17. Come diavolo sai dove vivo?

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JIMIN

Rimasi abbracciato a Hobi, lasciandomi cullare dalle sue braccia, per svariati minuti, quasi fiero di me stesso per essere finalmente riuscito a raccontare tutta la mia storia a qualcuno.

"So che queste parole non ti aiuteranno per niente, ma...mi dispiace per quello che hai dovuto passare" mi disse dopo un po', passandomi una mano tra i capelli per togliermeli da davanti agli occhi.
Io rimasi in silenzio, non sapendo cosa avrei potuto rispondere ad un'affermazione del genere.

"Ora hai un rapporto diverso con il cibo, vero? Nel senso, stai bene?" mi chiese notando il mio silenzio.
"Più o meno" mormorai io in risposta, spostando lo sguardo verso le scale alle mia destra per non incrociare il suo sguardo.

"Che vorrebbe dire?" mi domandò lui subito preoccupato, prendendomi per il mento e girandomi la testa in modo che lo guardassi.
"Che...ogni tanto adesso ho il problema opposto. Nel senso che non riesco a mangiare e quindi finisco per digiunare anche per giorni. Ma è una cosa sporadica che mi succede solo quando mi si stravolge la vita. Non è un problema serio" risposi meccanicamente, usando le parole che mi ero già preparato da anni nel caso qualcuno mi avesse chiesto questa cosa.

"Un disturbo alimentare è un problema serio, Jimin" mi disse lui in tono serio, guardandomi con un'aria seriamente dispiaciuta.
Peccato che l'unica cosa che vidi io nei suoi occhi fu la pietà...gli facevo praticamente pena...

"Non ho un disturbo alimentare, Hobi. Non sono abbastanza magro per averne uno".
"Ma ti senti quando parli? Stai sentendo le cazzate che stai dicendo?" mi chiese in tono di nuovo arrabbiato, mettendomi quasi in soggezione.
Io non riuscii a dire niente, così rimasi lì a guardare la parte di fronte a me, consapevole che forse un piccolo problema lo potevo avere.

"Perchè lo fai, mh? Perchè in questi periodi non riesci a mangiare?" mi domandò dopo un po' in tono completamente diverso, quasi materno.
"Perchè me lo stai chiedendo?".
"Perchè voglio capire...e perchè sei mio amico".

Io lo guardai con un po' di malinconia, prendendo un bel respiro ed iniziando a parlare poco dopo.
Dio, quello stava diventando il giorno delle confessioni...

"Principalmente il motivo è sempre lo stesso. Quando inizi a dare un valore affettivo al cibo fin da bambino...poi questa cosa persiste nel tempo.
Semplicemente quando qualcosa va male è come se io sentissi che la colpa di tutto quello che è successo fosse mia. E, proiettando questo sul cibo, finisco per non mangiare o il mio corpo finisce per rifiutare quel cibo.
Nessuno se n'è mai accorto, per questo non ho mai affrontato questa cosa.
Sfodero un sorriso e tutti credono che io stia bene. Quello che non sanno è che dietro questo sorriso finto c'è una storia che non riuscirebbero mai a capire.
Nessuno riuscirebbe a capire che ogni pensiero è una lotta continua e che ogni respiro è una guerra.
Nessuno riuscirebbe a capire che, ogni volta che mi ritrovo senza pensieri in testa, essi ricadono automaticamente sul cibo e su quello che ho passato per quello che mangiavo".

"E se, invece, qualcuno riuscisse a capire?" mi chiese in tono compassionevole alla fine delle mie parole.
"Stai parlando di te?".
Lui annuii leggermente, quasi con aria imbarazzata, chiedendomi poco dopo: "Ogni quanto ti succede?".
"Te l'ho detto prima: se la mia vita va bene il mio rapporto con il cibo è come quello di qualsiasi altra persona. Il problema è quando le cose vanno male...
E, sfortunatamente, non posso controllare la mia vita" gli risposi in tono serio, ben sapendo che quella fosse la cosa più vera che avessi detto fino a quel momento.

Forse perchè esprimere come mi sentivo a parole era più difficile del previsto...

Lui rimase in silenzio, aprendo di nuovo le braccia per farmici tuffare dentro.
Rimanemmo lì per qualche minuto, senza dire alcuna parola. Ma, effettivamente, forse avevamo parlato già troppo...

"Hobi, ti prego: non dire a nessuno dei nostri amici tutto questo" gli dissi dopo un po', guardandolo con un po' di circospezione.
"Perchè non vuoi che si sappia chi eri o perchè non vuoi che si sappia dei tuoi attuali problemi?".
"Penso entrambe" gli risposi sinceramente, slegandomi dal suo abbraccio e dirigendomi in cucina per bere un bicchiere d'acqua.

"Io non dirò niente, ma Jimin, ti prego, non rinnegare quello che eri. Ti ha fatto diventare quello che sei oggi e ti ha fatto scoprire quanto ami la danza" mi disse lui subito dopo, alzandosi e posandosi sul tavolo in cucina.

Io annuii lentamente, ben sapendo, però, che le sue parole non mi avevano toccato più di tanto visto che l'unica cosa che volevo fare era fare finta che quel ragazzino goffo non fossi io.

"Mi stavo domandando una cosa...Jungkook non ti ha riconosciuto?" mi chiese dopo un po', facendomi, di nuovo, ragionare su quel particolare.
"Sembra di no...e non sono andato a dirgli io che sono quel ragazzino per protezione personale" gli risposi con semplicità, bevendo, poi, un sorso di acqua dal bicchiere.

"Tu...ci sei già cascato di nuovo, vero?".

Io sbarrai gli occhi, colpito dal tono sicuro e deciso con cui me l'aveva chiesto.

"Sinceramente non penso sia mai finita. Nel senso, a Taegu mi continuavo a dire che non uscivo con nessuno perchè non era quello giusto, ma...la verità è che, per quanto fossi distante chilometri da Jungkook, non l'ho mai dimenticato e non ha mai smesso di piacermi" gli dissi con aria allo stesso tempo incazzata e disperata.
"Che farai adesso?".
"Non lo so. Da un lato vorrei dire che lo cancellerò dalla mia vita e che il bacio di oggi è stato solo un errore, ma, dall'altro, spererei che si presentasse a quella porta dicendo che mi ha baciato perchè vuole qualcosa di serio da me. Peccato che, conoscendolo, le cose serie non fanno per lui..." gli dissi in risposta, indicando la mia porta con l'indice non appena arrivai a quella parte della risposta.

"Fai quello che ritieni più giusto, non ti giudicherò. Anche perchè, dopo essere stato per tre anni con il mio insegnante di danza, non sono nella posizione di poter giudicare. Però, per favore, non farti fregare" mi pregò lui a mani unite, dicendo, dopo una mia risata, che era il caso che andasse a casa, visto che erano già le undici di sera.

Io annuii, accompagnandolo alla porta e salutandolo prima di richiuderla dietro di lui.
Rimasi seduto sul divano per un po', pensando a quello che avevo appena confessato a Hobi su tutta la mia vita.
E, non so perchè, mi sentii estremamente più leggero...

Mi ero praticamente appisolato sul divano quando sentii il campanello di casa mia suonare.
Mi grattai un po' gli occhi, cercando di svegliarmi, dirigendomi, poi, verso la porta di casa, chiedendomi chi potesse essere a mezzanotte inoltrata.

"Ciao" disse la persona davanti a me in un tono completamente diverso da quelli che gli avevo sentito usare fino a quel momento.

"Come diavolo sai dove vivo?" risposi solamente io in tono sconvolto, pensando che, forse, avevo fatto male a desiderare che Jungkook si presentasse alla porta di casa mia poco più di un'ora prima.

SPAZIO AUTRICE:

Grazie per le 2000 letture. Vi adoro tutti✌🏻❤️.

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