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Quando arrivò allo studio del dottore che aveva diagnosticato la patologia del piccolo Giuliano, stava quasi tramontando il sole. Francesco Gualtieri scese dalla sua vettura e attraversando la strada si avviò ad entrare nell'ambulatorio.

Lo psicologo, Osvaldo Blisleri, era uno stimatissimo professore di fama internazionale che si era trasferito nella loro cittadina solo tre anni prima. Spesso gli impegni e le conferenze alle quali era invitato lo portavano fuori dal paese per giorni interi, ma quando era presente il suo ambulatorio era sempre pieno.

Entrando la prima cosa che lo colpì fu la musica soffusa e rilassante che si diffondeva nelle stanze e il calore tenue di quelle mura che contrastava con il freddo gelido che c'era in strada. Un'infermiera alla reception gli sorrise amabilmente «buonasera ha un appuntamento?»

Francesco mostrò il distintivo «sono l'ispettore Gualtieri avrei bisogno di parlare con il dottor Bisleri»

La donna cambiò espressione diventando subito seria «al momento è in seduta con un paziente» cercò di essere gentile, poi abbassò leggermente la voce «la faccio entrare appena si libera» disse con un sussurro «ma solo se mi promette che è per pochi minuti» indicò la sala d'attesa «c'è già il paziente successivo che attende»

Gualtieri sorrise alla donna «le prometto che sarò velocissimo devo solo fargli un paio di domande»

Lei rispose al sorriso «si accomodi allora» indicando la sala «la chiamo appena il dottore si libera»

«Grazie»

Entrò nella sala e si accomodò su una sedia accompagnato da quella musica melodica e dal tepore che fuoriusciva dai termosifoni accessi.

L'uomo che era in attesa alzò gli occhi dalla rivista che aveva in mano e sorrise per poi ritornare a guardare la rivista.

Aveva sempre odiato le attese, stranamente percepì le stesse sensazioni di quando attendeva nello studio del suo avvocato. E ci aveva passato decisamente molto tempo in quello studio due anni prima, per risolvere la causa di divorzio con sua moglie. Clara lo aveva praticamente dissanguato trascinandolo davanti al giudice, non ne aveva voluto sapere di conciliazioni, di accordi pacifici, voleva la sua pelle e se l'era presa. Ancora non riusciva a capacitarsi di come non avesse realmente capito la vera indole della donna che aveva sposato. Eppure, i primi anni era stato felice con lei. Era stato davvero felice.

«Ispettore, può entrare» sorrise l'infermeria affacciandosi dalla porta e riportandolo alla realtà

«Grazie» si alzò e si avviò nello studio del dottore.

Bisleri era più giovane di quello che immaginava. Sulla cinquantina, brizzolato e di bell'aspetto, alto con un fisico che si intuiva sotto il camice bianco, aveva visto molte ore di palestra.

«Buona sera ispettore, cosa posso fare per lei?» gli andò incontro dandogli la mano

Aveva una stretta forte e decisa «buonasera dottore» ricambiando la stretta «la disturbo solo per un paio di domande»

«Prego si accomodi» indicando la sedia

«Grazie»

«Mi dica» sedendosi anche lui sulla sua poltrona

«Avrei bisogno di chiederle di un suo paziente»

Bisleri divenne serio «ispettore lo sa che sono legato da un vincolo»

«Si, si ma questo paziente purtroppo è morto in un incidente»

Bisleri sgranò gli occhi «chi?»

«Il piccolo Giuliano Manfredi»

Il medico annuì con la testa «si ho saputo della disgrazia» fece un profondo respiro «Giuliano era un bambino adorabile»

«Soffriva di acrofobia?» chiese Gualtieri

«Si una forte forma di acrofobia» confermò il medico

«Mi chiedevo, se lei potesse darmi una spiegazione sul perché si trovasse su quel terrazzo?»

«Mi sono posto anche io la stessa domanda ispettore» sembrò ricordare pensieroso

«E che risposta si è dato?» lo incalzò Gualtieri

«Sinceramente non saprei, spesso la mente umana è più complessa di quanto possiamo immaginare»

«Lei crede che Giuliano sia salito da solo su quel terrazzo?»

Bisleri lo guardò <<sta pensando che non sia stato un incidente?>> gli occhi attenti ad ogni piccolo dettaglio

«Non so cosa pensare, e l'unica cosa che voglio è la verità»

Il medico sospirò «no, lo vedo altamente improbabile» disse «la patologia di Giuliano era molto sviluppata, non sarebbe mai salito su quel terrazzo, sarebbe crollato a terra in preda a tremori appena ci avesse messo piede. Visto il vuoto sotto di lui sarebbe svenuto all'istante perdendo i sensi»

«Eppure era su quel terrazzo» "ed era pure solo" pensò con un senso di frustrazione.

«Purtroppo», ammise con conforto

«Secondo lei c'era qualcosa che poteva spingerlo ad affrontare quell'enorme fobia che aveva?»

Il medico sembrò pensarci su per qualche istante «solo una cosa avrebbe potuto spingerlo su quel terrazzo» disse alla fine

«Cosa?»

Bisleri lo guardò «una paura maggiore della sua stessa paura»

«Cosa intende?» chiese Gualtieri

«Il terrore» assentì guardandolo «solo quello poteva farlo salire su quel terrazzo» sospirò «qualcosa così terrificante per lui da non fargli nemmeno percepire i sintomi della patologia che aveva» si passò una mano sul volto «solo la paura avrebbe potuto spingerlo fin lassù» si convinse «una paura folle però, che annebbia la vista e che ha annebbiato la sua mente»

© Dan Ruben

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