Capitolo ventitré

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Quando qualcuno sull'Isola moriva, la Mappa nell'ufficio di Adam si illuminava di una oscura tonalità di verde. Non importava cosa stesse facendo, l'uomo era sempre in grado di notarla e sapere automaticamente che era successo qualcosa ad uno dei suoi abitanti. In quel momento, era impegnato a firmare dei documenti riguardanti l'inizio dei lavori sull'Isola e poi notò la luce con la coda dell'occhio. Sospirando, poiché avevano avuto numerose morti in quel periodo, si alzò dalla scrivania per andare a vedere quale cadavere ritirare a fine giornata. Alzò il coperchio di cristallo che, caratterizzato da un incantesimo che permetteva soltanto a lui di spostarlo, proteggeva la Mappa e i suoi occhi cercarono attentamente il nome dello sfortunato. Quando lo trovò, tuttavia, fu costretto a sbattere le palpebre un paio di volte e ricontrollare per maggiore sicurezza. Boccheggiò, incapace di formulare un pensiero concreto. Gaston. Il nome che i suoi occhi avevano già letto sette volte, ma che la sua mente non sembrava essere in grado di registrare. 

Un paio di minuti dopo, aprì la porta del suo ufficio alla ricerca delle guardie. Nonostante il fatto che Ben avesse preso il suo posto, per aiutare suo figlio aveva deciso di continuare a svolgere delle attività che potessero alleggerirgli il lavoro. Aveva chiesto soltanto di restare nel suo vecchio ufficio, poiché aveva tutto ciò di cui necessitava lì e non se ne sarebbe potuto separare. Proprio come suo padre, anche il nuovo re era troppo legato al suo ufficio perciò era stato più che d'accordo con il loro patto. 

<<Vostra maestà...è accaduto qualcosa?>>, chiese una guardia appena vide la sua espressione.

<<Abbiamo avuto un nuovo cadavere sull'Isola. Devo parlare con mio figlio>>, gli riferì il re. La guardia sembrò comprendere che stava accadendo qualcosa di grave, però dovette sospirare.

<<Re Benjamin è in riunione, al momento>>, mormorò lui, affranto. Adam strinse le sopracciglia.

<<Allora vallo a chiamare e digli di uscire subito! Qualsiasi riunione può aspettare, ciò che devo dirgli invece...>>, sbottò, contenendo a malapena la rabbia. Perché era così furioso? Sarebbe dovuto sentirsi sollevato al pensiero che il suo rivale fosse morto, no? Allora, da dove veniva fuori tutto quel nervosismo?

<<Sì...sì...subito, vostra maestà>>, mormorò la guardia, scattando sull'attenti ed affrettandosi a correre lungo il corridoio per giungere alla sala delle riunioni. 

Ben non potette evitare di sorridere, contento al suono delle parole che abbandonavano le labbra della regina di Arendelle. Non avrebbe mai immaginato di poter sentire il suo pensiero riflesso nelle parole di una persona che non fosse sua sorella, invece stava accadendo in quel preciso istante. Evie, seduta accanto ad Elsa, l'ascoltava con lo stesso sorriso e i due fratelli si lanciarono un'occhiata d'intesa.

<<Sono così felice di sentirvi dire queste cose, Elsa. Avevo bisogno di qualcuno che mi appoggiasse>>, disse il re. La donna scosse la testa, rivolgendogli un sorriso triste.

<<Purtroppo, gli altri membri del consiglio non apprezzano molto la mia persona, re Benjamin. Probabilmente, il semplice fatto che condividiamo lo stesso pensiero, che io vada ancora una volta contro di loro, non farà altro che farmi perdere quel po' di stima che provano nei miei confronti. Ho la sensazione che se entrassi in scena io, perdereste completamente il loro appoggio>>, spiegò lei. Ben strinse le sopracciglia, come se non avesse mai notato gli sguardi di odio che tutti rivolgevano alla donna dal cuore di ghiaccio e se ne rendesse conto per la prima volta. Evie sentiva che quelle parole erano state modificate, affinché omettesse il fatto che se la odiavano tutti era perché fosse una donna, una regina ancora non maritata e sicuramente per niente interessata a sposarsi. Erano tutti sconvolti al pensiero che per avere un erede al trono, dovevano aspettare Anna e Kristoff. 

Once upon a time(there was no happily ever after)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora