Non sono mica un biscotto!

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Mi giro di nuovo e di nuovo osservo Lilibeth guardarmi in silenzio.

-Ho chiesto di far lasciare la colazione nel salottino all'ingresso così nessuno entrerà in camera e...e nessuno saprà che sei qui con me- le spiego, d'altronde io sono pur sempre un uomo sposato e lei è pur sempre l'amante di un certo Umberto Rosati che sta dormendo in una stanza a meno di trenta metri dalla mia.
-Sì, l'avevo capito. Hai fatto bene, tranquillo- mi dice, si stringe di più nel piumone bordeaux e si volta dall'altra parte, verso la porta finestra che dà sulla terrazza.

Certo che stamattina sono davvero un emerito deficiente, o faccio guai o faccio intristire chi mi sta accanto. Me la potevo risparmiare la tattica da spionaggio russo del KGB, adesso si sarà offesa. Senza dire nulla mi sistemo accanto a lei -Ehi Lilibeth- le sussurro.

I suoi occhi brillano alla luce chiara del sole italiano e la sua espressione è triste, amareggiata, rancorosa.

-Io sono sempre di troppo, sempre- mormora -Non c'è posto in cui possa stare o...-
-No, no...ma che dici?- le bisbiglio io, le afferro dolcemente il mento e volto il suo viso verso il mio -Tu non sei di troppo per me, mai. Anche io ho scelto di stare con te, se non avessi voluto, se ti avessi considerata una rompiscatole o...o altro, ti pare che avrei passato tutta la notte con te?-
-No, certo che no, ma...le cose sono molto più complicate di quello che pensi Brian- e mi guarda, mi guarda con occhi che quasi implorano aiuto -Ci...ci sono tante cose che non sai- prosegue e china gli occhi.
-E io voglio ascoltarle se...se tu vuoi raccontarmele- le rispondo -Guardami Lilibeth, io...non avere paura di me-

Lilibeth alza di nuovo lo sguardo e ci fissiamo per qualche secondo, in totale silenzio.

-Brian io...devi sapere che io...-

Blam...

Il rumore di una porta che s'apre all'improvviso la fa fermare.

-Sarà la cameriera che è venuta a portarci la colazione- dico e il rumore cadenzato delle ruote del carrello del servizio in camera conferma la mia teoria -La lascio andare via e vado a ritirarla-
-Ok- mi risponde soltanto lei, poi china ancora gli occhi verso il piumone.

Se non fosse arrivata questa maledetta colazione sono sicuro che mi avrebbe parlato di Umberto, lo so, è lui la cosa complicata della sua vita, è lui.

Blam...

Il rumore della porta che si chiude ci fa capire che siamo di nuovo soli. Lilibeth alza di nuovo gli occhi verso i miei, ma non mi dice nulla. Ci avrà ripensato, forse ha paura di parlarmene perché ieri sera in teatro ha capito che conosco Elena.

-Vado...vado a ritirare il carrello- l'avviso e lei annuisce solo con un lieve cenno del capo.

Mi alzo dal letto, dal pavimento raccolgo la mia vestaglia e la indosso, faccio un nodo approssimativo alla cintura ed esco dalla stanza.

-Stava quasi per dirmi tutto- rimugino ancora tra me e me -Se ne avessimo parlato sarebbe stato meglio e...e forse, chissà, avrebbe trovato persino il coraggio di lasciarlo-

Ma ipotizzare su cosa sarebbe potuto essere non serve a nulla. Sospiro deluso, raggiungo il carrello e lo spingo dal salottino fino alla camera da letto.

-La colazione è servita bella signorina- l'avviso trionfante non appena varco la soglia della stanza.

Lilibeth si volta, mi guarda e mi sorride, veloce scivola al bordo del letto e vi si siede, sistemandosi un lenzuolo all'altezza del seno. Io nel frattempo ho disposto il carrello accanto al letto, ho tolto i coperchi dai vassoi e ora posso finalmente sedermi accanto a lei.

The Luckycharm - A Brian May Fanfiction- ItalianoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora