Sicuramente dovevano esserci dei fantasmi che si aggiravano tra quelle stanze, pensò Elisa, percorrendo il corridoio centrale dell'obitorio giudiziario. La gran parte dei corpi analizzati in quegli anni in quelle stanze erano deceduti per morte violenta, eppure Elisa percorrendo il corridoio non udì sussurri o presenze strane legate a un mondo immaginario di vendetta. Non vide movimenti nell'ombra, non ebbe sensazioni che le fecero rizzare i capelli in testa. Non c'era nulla oltre al ronzio del condizionatore che manteneva la temperatura tra i due e i tre gradi centigradi che si mischiava a quello dei neon accesi. Questo significava che tutte le anime che erano passate tra quelle stanze, comprese le sei che avevano portato poche ore prima, erano già trapassate nell'aldilà? Elisa ne dubitava. Non credeva nell'aldilà, aveva visto troppe atrocità commesse dall'uomo, molte delle quali in nome di una presunta religione, per credere in Dio. In qualunque Dio.
Aprì i doppi battenti delle due porte e entrò nella sala autopsie. Un tecnico stava sezionando con una sega elettrica un femore tenuto fermo in una morsa metallica. Indossava un camice bianco, guanti di lattice e una mascherina. Un altro tecnico stava analizzando, chino sul lettino metallico, il torace del primo bambino ritrovato che doveva avere circa dieci anni, nel tentativo di trovare qualcosa di significativo per il riconoscimento. Gli altri corpi erano chiusi dentro dei sacchi neri sistemati su altri tavolini messi uno accanto all'altro in attesa del loro turno. Ogni sacco aveva un numero di identificazione sopra. Quei corpi erano numeri in quel momento solo numeri non avendo trovato nulla che potesse dar loro la possibilità di abbinare un corpo a un nome.
Sapeva che la prima cosa che aveva fatto la polizia era stata quella di controllare tutte le denunce di scomparsa di bambini negli ultimi quattro anni in quella zona. Con grande sorpresa scoprirono che erano oltre cento. Cento in un raggio di circa cinquanta chilometri. Elisa non immaginava che scomparissero così tanti bambini nel mondo.
I sacchi numerati corrispondevano a quelli sul foglio che lei aveva in mano ed erano tutti scritti in ordine di ritrovamento. La prima anomalia la riscontrarono scavando la fossa numero tre. Quella fossa infatti, a differenza delle altre, conteneva soltanto il torso e una gamba, la testa e l'altro arto non erano stati ritrovati anche se gli scavi in quel bosco stavano continuando ancora, anche in quel momento. Il ragazzo dalla conformazione del torso sembrava essere quello di età maggiore rispetto agli altri, da un primo approssimativo esame fatto sul luogo, la muscolatura del tronco poteva appartenere a un ragazzo di circa sedici anni, ma avrebbero dovuto fare analisi mirate della struttura delle ossa per stabilire l'età esatta non avendo nemmeno la testa non potevano calcolarla dall'impronta dentaria.
Si avvicinò al tavolo autoptico e con un profondo sospiro prese il frangicoste iniziando ad asportare alcune piastre dello sterno, quel tanto che le serviva per poter esplorare la cavità toracica.
***
«Non ci sono altre orme oltre quelle del bambino» disse l'investigatore rivolto all'agente che aveva accanto. Nella neve fresca si vedevano solo piccoli passi.
«Le orme si dirigono verso il bordo e corrono lungo la terrazza per cinque, sei metri» rispose l'agente.
Erano all'ultimo piano di un palazzo di sei piani su una terrazza che si affacciava su una via secondaria.
L'investigatore si chinò guardando l'orma ancora fresca di una suola di gomma. La stessa suola che avevano gli stivali del bambino spiaccicato al suolo sei piani sotto di loro.
«Chi ha trovato il corpo?»
«Un vicino» l'agente guardò il blocchetto che aveva preso dal taschino «Michele Curso che abita al quinto piano» rispose «ha sentito un urlo e quando si è affacciato ha visto il piccolo a terra»
«Ha visto altro?»
