata strapiena di impegni: alle 11 c'è stata l'interminabile intervista con i giornalisti italiani, a cui sinceramente penso di essere sembrato anche alquanto idiota per le risposte che ho dato ad alcune delle loro domande altrettanto idiote, poi il pranzo e dopo la sessione fotografica sul terrazzo dell'hotel che è terminata cinque minuti fa. Adesso devo assolutamente tornare in camera, sistemarmi ed essere pronto tra mezz'ora per andare con i ragazzi all'Ariston a registrare la nostra esibizione per la puntata di stasera.
-E domani sarà ancora peggio!- penso sospirando, portandomi la mano alla fronte e immergendola tra i miei riccioli scuri.
Per fortuna la signora non mi ha riconosciuto, posso proseguire tranquillo verso la mia stanza. Il corridoio è deserto, deserto e polveroso, avverto un leggero pizzicorio solleticarmi il naso, così lo frego insistentemente con l'indice destro.
-Forse sono anch'io allergico alla polvere come...come Lilibeth- commento sorridendo, rammentando il suo starnuto improvviso di ieri sera.
Cosa darei per rivederla ancora. Infondo devo restare qui fino a domenica mattina e oggi è venerdì, ho ancora due giorni per sperare di poterla incontrare di nuovo qui in corridoio, anche se solo per cinque minuti.
-Non le ho chiesto né qual è il numero della sua camera e né quando andrà via. Certo che sono proprio uno stronzo- mi colpevolizzo, sono trentasei anni e mezzo che lo faccio e mi ci sono abituato ormai -Anzi, sono doppiamente stronzo perché a casa ho una moglie e due figli, quindi complimenti Brian sei proprio...-
-...penso che dovrò tornare in camera ragazze-
Mi fermo di scatto, nel bel mezzo del corridoio, stringo gli occhi e corrugo la fronte, provo a concentrarmi nel tentativo di capire se la voce che ho appena udito sia davvero di chi penso che sia.
Mi è sembrata quella di Lilibeth, ma non ne sono sicuro. Sento altre voci femminili provenire dalla stessa direzione, dall'altro corridoio, quello che si interseca col mio, quindi, spinto più dal desiderio di rivederla che da altro, velocemente torno indietro.
-Lilibeth! Ma possibile che sei sempre la solita- la rimprovera un'altra voce femminile.
-E dai Mizzy! Lo sai che non lo faccio apposta a dimenticare le cose-
-Lo so che non lo fai apposta, ma in questi giorni abbiamo le ore contate e lo sai, per questo non...- Ora che sono quasi arrivato alla meta riesco finalmente a scorgere Lilibeth e quelle che, molto probabilmente, sono le sue compagne di viaggio: una ha i capelli biondi, mossi, florido viso con guance rosee e un cappotto con fantasia scozzese; un'altra, esile e dai lunghi capelli lisci e bruni, indossa invece un cappottino scuro come quello di Lilibeth; la ragazza che invece sembra si chiami Mizzy ha i capelli rossi, di un rosso molto acceso, occhi verdi e giubbotto nero di pelle. Penso sia lei Mizzy perché ancora non ha terminato la sua ramanzina alla mia povera Lilibeth, ramanzina fatta in modo molto amichevole, sia chiaro, non ci sono né rabbia e né malizia nei suoi grandi occhi verdi.-... e tu lo sai che ti voglio bene, Lilibeth- conclude sorridendole.
Anche Lilibeth le sorride -Lo so Mizzy, tranquilla- e le accarezza la spalla prima di rivolgersi alle altre: -Aspettatemi giù. Io prendo la cintura e vi raggiungo nella hall. A che ora arriva la macchina per portarci all'Ariston? Se non mi sbaglio, dobbiamo esibirci alle cinque, giusto?-
-All'Ariston?- esclamo scioccato tra me e me, fortunatamente non l'ho fatto ad alta voce altrimenti mi avrebbero sentito -Esibirci alle cinque all'Ariston...quindi... cioè, anche lei è una cantante... ma... ma perché mi ha mentito?- continuo a pensare, ma nel frattempo loro continuano a mettersi d'accordo sul da farsi.
-Si alle cinque. Tranquilla Lilibeth, c'è tempo- la rassicura la ragazza dai capelli biondi.
-Va bene Allison, allora a dopo- le risponde Lilibeth e fa per tornare indietro, ma è costretta a fermarsi ancora quando sente la voce della sua amica dai capelli rossi: -A dopo Lilibeth e... e prendi tutto quello che ti serve, stavolta- conclude Mizzy ridendo, risata a cui si accodano presto anche le altre tre.Lilibeth si volta verso di lei -Certo Mizzy- le risponde ridendo e con tono ironico conclude: -Non voglio che tu mi faccia un'altra ramanzina-
Tutte e quattro ridono ancora, poi Lilibeth riprende a camminare verso la sua camera e le sue amiche proseguono invece in direzione dell'ascensore.
Giunto ormai all'intersezione dei due corridoi, mi fermo esattamente dove fino a mezzo minuto fa erano ferme le ragazze: mi volto a destra e vedo le tre giovani entrare in ascensore, mi volto a sinistra e scorgo Lilibeth davanti alla porta della sua camera mentre tira fuori la chiave dalla tasca del cappotto. Ne devo approfittare ora, ora che il corridoio è deserto se non voglio che mi scappi di nuovo. A passo veloce la raggiungo, la moquette attutisce il rumore dei miei passi così bene che Lilibeth non s'accorge affatto che sono giunto ormai a pochi centimetri da lei.
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The Luckycharm - A Brian May Fanfiction- Italiano
Fanfiction"Soltanto la musica è all'altezza del mare" Albert Camus