Ho dimenticato la mia cintura

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-Perché mi hai detto una bugia?- le chiedo algido, senza nemmeno salutarla. Forse potrà sembrare maleducato o poco galante far notare a una donna una sua scorrettezza, ma ci sono rimasto male davvero per la bugia che mi ha raccontato ieri sera.

La mano di Lilibeth si ferma a mezz'aria, con la chiave a pochi millimetri dalla serratura, lentamente si volta verso di me e con viso scioccato più che stupito mi risponde: -Brian? Ma...- tentenna, abbassa la mano e rimette la chiave in tasca -Ma di quale bugia parli?-
-Tu non sei qui in vacanza, tu sei qui per partecipare a Sanremo- le spiego sottovoce, mi sento molto imbarazzato in questo momento -So che è poco educato origliare i discorsi altrui, ma... ma stavo tornando in camera e ho sentito la tua voce. Sono tornato indietro e inavvertitamente ho ascoltato quello che dicevi alle tue amiche e...-
-Adesso ho capito- m'interrompe e abbassa il capo senza dirmi altro.

Forse l'ho fatta arrabbiare, forse davvero dovevo farmi gli affari miei, proseguire dritto e tornare in camera a prepararmi che è già tardi. E invece no, invece dovevo tornare indietro e farmi gli affari loro. Ma che ci posso fare? C'è qualcosa che mi spinge verso questa ragazza anche se non la conosco affatto e se adesso sono qui, unico oggetto del suo sguardo infastidito e leggermente irritato che mi fa sentire piccolo piccolo nonostante il mio metro e ottantotto d'altezza, è soltanto per poter capire perché non ha voluto dirmi la verità.

-Scusami- comincia lei a bassa voce -Avrei dovuto dirtelo fin da subito, infondo non c'è nulla di male-

Sempre a testa bassa viene verso di me e solo quando mi raggiunge alza il capo: i suoi occhi brillano, ma c'è sempre qualcosa che offusca la loro gioia.

-Allora se sai che non c'è niente di male perché mi hai detto una bugia?-
-Perché ieri sera non ero nella... ecco, non ero nella giusta modalità cerebrale di intraprendere un discorso, quindi ti ho dato la risposta più comoda per me. Scusami, scusami davvero-
-Non preoccuparti, adesso ci siamo chiariti, no?- le rispondo, provando a tranquillizzarla, mi sembra davvero mortificata e per colpa mia tra l'altro -Anche io ho...ci sono tanti giorni in cui non ho voglia di parlare con nessuno-
-Davvero? Davvero succede anche a te?- mi domanda e i suoi occhi si sgranano compiaciuti, come se solo adesso avesse trovato finalmente qualcuno in grado di capirla davvero.
-Sì, succede anche a me e anche spesso in realtà. Sarà...sarà la malinconia di noi artisti- commento e le sorrido leggermente.

-Già, forse sarà questo- sospira lei e un lieve sorriso si stampa anche sul suo volto: allora non è arrabbiata con me.
-Beh... adesso che ci siamo chiariti e, soprattutto, adesso che abbiamo trovato un punto in comune, che ne dici di ricominciare tutto daccapo? Come se ci stessimo conoscendo ora?-
-Ottima idea- concorda lei -Allora... allora piacere, io sono Lilibeth, cantante e pianista delle RodaViva- e mi tende la mano.
-E io sono Brian May, chitarrista dei Queen, il piacere è tutto mio- e le stringo la mano.

E' così bella mentre i suoi occhi mi fissano luminosi, quasi lucidi, e la mia pelle sfiora di nuovo la sua.

-Comunque...mica ti dispiace se entriamo un attimo in camera mia? Devo assolutamente recuperare la cintura per il mio abito di scena e raggiungere le ragazze, altrimenti non arriveremo in tempo in teatro per prepararci-

-Ma certo, per me va benissimo-
-Mica vai di fretta?-
-Chi? Io di fretta? No, anzi, ho tanto di quel tempo disponibile che mi stavo proprio chiedendo cosa fare per riempirlo- le mento, mi auguro non si sia accorta della lieve punta di sarcasmo nel mio tono di voce.
-Ah, benissimo, allora possiamo fare due chiacchiere in stanza. Vieni, prego-

Lilibeth lascia la mia mano, con molto dispiacere da parte del sottoscritto, l'infila nella tasca del cappotto e vi estrae di nuovo la chiave della sua suite. Dopo averla infilata nella toppa la gira due volte verso destra, velocemente, gli scatti decisi della serratura riempiono il silenzio che regna nel corridoio. Dopo aver aperto l'uscio invita prima me a entrare: -Prego- mi dice educata, ma io, che sono pur sempre un gentleman anche se origlio i discorsi degli altri, le faccio cenno di precedermi: -Prima le signore- le sussurro e la guardo così intensamente che lei china il capo imbarazzata.

The Luckycharm - A Brian May Fanfiction- ItalianoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora