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Il corridoio dell'obitorio era lungo e buio, vi si accedeva attraverso una scala o tramite un ascensore visto che erano al piano seminterrato del palazzo. Le finestre strette e alte erano piccole e lasciavano filtrare pochissima luce da fuori e la stagione invernale fredda e grigia non aiutava a far riflettere la luce sui muri bianchi. Il risultato era che i locali, compreso il lungo corridoio, erano bui anche di giorno costringendo i neon sul soffitto a rimanere sempre accesi riempendo lo spettrale silenzio del luogo con il loro classico ronzio incessante. Era uscita, dalla stanza delle autopsie per una breve pausa, un caffè o qualunque cosa calda servisse a darle un minimo di forza in più. Erano almeno sei ore che non usciva da quella sala. Avevano sezionato già quattro corpi e in nessuno dei quali avevano trovato un qualche segno utile per un'identificazione. Quei corpi erano troppo piccoli per avere dei tatuaggi che potessero servire a farli risalire a un nome, nessuna operazione o interventi che potessero restringere il campo di ricerca, avevano solo prelevato il DNA di ognuno di loro sperando di riuscire ad abbinarlo a qualcuno dei bambini scomparsi tramite i genitori, ma poteva anche esserci la possibilità che non ci fosse nessuna denuncia di scomparsa. Certo era molto remota, ma in un paese dove il tasso di povertà continuava a salire tutto era possibile, anche che bambini piccolissimi venissero abbandonati al loro destino.

Sospirò. Non avevano ancora nulla in mano, potevano solo fare affidamento alla scienza in quel momento, a ciò che sapevano e che conoscevano sperando che questo servisse a trovare l'assassino. Avevano stabilito con chiarezza che i corpi analizzati fino a quel momento avevano tutti la medesima causa di morte: dissanguamento. Piccoli tagli si evidenziavano alle arterie periferiche lasciando però l'aorta intatta. Questo significava che quei bambini erano morti per shock emorragico dopo alcune ore di agonia. Elisa sapeva che in un adulto normale la quantità di sangue in circolo variava tra i 4,5 e i 5,5 litri di sangue. Quando in un corpo umano la perdita di sangue cominciava ad aggirarsi intorno al litro e mezzo, iniziavano i primi malesseri come senso di vertigini, astenia, sete, tachicardia. Quando si arrivava a due litri il corpo veniva percorso da brividi continui di freddo e in pochissimo tempo sopraggiungeva la perdita di conoscenza. Ma c'era qualcosa che la tormentava, qualcosa di atroce che le procurava fitte di dolore allo stomaco, avevano trovato tracce di un cocktail di farmaci nel sangue e nei tessuti molli ancora presenti. Disopiramide e Atenololo, farmaci che servivano a ridurre il battito cardiaco abbassando contemporaneamente la pressione sanguigna. Quel folle psicopatico rallentava volontariamente il dissanguamento per farli morire ancora più lentamente.

Si accasciò sulla panca di ferro vicino alla macchinetta del caffè sentendo le budella contorcersi.

Chi poteva essere così malato da restare a gustarsi la lenta agonia di un bambino che muore lentamente?

***

L'ispettore Massimo Ricciardi era seduto, in attesa, davanti al capo della polizia Antonio Ambrogi che stava leggendo con attenzione un fascicolo. Nella stanza regnava un silenzio quasi mistico a differenza della confusione che vigeva nel commissariato in quelle ore. Il macabro ritrovamento di quei bambini aveva messo tutti in agitazione. Ambrogi era un uomo di sessant'anni con molta esperienza e un ottimo stato di servizio.

Dopo alcuni minuti, Ambrogi alzò lo sguardo sull'ispettore «da quanto tempo sei in questo commissariato?»

«Due anni» rispose prontamente Ricciardi.

«Hai un ottimo stato di servizio e la recente risoluzione del caso Corelli grazie all'intuito che hai avuto mi ha molto impressionato»

Ricciardi si mosse leggermente sulla sedia «grazie» era decisamente a disagio. Non aveva mai amato i complimenti nemmeno quando sapeva di meritarli e in quel caso, lui lo sapeva, aveva solo avuto un colpo di fortuna. Un colpo di fortuna che gli era valso la foto in prima pagina del giornale locale: "L'intuizione dell'ispettore Ricciardi risolve il caso Corelli..." e filmati in tutti i notiziari televisivi.

«Hai sentito di quei bambini?» chiese il capo della polizia sistemandosi contro la spalliera della poltroncina.

«Non si parla d'altro in commissariato» rispose

«Ho ricevuto forti pressioni dal ministero, bisogna risolvere questo caso prima che la stampa crei una psicosi»

«Già» non capiva perché gli stesse raccontando quelle cose.

«Dalla capitale» continuò il capo «ci hanno mandato un medico esperto nel campo, molto preparato e io ho deciso che tu ti affiancherai alla squadra che sta indagando»

Ricciardi si tirò su leggermente, quella sedia stava diventando improvvisamente scomoda «la squadra investigativa è già al completo» non voleva creare problemi ai colleghi, lui era l'ultimo arrivato.

«Lo so ma ho bisogno di gente dalla mente fresca e che abbia intuito, non voglio che questo caso ci sfugga di mano o che si dica che non siamo in grado di gestirlo» l'uomo si piegò sulla scrivania spingendo un fascicolo verso l'ispettore «qua hai tutte le informazioni che ti servono» disse «almeno le poche che abbiamo al momento» sussurrò poi rialzandosi contro lo schienale.

«Io non ho esperienza in questo genere di omicidi seriali» disse.

Il capo della polizia indicò la cartelletta «lo so, conosco il tuo stato di servizio, ma come ti ho già detto ho bisogno di gente dalla mente brillante per quest'indagine e tu hai già dimostrato di averla»

Ci fu un istante di silenzio, poi Ricciardi annuì e prese la cartelletta «da dove inizio?» chiese.

«Vai a presentarti all'ispettore Gualtieri è lui che dirige la squadra, l'ho già avvisato del tuo arrivo, farai riferimento a lui per ogni cosa»

Massimo Ricciardi si alzò dalla sedia intuendo che la conversazione era finita.

«Buon lavoro ispettore» sorrise Ambrogi dietro la scrivania.

«Grazie signore» voltandosi con il fascicolo tra le mani per uscire da quella stanza.

© Dan Ruben

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