«Niente»
«Come si chiamava il bambino?»
«Giuliano Manfredi» rispose l'agente «aveva undici anni»
L'investigatore si rialzò continuando a guardare quelle impronte «stava camminando poi arrivato a metà del terrazzo ha iniziato a correre vedi la, le impronte sono più distanti» indicando qualche passo più avanti.
«Questo cosa significa?»
«Non lo so forse voleva prendere la rincorsa e saltare sull'altro terrazzo» guardando il palazzo a qualche metro di fronte a loro «comunque era solo, qui ci sono solo le sue impronte oltre le nostre» sentenziò voltandosi per scendere le scale.
«Quindi è una disgrazia?» chiese l'agente scendendo con lui
«Purtroppo credo di sì»
«Come mai hanno mandato lei dell'investigativo?» chiese l'agente
«Non mi hanno mandato, ero in zona quando ho sentito la chiamata»
«Capisco, in effetti è arrivato in fretta, anche prima dell'ambulanza»
«Già»
Quando arrivarono per strada c'era un piccolo drappello di curiosi intorno al corpo, coperto da un telo, del piccolo Giuliano. Un altro agente cercava di tenere lontani i curiosi. Una donna piangeva stretta a un'altra donna che cercava di consolarla mentre in lontananza la sirena dell'ambulanza che sopraggiungeva diventava sempre più nitida.
«La mamma del piccolo e una vicina» disse l'agente avvicinandosi per non farsi sentire dagli altri
L'investigatore annuì avvicinandosi alle due donne «mi dispiace signora Manfredi, condoglianze» porgendo la mano con fare contrito. La donna allungò la mano in modo automatico stringendo quella dell'uomo.
«Sono l'ispettore Ricciardi e avrei bisogno di farle qualche domanda se, se la sente»
Lei annuì.
«Dov'era al momento della disgrazia?»
La donna si girò a guardare quel corpicino inerme steso a terra sotto un telo nero «sono uscita a fare un po' di spesa» rispose asciugandosi gli occhi e nello sguardo Ricciardi notò il fortissimo senso di colpa della donna.
«C'era qualcuno con Giuliano?»
«No, era a casa da solo» riportando lo sguardo sul giovane investigatore, per poi ricominciare a piangere subito raggiunta dall'altra donna che la strinse a sé «non vede che è distrutta?» le disse guardandolo con rabbia.
«Lei chi è?» chiese l'investigatore guardando la ragazza.
«Mi chiamo Anna Mancinelli e sono una vicina di casa oltre che amica» rispose risentita «e la signora Manfredi non è in grado di proseguire» aggiunse come a voler chiudere la conversazione.
«Capisco» rispose Ricciardi con un sospiro di rassegnazione «solo un'ultima domanda e poi vi lascio al vostro legittimo dolore» aggiunse
La signora Manfredi annuì.
«Come mai era a casa, non è giorno di scuola?»
«Non stava bene» rispose l'amica anticipando la madre «aveva attacchi di panico e forti crampi allo stomaco da alcuni giorni» continuò mentre la mamma del piccolo ricominciò a piangere.
L'investigatore annuì avvicinandosi ancor di più alle due donne «mi scusi se l'ho importunata e ancora condoglianze» posando una mano sulla spalla della madre.
L'ambulanza arrivò e i medici scesero sapendo però che ormai che non c'era più nulla da fare.
Il piccolo Giuliano Manfredi era precipitato dal terrazzo del sesto piano nel tentativo di saltare sul balcone del palazzo difronte.
© Dan Ruben
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INSIDE THE MIND
Mystery / ThrillerUna piccola cittadina di montagna dove non succede mai nulla, dove tutti si conoscono, dove la vita scorre sempre uguale. Un piccolo paradiso, il posto ideale dove provare a riprendere in mano la propria vita. Fino a quando... Una scoperta casuale t...