Come una coppia che sta per scoppiare

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La serata è tranquilla, calma, il cielo è limpido e i raggi della luna piena si rispecchiano nitidi nelle acque del mare di fronte a noi. Man mano che ci avviciniamo alla battigia, la brezza marina si fa sempre più intensa, umida e la salsedine s'intrufola pungente nelle narici quasi a punzecchiarle, come la polvere sprigionata dalla moquette nel corridoio dell'hotel reale. I riccioli scuri di Brian ondeggiano morbidi nell'aria di mare, l'osservo percorrere il lungo ponte di legno a testa bassa, ancora pensieroso, ancora preoccupato per qualcosa che so non dovrebbe interessarmi. E invece mi interessa e molto.

Una volta raggiunta la spiaggia, un briciolo di tristezza mi pervade a vederla così vuota: le assi delle cabine sono state tutte ammucchiate al di sotto di una passerella di cemento, gli ombrelloni e le sdraio sono stati invece sistemati dinanzi all'ingresso del bar dello stabilimento, la cui insegna oscilla cigolante a ogni folata un po' più decisa di brezza marina.

-Va bene se ci sediamo laggiù?- la domanda di Brian mi riporta alla realtà.

Mi volto verso di lui, mi sta facendo cenno di accomodarci in un punto dove la sabbia è completamente asciutta, probabilmente a quest'ora l'alta marea non è ancora cominciata.

-Ma... ma certo, va benissimo- gli rispondo.

Togliamo scarpe e calzini e senza indugi cominciamo a camminare sulla spiaggia. Giunti al punto prescelto Brian si siede sulla sabbia, incurante che il suo pantalone si impolveri, posa le scarpe alla sua sinistra, si toglie la giacca e la stende sulla rena.

-Prego, si accomodi signorina- m'invita a sedere su di essa, ma imbarazzata provo a fargli cambiare idea: -Brian, ma la giacca così si rovina, io posso anche...-
-Non preoccuparti- m'interrompe bonario -La giacca si lava, tranquilla-

Sospirando, annuisco con la testa e, cercando di fare attenzione a non sporcarla il più del dovuto, mi siedo sulla sua giacca. Dopo aver sistemato le scarpe alla mia destra, chiudo gli occhi per qualche secondo: respiro a pieni polmoni la salsedine, lasciando che lo iodio mi pervada dappertutto e che le mie orecchie s'incantino ad ascoltare la melodia prodotta dallo sciabordio delle onde, dal fruscio delle palme al vento marino, mentre le mie dita stringono forte la sabbia ruvida.

Il garrito improvviso di un gabbiano mi fa però aprire gli occhi in un baleno, alzo la testa verso l'alto e scorgo l'uccello bianco volare a pochi metri dalle nostre teste, imponente e maestoso, verso le palme.

-Sta tornando al nido- commenta Brian.
-Si, un po' tardi ma sta tornando a casa- replico, abbassando la testa e volgendomi piano verso di lui.

I suoi occhi brillano al chiarore argentato della luna e mi rendo conto che potrei stare a guardarlo anche tutta la vita. Un brivido, un'intensa emozione avverto fluire calda nelle mie vene, così intensa e travolgente che il mio cuore si ferma per un attimo: mai avevo provato una cosa del genere per qualcuno a questo mondo.

-Hai freddo?- mi chiede d'improvviso lui.
-No...non ho freddo- gli dico, il cappottino che indosso è abbastanza caldo per un tipo freddoloso come me -Ti ringrazio del pensiero-

-E di che? Dovere, anzi, è un piacere- conclude, la sua voce è così delicata che a stento riesco a sentirla, quasi completamente sopraffatta dallo sciabordio delle onde sulla battigia.
-Posso... posso chiederti una cosa?- gli domando.
-Certo, dimmi pure-
-Perché sei andato via dal ristorante, è..è successo qualcosa?-

Non avrebbe dovuto interessarmi e invece...

Brian sospira e si volta ancora verso il mare dinanzi a noi, incerto, pensieroso, sento che vorrebbe dirmi la verità ma non ne è convinto, c'è qualcosa che lo frena, che lo blocca. D'un tratto però si fa coraggio: -Abbiamo litigato- comincia, non smettendo di fissare le onde carezzare dolcemente la battigia -Cioè, io, Roger e John abbiamo litigato con Freddie quando eravamo a Monaco e poi stasera, al ristorante, io e Roger abbiamo discusso come due... come due imbecilli- s'interrompe e sorride, ma si vede lontano un miglio che è un sorriso carico di dispiacere e rancore -In realtà io e Roger abbiamo litigato anche oggi pomeriggio, nel camerino dell'Ariston, cinque minuti prima di salire sul palco: a lui non stanno bene delle canzoni che ho scelto di inserire nella scaletta dei prossimi concerti e a me non piace affatto l'impianto luci che è stato scelto, o meglio, che lui ha scelto per il prossimo tour. Stavamo litigando di brutto, davvero non so come non siamo arrivati alle mani-

The Luckycharm - A Brian May Fanfiction- ItalianoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora