Capitolo 16

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Mi rigiro e rigiro fra le coperte, ormai il sonno é svanito.
Decido di alzarmi, mi guardo intorno e le ragazze non ci sono.
Vado verso la cucina e prendo un bicchiere, mi avvicino al lavandino e faccio scorrere l'acqua.
Riempio il bicchiere e inizio a bere.

Poi vado verso il frigo e prendo il latte, inizio a preparare la mia colazione ideale: latte e cereali.

Mi siedo sulla sedia e inizio a mangiare.
Il silenzio mi tiene compagnia, ma non mi dispiace, anzi, in questo momento mi piace, voglio essere sola.
Rinchiusa in cucina con i miei pensieri e il suono dei cereali.

Finito di mangiare, lavo la ciotola e il cucchiaio.
Mentre poso queste due cose, la mia attenzione viene catturata da una voce, quella voce.

"Piccola peste, dove sei?", la sento.

Corro subito verso la stanza e la trovo seduta sul mio letto.

"Eveline!", vado verso di lei e inizio a stringerla nuovamente fra le mie braccia.
"Così mi soffochi", la sento ridacchiare.
"Scusa", mi stacco subito.
"Ti sono cresciuti i capelli", inizia ad accarezzarli.
"Sì, volevo cambiare look", sorrido.
"E continui ad usare lo shampoo al cocco", mi guarda negli occhi.
"Sempre", rispondo.
"La solita", iniziamo a ridere.

Finalmente, riesco a sentire nuovamente il suono della sua risata, le mie orecchie accolgono questo suono melodioso e genuino.

"Come stai?", domanda poi.
"Bene", alzo le spalle.
"Non mentire", mi punta il dito contro.
"É vero", mi mordo il labbro inferiore.
"Bugiarda, hai fatto quella cosa", alza il sopracciglio.
"Quale cosa?", cerco di sembrare confusa.
"Non ha importanza, avanti sputa il rospo piccola peste", mi guarda dolcemente.

Nel sentire questa frase le lacrime iniziano a scendere involontariamente sul mio viso.
Eveline si alza e mi abbraccia, riesco a sentire il suo calore, il suo profumo, percepisco mia sorella, la sento vicino a me.

La stringo e mi godo questo momento, vorrei fermare il tempo e rimanere così per sempre, voglio stare accanto a mia sorella.

"Cosa é successo?", domanda dolcemente.
"Tante cose, Evie, troppe da raccontare", sposto la testa per guardare mia sorella.
"Parla, ti ascolto", sorride.
"Beh, ecco, da dove posso iniziare?", penso.
"Dalle origini", mi pizzica il naso.
"Ehy!", scoppiamo nuovamente a ridere.

"Allora, il primo giorno di scuola...", inizio a parlare.

Ma la figura di Eveline inizia a svanire ancora una volta.
Il panico prende possesso del mio corpo e le lacrime sfuocano l'immagine di mia sorella.

"Non di nuovo!", scatto in avanti e cerco di afferrarla.
"Mi dispiace", inizia a piangere anche lei.
"Ti prego, non ancora! Ho bisogno di te", urlo.
"Sono nel tuo cuore, piccola peste", sorride.
"Non basta, ti voglio al mio fianco, Evie ti prego!", le rimane solo il volto.
"Ti voglio bene piccola peste, continua a sognarmi, non dimenticarmi", svanisce.
"Evie! Evie! Non lasciarmi sola, Eveline!", urlo.

Mi alzo in piedi e inizio a prendere tutte le cose intorno a me.
Le butto e le lancio in aria.
Afferro i quaderni, le penne, le coperte, i vestiti, tutto quanto, tutto quello che riesco a vedere viene lanciato.

Ma nonostante questo, il dolore continua a divorarmi da dentro.
Mi risucchia tutta l'energia vitale, mi lacera il cuore, mi taglia il respiro.
Questa cosa non mi porta sollievo, mi distrugge ancora di più.
Mi fa notare quanto sono debole e piccola.

Ai confini dell'amoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora