Capitolo 42: Il tuo lato da scrittrice

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Can doveva recuperare la bandana di Sanem, ad ogni costo. Quel pezzo di stoffa che aveva portato con sé da sempre, dal giorno in cui la trovò sulla scogliera, era troppo importante per lui. Di un importanza quasi vitale, l’unico legame concreto con quell’amore meraviglioso che aveva provato per la ragazza dalla pelle di luna.

Per tutto il lungo anno trascorso in balia delle onde, quel ricordo di Sanem era sempre vicino al suo cuore e non passava notte che non ne sentisse il profumo di cui era intriso. Un profumo che solo i giorni e il vento avevano reso lieve e ormai quasi impercettibile.

Quando la ragazza lo intravede uscire dal capanno ormai completamente a fuoco e con in mano la sua bandana, il cuore minacciò di uscirle dal petto. Can aveva rischiato la vita per recuperare la sua bandana, una grandissima dimostrazione di quell’amore che forse bruciava ancora. Il suo albatros era ancora innamorato di lei.

Una prova indissolubile di un sentimento così forte, che l’aveva portato a sfidare le fiamme pur di non perderla

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Una prova indissolubile di un sentimento così forte, che l’aveva portato a sfidare le fiamme pur di non perderla. Dai loro sguardi si capisce che nulla si è spento. Sanem, però, vede subito che Can ha una brutta bruciatura sul braccio e lo esorta a seguirla per farsi medicare. Nel frattempo, il tempestivo arrivo dei pompieri permette lo spegnimento dell’incendio. Dopo tanto spavento, tutti i presenti tirano un sospiro di sollievo.



Sanem


La paura che provai quando lo vidi entrare nel capanno in fiamme era pari al terrore che senti quando durante la notte credi, in sogno, di precipitare nel vuoto. Che cosa stava facendo? Era forse impazzito? Non ascoltò nessuno, non diede ascolto alle grida disperate di amici e parenti che lo esortavano a fermarsi, ad uscire da quell’inferno di fuoco. Non sentì nemmeno la mia voce disperata. Volevo raggiungerlo, entrare con lui, salvarlo. Se fosse successo qualcosa a Can avrei preferito che succedesse anche a me, non avrei sopportato di non vederlo tornare, l’avrei seguito. L’avrei seguito, senza dubbio. I miei tentativi goffi di raggiungerlo furono arginati da Emre, Cey Cey, mio padre e altri che mi tenevano bloccata tra le loro braccia, mentre il mio mondo bruciava non solo dentro quel capanno ma anche dentro di me. Io fenice abituata al fuoco, che sentivo che quello sarebbe stato il mio ultimo incendio, se Can fosse morto non sarei più risorta nemmeno io dalle ceneri. Mentre pensavo a scenari tremendi e mentre la paura era così forte da attanagliarmi lo stomaco lo vidi tornare, tornare da me e alla vita. Uscì dal capanno e notai quello che stringeva tra le mani. Aveva rischiato di morire nel peggior modo possibile solo per salvare dalle fiamme la mia bandana. Una bandana che allora aveva sempre tenuto con se durante quel viaggio infinito. Volevo corrergli incontro, abbracciarlo e stringerlo a me, era questo che sentivo e desideravo. Dovevo avere la dimostrazione concreta che stesse bene e che la sua stupenda pelle non fosse stata toccata da quel fuoco tremendo. Volevo abbracciarlo così tanto che non lo feci, restammo fermi per qualche secondo e il nostro silenzio disse tutto quello che c’era da dire”.

"La storia di Sanem & Can"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora