25

202 41 30
                                    

Elisa sedeva accanto a Massimo sul piccolo divanetto del suo salotto. La cena a base di pizza era stata decisamente rilassante e per diversi minuti aveva eliminato Willy dalla sua mente. Si sentiva bene, come non si sentiva da tempo. Lanciò un'occhiata a Massimo, provando una sensazione di inesplicabile contentezza. Non aveva idea di quali fossero i suoi reali sentimenti verso quell'uomo, ma aveva capito che, al di là dei primi segni di una nascente attrazione, lui la faceva stare bene. Non era sicura se il suo fosse più un bisogno di cercare sicurezza in un momento di crescente tensione o se davvero quell'uomo stava cominciando a piacerle, ma a quel punto della serata non aveva più senso farsi ancora troppe domande. Era stanca, sotto pressione e aveva solo voglia di lasciarsi andare abbandonandosi tutto alle spalle. Almeno per qualche ora.

«Vorrei che potessimo rimanere così per sempre» disse lei con un sussurro

«Intendi sul divano?» sorrise lui

«Intendo spegnere l'interruttore e dimenticare tutta la follia che ci circonda»

«Ti capisco» alzò il braccio per posarlo sulle spalle di lei e stringerla a sé «forse per sempre così no, ma potremmo...» esitò

«Potremmo cosa?» lo incalzò Elisa

«Nel senso...» si avvicinò ancor di più a lei «potremmo prolungare questo momento» allusivo. Si era piegato leggermente per posizionarsi vicinissimo al viso di lei «magari per tutta la notte» sussurrò.

«Ho solo un letto in questo appartamento» rispose Elisa provocandolo «e non è nemmeno molto grande»

«Pensavo che potremmo stringerci un po'»

«Ispettore mi sembra che lei stia arrossendo» lo prese bonariamente in giro

«Tutta colpa della birra» rispose Massimo stando al gioco

Elisa si girò verso di lui inclinando leggermente il viso «vedo che è sempre molto deciso ispettore» affermò con un sorriso. Erano vicinissimi.

«Sempre, quando qualcuno mi piace» sussurrò lui mentre socchiudeva le labbra per baciarla.

***

Mentre fuori il vento freddo continuava a sferzare sui vetri chiusi della finestra, Gualtieri leggeva attentamente il monitor prendendo appunti. L'agente Tommasi con le dita sulla tastiera faceva scorrere le immagini e le notizie. Avevano cercato in rete tutte le informazioni pubbliche su Osvaldo Bisleri psicologo di fama internazionale. Il medico, dopo aver prestato servizio nei più grandi e rinomati centri ospedalieri della nazione, era ritornato, da pochi anni, nella cittadina dove era nato cinquant'otto anni prima, ma non aveva smesso di esercitare la professione e di partecipare a simposi sulla psicologia. Sembrava aver rallentato le sue attività, ma continuava però ad essere attivo anche sui social. Una cosa che Gualtieri non riusciva proprio a fare. Una volta aveva provato ad aprire un profilo Facebook, ma dopo un po' non sapeva cosa scriverci e soprattutto non capiva a chi potesse interessare quello che lui avrebbe pubblicato. La sua avventura in rete era durata meno di un anno, alla fine aveva chiuso tutto e aveva ripreso in mano la sua matita e il suo blocco per gli appunti.

Bisleri viveva da solo appena fuori città in una piccola villetta ereditata dai suoi genitori. Sembrava essere tutto in ordine, sembrava non esserci nulla che non andasse in quello che stavano leggendo, a tal punto da far pensare a Francesco di aver preso un abbaglio fino a quando Tommasi non accennò ad un piccolo possedimento di terra intestato al medico, poco distante dalla grotta dei sacrifici umani che avevano trovato.

«Sei sicuro che appartenga a lui?»

«Ho appena visto i registri del catasto» rispose l'agente «era dei suoi genitori ed è rimasto a lui dopo la loro morte»

«Cosa c'è?»

«Sembra nulla, almeno non risulta niente oltre un vecchio casolare dismesso» rispose l'agente «dal catasto risulta essere abbandonato»

Gualtieri iniziò a passeggiare per la stanza mentre Tommasi lo guardava perplesso.

«Devi farmi una ricerca» disse l'ispettore «cerca in tutte la città dove ha vissuto se ci sono episodi di bambini morti in circostanze strane»

«Pensa che possa essere Willy?» chiese Tommasi

«Non lo so ancora, ma era il medico di Giuliano, andava all'orfanotrofio e quindi conosceva Fabio sicuramente e ora scopriamo del terreno vicino alla grotta» si fermò di fronte all'agente «non sono certezze, ma sono tutti indizi che non possiamo ignorare»

L'agente asserì iniziando a muovere le dita sulla tastiera.

«Eri di pattuglia stasera?» chiese Gualtieri

«Si ispettore, dovevo uscire con Maffei»

«Non esci più, resta lì seduto e finiscimi questa ricerca» ordinò Francesco «vado io di pattuglia con Maffei»

Tommasi alzò lo sguardo sull'ispettore «ma lei ha già finito il turno?»

Era vero avrebbe dovuto essere a casa da più di due ore «non preoccuparti, tu finisci questo lavoro» rispose Gualtieri.

Tanto a casa non aveva nessuno ad aspettarlo.

© Dan Ruben

INSIDE THE MINDDove le storie prendono vita. Scoprilo ora