Capitolo 48 (prima parte): Non ricordo i tuoi occhi

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"Ti mostrerò com'è speciale il mondo anche se fa male. Non è quel posto da lasciare è ancora presto per partire. Ti parlerò di chi è speciale. Quant'è noioso saper volare. È più difficile restare coi piedi a terra e non morire....."

("Lo sai da qui " - Negramaro)

Can viene trasportato d'urgenza in ospedale, la vita di quell'amore profondo è nuovamente in bilico. Maledetto destino, non c'è tregua per loro, non vogliono altro che amarsi e invece qualcosa o qualcuno impedisce loro di farlo. Can giace nel silenzio della terapia intensiva, privo della sua Sanem, chiusa in un'altra stanza, inconsapevole di quello che sta accadendo. Vite sospese, attimi. Improvvisamente tutto cambia, un minuto prima il sole sembra splendere, il secondo dopo lacrime dolorose scendono. Can è solo, i macchinari a cui è attaccato scandiscono "Bip" intermittenti, un vetro lo divide da amici e familiari.

 Can è solo, i macchinari a cui è attaccato scandiscono "Bip" intermittenti, un vetro lo divide da amici e familiari

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Incredulità, un silenzio straziante pervadono quel piccolo corridoio, rotto da improvvise lacrime. Aziz ed Emre, completamente sconvolti, vengono raggiunti da Huma, Mevkibe e Nihat disperati. Vedere il ragazzo immobile, incosciente è una scena molto forte, essere impotenti è davvero doloroso.

Sanem

Il volo dell'albatros è infinito, esso spalanca le sue ali e protegge il cielo dalla tempesta. Ma che cosa accade se quel cielo rimane improvvisamente orfano del suo guardiano? altro non può fare che accartocciarsi su se stesso e dire addio al mondo che piange la sua perdita. Il sole si oscura, la luna nasconde la sua luce per mostrare la sua faccia scura, pietre che si infrangono ai miei piedi, vele che si lasciano andare al vento impetuoso, barche che si abbandonano alle onde che inghiottiscono i suoi alberi. Sono per caso morta? Oppure mi sto trascinando in quel limbo che precede un risveglio che non desidero? Can, amore mio.... Devo svegliarmi per Can. Luci, vetri in frantumi, labbra che sfiorano le mani. L'oscurità nel ricordare, non voglio. La mia mente tiene lontani da me i pensieri di quello che è avvenuto. Ricordo piedi sulla riva di una spiaggia, ricordo baci tra le luci, ricordo il Bosforo e il suo panorama, ricordo l'albero dei desideri in agenzia. Mi aggrappo a quel foglietto, quello che scrivo in questo momento di incoscienza: "Fa che si vivo" Vivo? Perché il mio cuore parla di questo? Di paura della morte, di attimi non vissuti, di giorni persi, di ti amo assenti. Sono morta? Spalanco le braccia e mi butto, mi butto dalla finestra dell'ospedale, forse gli ultimi giorni sono stati solo un susseguirsi di sogni, di speranze infrante... cado, sento il vento, la morte che mi aspetta, le braccia di Allah dove mi auguro di cadere. Forse sono morta, o forse sto solo cercando le ali di un albatros, mi guardo intorno, quella ali che sempre mi hanno protetta, che sempre hanno elevato il mio cuore al massimo del suo splendore. Can, paura, incidente, Can. Dove mi trovo? Sanem svegliati, svegliati e torno indietro con la mente a quel giorno, quando lui mi aveva lasciata, quando il mare me lo aveva strappato, quando le sue insicurezze mi avevano separato dal mio amore. Ricordo che morire in quel momento mi appariva come l'unica soluzione possibile per far terminare quel dolore. Quando tocchi il fondo puoi solo lentamente risalire. La notte in cui ho capito che se non fossi uscita da quell'ospedale sarei morta coincide con la notte in cui per un attimo non sono morta davvero.

"La storia di Sanem & Can"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora