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Quando l'auto svoltò l'angolo e si fermò a ridosso del marciapiede, ricominciò a piovere.

Francesco Gualtieri scese alzando il bavero del giaccone, indugiò qualche istante davanti all'ingresso del laboratorio guardando il palazzo, poi entrò.

La dottoressa Ricci lo aveva chiamato un'ora prima accennandogli ad una intuizione avuta. Visto che grazie a quella donna avevano trovato la grotta, Francesco prese il fascicolo di Giuliano Manfredi e andò da lei.

La trovò seduta alla sua scrivania che stava leggendo dei fogli

«Dottoressa» affacciandosi sull'uscio. La porta era aperta

Elisa alzò gli occhi dai fogli «ispettore» sorrise «prego si accomodi» indicando la sedia difronte a lei. A Elisa quell'uomo dava sempre l'impressione di essere... "sgualcito" pensò.

«Le ho portato il rapporto sulla morte di Giuliano Manfredi» disse sedendosi e posando il fascicolo sulla scrivania della donna «c'è anche il rapporto del coroner»

«Grazie»

Francesco la guardò, la donna aveva la faccia stanca e sembrava essere sul punto di crollare da un momento all'altro «al telefono mi ha accennato ad un'intuizione» chiese

«Si» rispose sistemandosi sulla sedia «magari non è nulla, ma parlando con Stefano il mio assistente ci siamo messi a fare alcune congetture»

«Mi dica» era interessato

«Il corpo numero tre è l'unico per cui l'assassino ha modificato il suo modus operandi»

«Si»

«Ci siamo domandati il perché, e l'unico motivo valido sembrerebbe essere quello che avremmo potuto riconoscerlo dall'arto e dalla testa amputati»

«Non capisco in che modo?»

«Mettiamo che il ragazzo avesse un tatuaggio o avesse subito un intervento»

«Giusto» confermò Gualtieri «però abbiamo il DNA del ragazzo e confrontato con quello dei genitori che hanno sporto denuncia ha dato esito negativo»

Lei sorrise «anche questo ci ha fatto pensare» continuò «è possibile che il ragazzo non provenga da nessuna famiglia?»

«In che senso?»

«C'è un orfanotrofio a una cinquantina di chilometri da qui a fondo valle» rispose lei

Gualtieri asserì "aveva ragione, era una possibilità" pensò guardandola. Poteva essere davvero un'ottima intuizione.

***

Quando si avviarono verso l'auto, aveva smesso di piovere ma tirava vento. Non un vento cattivo di quelli che scompigliano i capelli trasformandoli in un cespuglio. Era un vento piacevole anche se freddo, come quello che soffia sui ponti delle navi pensò Elisa prima di salire nell'auto di Gualtieri. L'ispettore aveva un viso serio e concentrato nella guida, notò lei, guardandolo. Doveva avere passato da poco i cinquanta e non doveva aver avuto una vita facile, gli occhi trasparivano dolore e il modo di ingobbirsi leggermente nelle spalle quando camminava, che aveva notato la prima volta che lo aveva conosciuto alla conferenza di presentazione, denotava una stanchezza della vita e in parte anche molta solitudine.

Avevano lasciato la cittadina mentre le luci della sera iniziavano a illuminarsi e si erano inoltrati seguendo la statale in direzione dell'orfanotrofio. Seguirono la statale costeggiando il lago fino ad arrivare dall'altra parte per poi risalire lungo una strada secondaria immersa tra gli alberi. Alla fine della strada, dopo circa tre chilometri, si apriva uno spazio tra gli alberi dove spiccava un edificio di quattro piani molto austero delimitato da muri alti con un cancello in ferro sul davanti.

Attraversarono il cancello e si inoltrarono lungo la stradina che portava davanti all'ingresso del palazzo.

Gualtieri fermò l'auto e si girò a guardare la dottoressa «facciamo anche questo tentativo» disse con un leggero sospiro

Elisa ebbe la sensazione che stesse facendo uno sforzo «qualcosa non va ispettore?» chiese

«No, è solo che conosco la superiora di questo istituto» accennò un sorriso forzato «suor Beatrice è davvero molto rigida e ho paura che non ci dica nulla senza un mandato» aveva seguito l'istinto e ora un po' se ne pentiva.

Elisa alzò le spalle istintivamente «ormai siamo qui, facciamo un tentativo» disse, notando al contempo un forte malessere nell'uomo.

«Si» rispose l'ispettore con un profondo sospiro aprendo la portiera.

Anche Elisa scese e fu subito investita dal vento freddo. Le luci basse nel cortile si illuminarono a costeggiare il sentiero e lei vide sull'enorme portone in legno la targhetta in bronzo con la scritta "Istituto Santa Teresa".

L'edificio sembrava vecchio, era una costruzione risalente a prima della Seconda guerra mondiale ristrutturata di recente almeno sul davanti ma di epoca antica.

«È molti anni che c'è questo istituto?» chiese all'ispettore

Francesco si girò a guardarla sembrava perso nei suoi ricordi «deve avere almeno cinquanta 'anni, forse di più» disse mentre si avvicinavano alla porta «da quando sono stato distaccato in questa zona, circa sei anni fa, sarà almeno la terza volta che ci vengo. Per questo conosco la superiora»

Elisa intuì che i due non avevano avuto un bel rapporto ma, anche se sembrava esserci altro, non fece ulteriori domande all'uomo «se preferisce posso provare a parlarci io» disse soltanto.

Gualtieri sorrise «no, non serve. Le chiedo solo, se dovesse servire, di fermarmi prima che perda le staffe»

Anche Elisa sorrise «saperlo portavo un'iniezione di tranquillanti» prendendolo bonariamente in giro prima di suonare il campanello dell'orfanotrofio.

© Dan Ruben

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