Capitolo ventidue

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Avvertenze: nel seguente capitolo sono descritte scene di violenza. 

Carlos ricordava ancora la prima volta che conobbe Gaston. Doveva avere intorno ai dieci anni, era mattina presto e Crudelia già lo stava rimproverando perché la cucina era un disastro (disastro che aveva creato lei entrando in casa ubriaca, di conseguenza era andata a sbattere contro il tavolo facendo rovesciare il piatto e il bicchiere di vino che Carlos le aveva conservato). Se la giornata era cominciata in quella maniera, sapeva benissimo che non avrebbe fatto altro che peggiorare. La sua vita era diventata un'orribile routine e si domandava se tutti gli altri sull'Isola vivessero nelle sue stesse condizioni- alcuni sì, altri addirittura peggio, solo pochi potevano dire di avere un'esistenza abbastanza normale. Appena aveva compiuto otto anni, aveva scoperto che il modo per tenere buona sua madre era farle trovare la casa pulita, cosa che aveva cominciato a fare. Peccato che Crudelia trovasse sempre l'ago nel pagliaio, peccato che fosse senza pietà e che lo guardasse con la follia impressa negli occhi. 

Quella mattina, non fu diversa dalle altre. Crudelia gli stava già urlando contro e in ginocchio a terra, raccoglieva con le mani i pezzi di vetro sparsi per il pavimento. Contemplò un pezzo abbastanza affilato, chiedendosi dove l'avrebbe dovuta colpirle per ucciderla, o almeno per farla stare zitta un paio di secondi. Non riusciva nemmeno a pensare con sua madre che gridava e lo colpiva con i piedi di tanto in tanto, e aveva proprio bisogno di un paio di minuti di silenzio. Dannazione! Si era tagliato con il pezzo di vetro. 

<<Sei davvero inutile, Carlos!>>, ringhiò la donna, ridendo con amarezza. "Fai tu", avrebbe voluto dirle. Ma sapeva che era meglio fare silenzio. Prese un respiro profondo e, nonostante la mano sanguinante, continuò a raccogliere i cocci. 

<<Voglio che la casa sia brillante entro il tramonto, meticcio. Avrò visite allora>>, mormorò, lasciandolo finalmente da solo. Aveva cominciato a chiamarlo "meticcio" per la sua ossessione con i cani: Crudelia desiderava dei puro sangue, per questo voleva quei dalmata, mentre diceva che i meticci erano completamente inutili. Quindi, l'affettuoso soprannome gli era stato affibbiato affinché ricordasse in ogni momento di non servire a un bel niente. 

Continuò a pulire la casa, cercando di fare il suo meglio. Non sapeva quanta acqua versare nel secchio, quale sapone usare per pulire il pavimento, non aveva ancora imparato a stringere in maniera corretta la scopa e spesso spostava la polvere da un luogo ad un altro. A malapena sapeva fare la piega del letto e sistemare quella scusa pietosa che avevano come lenzuola, come avrebbe mai potuto imparare a fare tutto il resto? Non avevano servitrici che potessero insegnarglielo e l'unica donna che conosceva- ma solo per nome- era la Regina Cattiva. Abitava alla fine della collina, però si era rintanata in casa sua e non si era mai presentata alla loro porta per nessun motivo. Inoltre, se anche l'avesse conosciuta, sicuramente non gli avrebbe insegnato a pulire una casa. 

Quando tramontò il sole, le mani gli si erano raggrinzite. Le ginocchia pulsavano poiché aveva passato troppo tempo a terra e aveva la fronte madida di sudore. Per non parlare dei suoi vestiti sporchi. Proprio nel momento in cui alzò lo sguardo per vedere la luce del sole che spariva, qualcuno bussò alla porta di casa loro. Crudelia gli urlò di andare ad aprire. Dolorante, con la schiena a pezzi, si trascinò fino alla porta. Lì, dovette alzare la testa per incontrare gli occhi scuri come la pece dell'ospite di sua madre. Maglietta rossa, pantalone beige e stivali neri da caccia. Estremamente muscolo e dei lunghi capelli neri raccolti in un codino da un fiocchetto. Ghigno divertito e sguardo di superiorità. Non sapeva chi fosse. Crudelia non l'aveva mai fatto uscire di casa e non conosceva la storia di nessuno...non aveva mai visto nessuno.

<<Tua madre>>, disse lui, spostandolo bruscamente per entrare in casa. Carlos continuò a non rispondere. Non avendo mai ascoltato molte voci, faticava tantissimo a parlare. Balbettava, sbagliava i pochi termini che conosceva e non sapeva né leggere né scrivere (avrebbe cominciato a sentirsi più sicuro soltanto compiuti tredici anni, quando cominciò a camminare per l'Isola e trovare dei libri. Molto aiuto glielo avrebbero dato gli idioti con cui faceva affari e infine, avrebbe trovato coraggio soltanto con Jay, Mal e Ginny). Perciò non rispondeva mai, nemmeno a sua madre.

Once upon a time(there was no happily ever after)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora