-L'ultima cosa e direi che poi ho davvero preso tutto- mormoro tra me e me chiudendo la valigia.
Lilibeth mi sente, alza la testa e mi osserva raggiungere l'armadio, aprirlo ed estrarvi la custodia della Red Special. Ne afferro il manico, richiudo l'armadio e torno alle poltroncine, poggio la custodia sopra la valigia e così sono pronto, si fa per dire, per partire.
Lilibeth mi guarda ancora, io deglutisco a fatica non smettendo di fissarla, il silenzio che regna in questa stanza è qualcosa di sovrumano. D'improvviso si alza, mi raggiunge e in preda a un pianto che sta per scoppiare mi sussurra: -Non mi lasciare Brian, ti prego...non mi lasciare sola-
Una lacrima, lenta e calda, le riga il volto, il petto sussulta per i singhiozzi, i suoi occhi sono tristi, amareggiati, infelici.
-No, no Lilibeth, non...non piangere- le dico sottovoce e l'abbraccio forte.
Un pianto, un pianto irruente e impetuoso scoppia dalla sua anima non appena la stringo a me. Mi sembra Alyce, la mia seconda figlia, quando fa un brutto sogno e corre in camera mia per essere consolata dal suo papà che, lei lo sa bene, non l'abbandonerà mai. Infondo anche Lilibeth è una bambina, come Alyce, anche lei ha bisogno d'affetto, d'amore, di dedizione.
-Brian io...- balbetta singhiozzando, alzando gli occhi verso i miei -Io non volevo, scusami...-
-Non preoccuparti Lilibeth, tranquilla- provo a rassicurarla accarezzandole i capelli -Non è successo nulla. Non devi dire di essere sola, tu...tu non lo sei...-
-E invece lo sono Brian, lo sono-
-Lilibeth, anche tu troverai un uomo che ti ami, che ami solo te...-
-Ma chi la vorrebbe mai una come me?- urla disperata, ancora singhiozzando, e di scatto s'allontana da me. Io la guardo stupito, ma lei non torna sui suoi passi -Chi la vorrebbe mai una ragazza che anziché pensare a formarsi una famiglia pensa alla musica, ai concerti, a scrivere storie e canzoni... chi Brian? Chi?-
-Ma che dici Lilibeth?- le chiedo, fingendo di non capire, ma invece ho capito benissimo.
-Dico quello che ho detto Brian. Guardami, tu guardami e pensa, rifletti: chi la prenderebbe una come me?-Faccio come dice e la guardo: è stupenda, anche se ha gli occhi arrossati dal pianto e il viso bagnato dalle lacrime. La nuvola dei suoi capelli bruni le cade morbida sulle spalle, schiarita dalla luce del sole che filtra dalla porta finestra dietro di lei, il pizzo leggermente sbucato della camicia da notte mi permette di intravedere il suo seno florido e le bretelline, nella concitazione del momento, sono ruzzolate giù fino ai gomiti. Se fossi un incosciente le salterei addosso, adesso, dimenticandomi dell'aereo, di Amalia e di tutte le incombenze che dovrò affrontare una volta tornato a Londra e invece no, ancora una volta decido di essere l'uomo razionale che mio padre ha sempre voluto che fossi.
-Lilibeth- comincio, avvicinandomi a lei -Lilibeth, tu non hai niente che non va. Tu devi essere ciò che tu vuoi essere. Vuoi essere una cantante? Beh, fai la cantante. Vuoi essere una musicista? Fai la musicista. Non devi per forza essere una mamma o una moglie. Se...se ci rifletti, tu...tu vorresti essere una mamma?-
Lilibeth mi fissa pensierosa, porta l'indice alle labbra e pensa per alcuni istanti prima di rispondermi: -No, hai ragione Brian- sussurra e sgrana gli occhi come se finalmente avesse trovato il senso della sua esistenza -Tu...hai ragione Brian...io, io non voglio diventare la...la brava mogliettina che aspetta a casa il marito, che semmai negli anni è diventato pure più tondo di una palla da boowling, e...e che pensa alle faccende e ai bambini, no...io voglio essere di più, io voglio essere qualcosa in più Brian, ma...ma poi torniamo al problema di prima: rimarrò sola in questo modo e io non voglio rimanere sola-
In effetti il suo ragionamento non fa una grinza, ma la grinza, se voglio tirarla su di morale, devo trovarla, a costo di inventarmela. Rifletto qualche secondo, Lilibeth non si muove, resta immobile a pochi passi da me e anch'io resto fermo ai piedi del letto.
-Io...- tentenno, penso di aver trovato la grinza -Io penso che sia meglio restare soli piuttosto che stare accanto a chi non ci ama-
-Perché dici questo?- mi chiede incredula.
-Dico questo perché...perché penso che la persona che ci sta vicino debba amarci, volerci bene, dedicarci il suo tempo pur conservandone sempre un po' per sé. E' inutile stare accanto a chi non ci rispetta Lilibeth, è soltanto una sofferenza, un'inutile sofferenza. L'amicizia...sì, forse solo l'amicizia è il sentimento per cui vale la pena lottare. Un amico, un vero amico ci dà la forza, ma la forza più grande sta dentro di te Lilibeth, non in un'altra persona, solo in te-Lilibeth mi fissa ancora, stavolta pensierosa, respirando pesantemente. Penso abbia capito che so tutto, o meglio, che ho dedotto tutto facendo duepiùdue, sommando ciò che so sul signor Umberto Rosati a ciò che ho visto sul lungomare l'altra sera. Non credo se la sia presa, o meglio, lo spero, ma il suo silenzio mi sta facendo impaurire, dubitare sulla mia scelta di essere stato così schietto e sincero con lei.
-E' vero allora...- mormora d'improvviso.
-Cosa?- le chiedo.
-Tu...tu non sei mai stato un ragazzo Brian, tu...tu sei sempre stato un uomo-Sentendo queste parole non posso fare a meno di sorriderle e lei ricambia il mio sorriso, facendomi tirare un immaginario sospiro di sollievo: è vero, non la vedrò mai più, ma almeno voglio che abbia pur sempre un bel ricordo di me.
-Io...io devo andare Lilibeth, si sta facendo tardi-
Lei annuisce e io m'avvicino per salutarla. Stringo il suo viso fra le mani, con i pollici le asciugo le lacrime, chiudiamo gli occhi e le nostre labbra s'incontrano ancora. In questo bacio vorrei dirle tutto, tutto quello che non ho avuto il coraggio di dirle a parole, così l'abbraccio forte, lascio scorrere le mie mani sul suo corpo giovane fino a raggiungere i suoi fianchi, dolcemente li stringo e la porto ancora più vicina e me. Quando le nostre labbra si staccano poso la mia fronte sulla sua e le sussurro: -Tu sei stupenda Lilibeth, non lo dimenticare mai-
-Grazie- mi risponde soltanto e mi sorride ancora, timidamente.
M'allontano da lei, a malavoglia ma lo faccio, torno ai piedi del letto e dalla poltroncina di sinistra prendo il cappotto, da quella di destra la valigia e la custodia con la Red Special. A passo lento raggiungo il comodino e prendo le chiavi della stanza.
-Lascio le chiavi alla reception e dico di venire a sistemare la stanza più tardi, così...così puoi uscire dopo di me e nessuno...- tentenno imbarazzato.
E' così difficile farle capire che è meglio per tutti e due che nessuno ci veda insieme, infondo è questo ciò che è sempre costretta a fare ogniqualvolta si vede con Umberto, lo so bene perché anch'io, purtroppo, tradisco mia moglie.
-Ho capito Brian, tranquillo, esco tra un quarto d'ora- e mi sorride ancora, ma stavolta il suo è un sorriso finto, di circostanza. Ancora una volta ho rovinato tutto, ancora una volta con le mie parole ho fatto sì che la squallida realtà che ci aspetta fuori da questa camera d'albergo rompesse l'incantesimo che si era creato magicamente tra noi.
-Bene, allora...allora ciao Lilibeth- ho solo il coraggio di dirle.
-Ciao Brian e...e buon viaggio- mi saluta lei.Lilibeth china il capo e io, come se stessi scappando dopo aver commesso un crimine, raggiungo veloce la porta della stanza. Faccio per aprirla, ma un lieve singhiozzo, un leggero lamento, mi fa voltare verso di lei. Ha ancora la testa abbassata, ma so che sta piangendo di nuovo.
-Lilibeth- mormoro piano e lei alza il capo.
Una lacrima, una sola lacrima luccicante come una cometa sta scendendo sul suo viso oscurato dalla tristezza. I suoi occhi sono amareggiati, rassegnati e il suo sguardo non è più come quello di cinque minuti fa, no, adesso non è la bambina che sta piangendo perché ha paura di rimanere sola, adesso è la donna che sta morendo di dolore perché sta per perdere l'uomo che ama. Se questo fosse un film, questa sarebbe la scena in cui lui lascia cadere tutto per terra, valigia, chitarra e cappotto, corre sorridente dalla sua lei e l'abbraccia per non lasciarla più. Ma questo non è un film, questa è la nostra vita ed è molto, molto più complicata di quello che accade nei film.
Mi faccio coraggio, deglutisco, mi volto dall'altra parte e apro la porta, uscendo per sempre da questa stanza d'albergo.
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The Luckycharm - A Brian May Fanfiction- Italiano
Fanfiction"Soltanto la musica è all'altezza del mare" Albert Camus