47. E non era già finita?

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HOSEOK

Quando mi svegliai non realizzai subito di non essere nella mia camera d'albergo.
Iniziai a stiracchiarmi con calma, rendendomi conto di ricordare ben poco della sera prima e cercando il telefono sul comodino vicino al letto.

Fu solo quando toccai ripetute volte l'aria che mi girai con un'aria seccata dipinta in faccia, notando non solo il fatto che il comodino che ero sicuro ci fosse stato non c'era, ma che, anche, Lee Minjun era seduto di fronte a me e mi stava guardando ridendo.

Iniziai a fare mente locale due secondi dopo aver sbarrato gli occhi, riuscendo a ricordarmi solo ed esclusivamente del fatto che la sua buonanotte della sera precedente continuava a risuonarmi nelle orecchie.

Mi misi seduto sul letto, cercando di non fare caso al dolore martellante alla testa e facendo di tutto per non incontrare il suo sguardo.
Ci misi una cosa come tre secondi per rendermi conto che ero mezzo nudo, decidendo, quindi, di coprirmi immediatamente con la coperta.

"Vuoi questa per caso?" mi chiese Minjun in tono quasi divertito, lanciandomi la camicia che avevo indosso la sera prima sul letto.
La presi con cautela, appurando di dar la schiena a Minjun nel mentre che la indossavo.

Solo dopo questo gesto mi alzai con aria sbrigativa dal letto, mormorando che dovevo andare, il tutto, ovviamente, per sfuggire a quella situazione stretta ed imbarazzante.

"Non ti lascerò andare via così facilmente. Non senza che ti possa parlare, prima" mi disse qualche istante più tardi, prendendomi il polso con una mano e non lasciandolo andare fino a quando non mi girai ed incontrai il suo sguardo quasi supplicante.
"E di cosa mai dovresti parlarmi, Minjun?" gli domandai con astio, riportando il mio braccio vicino al mio corpo in modo che lui non mi potesse più toccare.

"Io...non ho mai smesso di amarti, Hobi" sussurrò lui dopo qualche secondo, quasi all'improvviso, facendomi sbarrare gli occhi ed allontanarmi a grandi falcate da lui il più velocemente possibile.
"Non mi dici niente?" mi chiese Minjun solamente, avvicinandosi, di nuovo, a me a passi molto più piccoli dei miei.

"Come pensi che potrei anche solo credere a queste parole dopo tutto quello che hai fatto? O, meglio, non hai fatto?" gli risposi in tono amaro, iniziando a scuotere con insistenza la testa.
"Mi dispiace di non averti più nemmeno scritto un messaggio. Ma...mi sentivo talmente in colpa per tutto quello che era successo che credevo che sarebbe stato meglio per entrambi prendere una "piccola pausa".
Poi, però, i giorni sono diventati settimane su settimane ed io non ho trovato il coraggio di farmi vivo, pensando, anche, che magari tu, nel frattempo, avresti potuto esserti trovato qualcuno di meglio dell'insegnante di danza che non è riuscito a resistere ad un suo allievo appena maggiorenne" mi spiegò con un tono pieno di sensi di colpa, riuscendo a rialzare lo sguardo e riposandolo su di me solo al termine di tutte queste parole.

"Non dovevi decidere tu di farci "prendere una pausa". Soprattutto a novecento chilometri di distanza" gli risposi in tono arrabbiato, incrociando le braccia al petto e cercando di guardarlo con aria di superiorità.
"Lo so. Me ne sono reso conto esattamente l'altro giorno quando, guardando quella crew provare sul palco, mi sono detto: "Dio, questo balla esattamente come Hobi".
E, poi, mi sono accorto che eri veramente tu...
Inutile dire che mi è come sembrato che l'ultimo anno non fosse mai trascorso e che fossimo ancora a Busan ed ancora insieme.
Hobi...lo so che ho sbagliato. E tanto anche. Ma, ti giuro, che da quando sono qui in Giappone non sono stato con nessuno perchè l'unica persona che volevo anche solo sfiorare eri tu.
E lo sei tuttora.
Ti prego, dammi un'altra possibilità" mi pregò quasi a mani congiunte, scatenando una moltitudine di pensieri dentro di me.

Perchè, dopo aver desiderato di sentire quelle parole per mesi, in quel momento che me le ero ritrovate davanti non riuscivo a far altro che pensare che fossero solo cazzate.

Eppure il mio cuore, per quanto volessi far finta di niente, voleva credere tantissimo a quello che le mie orecchie avevano appena percepito.
Forse, dopotutto, direi che non mi erano molto "passati" i sentimenti per Minjun come avevo detto qualche mese prima a Jimin. E, sempre forse, i sentimenti che credevo di provare per quest'ultimo erano solo un tappo per la ferita ancora aperta che mi aveva causato Minjun quando era andato in Giappone...

"Quindi Hobi?" mi chiese lui dopo un po', notando il fatto che fossi rimasto in silenzio.
"Quindi...a me piace un'altra persona" risposi in preda dal panico, non sapendo che altro avrei potuto inventarmi in quel momento vista la confusione nella mia testa.

"Fammi indovinare: è il biondino che balla con te, vero?" mi domandò lui in tono quasi seccato, alzando poco dopo gli occhi al cielo.
"Quel "biondino che balla con me" ha un nome, sai?".
"Non mi interessa, sinceramente. Lui lo sa?".

Iniziai a scuotere la testa, ricordandomi, solo in quel momento, del fatto che, in realtà, Jimin ormai lo sapeva benissimo. E, oltretutto, perchè glielo avevo raccontato da ubriaco...

Mi feci prendere dal panico, iniziando ad imprecare tra me e me mentre mi insultavo visibilmente e mi dirigevo verso la porta per raggiungere Jimin e spiegarmi il prima possibile.

"Se esci da quella porta adesso, senza aver finito questo discorso con me, tra di noi è veramente finita" mi avvisò Minjun nel preciso istante in cui posai la mano sul pomello della porta per aprirla.
"E non era già finita quando tu sei venuto qui e mi hai ignorato per un anno?" gli risposi in tono ferito, esternando nel mio tono di voce, per la prima volta da quando lo avevo rivisto, cosa realmente sentivo ogni volta che l'avevo visto in quei giorni.

"Quindi vai da lui?".
Annuii lentamente con la testa, abbassando lo sguardo verso il pavimento per non incontrare più il suo sguardo quasi deluso.

"Allora...ciao, Hobi" mi disse con tranquillità, come se ci fossimo dovuti rivedere meno di un'ora più tardi.
"Perchè non lo stai dicendo con un tono d'addio?" gli chiesi in tono confuso, non riuscendo a capire l'incoerenza dei suoi gesti.

"Perchè, infatti, non è un addio. Ti prometto, su quello di più importante che ho, che tornerò in Corea e che sarà di nuovo tutto come prima".
"Ho imparato che non devo fidarmi delle tue promesse" dissi solamente, aprendo, poi, la porta e dirigendomi automaticamente verso l'ascensore per, poi, percorrere tutto il corridoio del piano delle nostre camere fino ad arrivare davanti a quella di Jimin.

Bussai a quella porta con estrema calma e tentando di prendere dei respiri profondi, sperando di non aver ancora perso definitivamente una delle persone migliori che sono capitate nella mia vita.

SPAZIO AUTRICE:

Altro capitolo per Hobi giusto per informarvi della sua storyline con Minjun✌🏻👀.

Detto ciò, spero che vi sia piaciuto e vi auguro buona giornata.
Tanti bacini da parte mia❤️.

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