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Si svegliò nel cuore della notte di soprassalto con l'impressione di non essersi nemmeno addormentata. Aveva i capelli incollati dal sudore sulla fronte nonostante il freddo. Automaticamente ancora sconvolta dal brutto sogno che aveva fatto si allungò verso il comodino per accendere la luce. Un'ombra sinistra la fece spaventare, non era ancora abituata a quella stanza. Fu colta da un leggero attacco d'ansia e corse in bagno. Era da tanto che non faceva più incubi. In realtà sapeva che si sogna in continuazione, quando la notte spegne i riflettori della coscienza razionale, la mente è più libera di portarci dove vuole, ma lei non li ricordava e dava per scontato che fossero bei sogni, visto che invece gli incubi la svegliavano sempre di soprassalto. Aveva letto che in una notte si accumulano più di un'ora e mezza di sogni. Tirò lo sciacquone. Il sapore di menta del collutorio che aveva usato qualche ora prima ancora lo sentiva in bocca. Uscì dal bagno con ancora l'ansia che le riempiva il petto, non poteva tornare a letto, sapeva che non sarebbe riuscita a dormire. Elisa vagò per la stanza del piccolo appartamento che le avevano assegnato. Si sedette sulla poltrona della sala accendendo il cellulare per controllare messaggi e chiamate. Smanettò svogliatamente per qualche minuto poi accese il piccolo televisore, quell'incubo ancora la perseguitava nonostante ormai fosse sveglia. Con l'audio abbassato fissava lo schermo distratta, avrebbe voluto tornare al laboratorio per continuare le ricerche, ma era notte inoltrata e aveva bisogno di riposo. Sorrise ironica, riposo, se solo non avesse sognato. Assorta nel buio della stanza fissava le immagini della televisione senza neanche vederle. In realtà fissava lo schermo ma nella sua mente vedeva il frammento di pelle trovato da Stefano e che stavano analizzando. Con l'occhio della mente vide la doppia catena del DNA che si spiegava su un campo di battaglia come fosse una bandiera. Si alzò avvicinandosi alla finestra, forse una sferzata di aria gelida l'avrebbe fatta riprendere. Doveva liberare la mente anche solo per qualche ora, doveva approfittare per recuperare le forze. Aprì la finestra e guardò la strada sotto di lei. Maledizione, anche la luce riflessa dei lampioni le sembravano catene di DNA, possibile che non riuscisse a staccare la spina? Batté le palpebre più volte, poi chiuse gli occhi inspirando aria fredda nei polmoni per qualche secondo, cercando di regolare il respiro. Quando li riaprì i lampioni riflettevano una luce giallastra sull'asfalto umido. Sorrise forse aveva cancellato quelle visioni.

Chiuse la finestra e si avviò a ritornare a letto. Tra meno di due ore sarebbe sorto il sole e lei aveva ancora bisogno di riposare. Ma non fece in tempo ad arrivare alla stanza che si bloccò improvvisamente. "Pipistrelli" pensò colta da un'improvvisa folgorazione e istintivamente ritornò verso la poltrona del salotto in cerca del suo cellulare.

***

Era quasi mezzogiorno, i raggi del sole illuminavano la cima della montagna alle spalle della cittadina. Era il primo sole dopo una settimana di pioggia e neve e sembrava dare una luce nuova alle strade e alle case tristi di un inverno grigio. Il fuoristrada della polizia correva verso la statale pronto ad inoltrarsi verso la cima della montagna, al suo interno il silenzio sembrava opprimente. Massimo, sul sedile posteriore, guardava fuori dal finestrino il lento scorrere del paesaggio gustando i raggi caldi del sole che filtravano dal vetro. Appena si fosse conclusa quella vicenda avrebbe chiesto qualche giorno di ferie, quel caso stava diventando decisamente complesso.

"Anche se questo caso può diventare quello della svolta della mia carriera" pensò continuando a guardare fuori. Dopotutto non aveva scelto di diventare uomo di legge per rimanere nell'anonimato, tutt'altro. Massimo era fermamente convinto che trovare il proprio posto nella vita fosse l'unica cosa che contasse davvero. E lui era sicuro del posto che occupava nello schema delle cose. Se non fosse stato così non sarebbe riuscito a dormire sonni tranquilli, e lui dormiva sempre profondamente.

Il gracchiare improvviso della radio di servizio lo riportò alla realtà

«Bisogna chiamare la scientifica» la voce che arrivava dal microfono era agitata e gracchiava leggermente «c'è sangue dappertutto» continuò l'agente tremando in modo incontrollato

«Stiamo arrivando, non toccate nulla» disse con tono autoritario l'ispettore Gualtieri. Massimo ne aveva riconosciuto la voce

«Dov'è l'ispettore?» chiese all'autista guardandolo dallo specchietto

«Un paio di chilometri davanti a noi» rispose l'agente che era alla guida senza togliere lo sguardo dalla strada «è insieme alla dottoressa Ricci e al suo staff»

Il fuoristrada imboccò sgommando leggermente la stradina che si inerpicava tra gli alberi e saliva fin sopra la montagna, in basso si intravedeva la sagoma allungata del piccolo lago ghiacciato. Quando lo avevano trasferito in quel commissariato nella primavera di due anni prima ci aveva anche fatto il bagno in quelle acque. Era agosto ed era appena tornato dalle vacanze. Non aveva preso bene quel trasferimento, una cittadina sperduta alle pendici della montagna non gli avrebbe dato la giusta possibilità di crescita, pensava che il massimo delle indagini che avrebbe fatto sarebbero state inerenti al furto di qualche gallina. Invece il ritrovamento di quel cimitero stava facendo diventare quell'indagine la più grossa e complicata alla quale avesse mai partecipato, sapeva che a breve quella piccola cittadina sarebbe diventata il centro nevralgico di tutti gli organi di stampa. A breve, ne era certo avrebbero visto camper di giornalisti provenire da tutta la nazione. Se avesse saputo giocarsi bene le sue carte, questo si sarebbe annunciato come il caso della sua vita, la svolta definitiva alla sua carriera.

Il fuoristrada si fermò alla fine del sentiero. Alcune auto erano già ferme e degli agenti delimitavano la zona impedendo il proseguo a chiunque non fosse autorizzato.

Scesero e si incamminarono lungo il sentiero tra zone d'ombra e spicchi di sole che filtravano tra i rami degli alti alberi.

«In fondo» disse un agente indicando davanti a loro

Continuarono a camminare in quel sentiero ghiacciato tra rami e massi.

Ci vollero diversi minuti prima di arrivare all'ingresso semi nascosto di una grotta. C'erano degli agenti fermi davanti a loro.

«Tenga ispettore» un agente gli passò una torcia

L'accese e facendosi spazio si inoltrarono in quell'angusto buco nero illuminato dalle torce che tenevano in mano i cui raggi di luce si allungavano contro le pareti di roccia.

L'olezzo di umido si mischiava a quello strano odore gassoso tipo metano e magnesio caratteristico dei corpi in putrefazione.

Più si inoltravano più diventava persistente al punto che dovettero mettersi un fazzoletto davanti alla bocca per proseguire.

Il cunicolo sempre più stretto e buio improvvisamente svoltava a destra e si apriva in uno spazio immenso dove Massimo riconobbe tra gli altri Gualtieri e Ambrogi fermi sull'ingresso ed Elisa con la sua equipe che, all'interno, stavano prelevando dei campioni.

Un enorme masso pieno di macchie di sangue faceva mostra al centro di quello spazio vuoto. Sembrava essere stato una specie di altare sacrificale, tutt'intorno anelli di ferro inchiodati alle pareti distanziati di qualche metro l'uno dall'altro con delle catene che toccavano quasi terra.

Sentì salirgli un conato di vomito che a stento trattenne in gola.

Avevano trovato la stanza dei sacrifici.

Era lì che dissanguava le sue vittime.

© Dan Ruben

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