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Respiro.

A malavoglia i due ragazzi tornarono al tavolo, cercando di capire cosa fosse accaduto fra i loro migliori amici che avevano perso di vista.

Si erano alzati con l'intento di fargli chiarire, ma avevano finito con il parlare l'uno con l'altro, senza prestare minimamente attenzione a loro.

Rimasero in quel localino per un'altra mezz'ora circa e Yoongi continuava a guardare incredulo il minore di fronte a sè ridere e scherzare.

Riusciva ad illuminare tutti i presenti con il suo sorriso e la sua risata, come se la cherofobia in lui non fosse mai esistita; sembrava un normale ragazzo.

Il suo sorriso non pareva forzato, aveva l'impressione di essere genuino, di sprizzare felicità da tutti i pori; ma al maggiore ciò proprio non quadrava.

Quando gli occhi del biondino si chiudevano in quelle mezzelune splendenti e i suoi denti venivano allo scoperto, il menta gelava, quasi si trasformasse improvvisamente in un blocco di marmo.

Era una delle visioni più celestiali che avesse mai visto, qualcosa di inestimabile che mai avrebbe scordato; eppure, in cuor suo, sapeva che tutto ciò fosse una finzione, una maschera alzata dinanzi a Jungkook per difendere sè stesso.

Davanti al corvino si trasformava magicamente in un'altra persona che, seppur con un sorriso splendido da sciogliere qualsiasi animo, Yoongi non apprezzava.

Gli piaceva di più il Jimin vero, quello che aveva pianto tra le sue braccia, quello che gli aveva raccontato tutto e si era fidato, quello che aveva la cherofobia.

"Nessuno ha mai detto che amare sia una cosa facile."

Uscirono dal bar, col freddo gelido che gli accolse a braccia aperte, e presero a camminare per le vie della città in modo casuale.

Il menta e il biondino erano qualche metro più avanti rispetto ai loro migliori amici che conversavano contenti.

Stavano lì a camminare sul marciapiede, senza rendersi conto di essere l'uno accanto a l'altro.

Erano di nuovo spalla a spalla e Yoongi se n'è accorse solo quando le loro falangi si sfiorarono lievemente.

Sobbalzò senza darlo a vedere e di scatto allontanò la mano, spaventato che quel contatto potesse aver scosso il minore in qualsiasi maniera; ma da lui nessuna risposta.

Camminava fissando le punte delle sue converse nere, quasi fossero più importanti di qualsiasi altra cosa al mondo.

A Yoongi sembrò di essere nuovamente nel bar, mentre lui si perdeva in quella tazzina di caffè.

Sempre silenziosamente, come se qualsiasi rumore invece potesse rovinare l'atmosfera, la mano del maggiore venne presa da quella del biondino, con una delicatezza spaventosa.

Jimin, apparte il movimento che aveva eseguito con la mano, non cambiò di una virgola continuando a camminare a testa bassa, fissando le pupille sempre verso il terreno.

Yoongi, rosso in volto come non mai, sentì il suo cuore esplodere come mille petardi e rimase con la mano immobile, avvolta da quel poco di calore della sinistra dell'altro, intimorito che se l'avesse pur mossa di poco avrebbe rovinato tutto.

Era stato così preso alla sprovvista che per una volta non riuscì a pensare ad una delle sue solite paranoie; quella volta riuscì veramente a godersi il momento.

Finchè le loro mani si staccarono e Jimin smise di camminare, indicando casa sua e risvegliando bruscamente il maggiore.

Poco dopo fu raggiunto dal corvino, che gli raccontò del suo fidanzamento ufficiale con Taehyung, ed i due tornarono a piedi alle loro abitazioni.

Jimin dalla finestra guardava le loro sagome allontanarsi, fino a che non furono ormai più visibili.

Successivamente si buttò malamente sul letto, rischiando quasi di romperlo vista la botta, e alzò sopra la sua testa la sua mano sinistra, quella con cui aveva toccato la gemella di Yoongi.

Era stata una cosa di un secondo dettata da uno dei suoi soliti impulsi a cui non sapeva dire di no; gli era sembrava la cosa giusta da fare e non ci aveva pensato tanto prima.

Aveva trovato la sua mano molto più grande rispetto alla propria e anche molto più calda, quasi bollente.

E aveva anche notato di come, a quel piccolo contatto, Yoongi aveva perso le rotelle e a momenti non aveva un infarto.

Piccoli brividi presero a salirgli su tutta la spalla, dettati dal ricordo del menta tanto suscettibile a tutte quelle sensazioni di tatto, il che gli piaceva.

"M-mi piace??!"

Scattò in piedi, per poi risedersi sil letto con la testa tra le mani: quella singola parola l'aveva spaventato a morte.

La sua mente continuava a ripeterla, quasi ad urlarla, come se volesse rendere sempre più evidente che fosse sbagliata e tutto ciò fu seguito dall'aumentare del respiro e del battito cardiaco.

Il cuore sembrava poter fermarsi da un momento all'altro vista la forza con cui premeva sul petto, la fonte cominciava a grondare sudore e dai suoi occhi cominciavano a scendere piccole lacrime.

Stava avendo una crisi non troppo piccola ed in casa non c'era nessuno che avrebbe potuto aiutarlo.

Si alzò di scatto, cominciando a camminare avanti e dietro assieme a qualche spasmo del corpo e alle sue gambe che tremavano come foglie al vento.

Gli venne in mente una sola soluzione e si buttò letteralmente suo suo cassetto, aprendolo e cercando qualcosa.

Si era ripromesso di evitarle a qualunque costo, però era ormai troppo tardi per qualsiasi senso di colpa.

Con le mani che ancora tremavano per l'agitazione prese un foglietto arrotolato e se lo portò tra le labbra, accendendolo poi.

Cominciò quindi ad aspirare profondamente, buttando nei polmoni tutto l'aroma dell'erba che sembrava quasi bruciargli quel giorno.

Iniziò a sentire il suo corpo più leggero, come se stesse fluttuando o come se la sua anima stesse uscendo finalmente dal corpo terreno.

La testa gli girò vorticosamente facendogli annebbiare la vista e quasi perdere i sensi, tant'è che le gambe lo abbandonarono facendogli sbattere la spalla contro il muro, finendo per terra.

Ma non si diede per vinto e continuò ad aspirare quella paglietta che sì rovinava il suo corpo, ma lo stava finalmente liberando da tutto lo stress accumulato.

Guardò verso il basso notando sui suoi pantaloni qualche piccola goccia e si accorse che i suoi occhi continuavano a far scendere lacrime senza sosta.

Piangere per lui poteva essere rappresentato solo con dell'acqua che cade dagli occhi, quasi come la tristezza o magari la felicità che accompagnano il gesto non esistessero.

Perchè la maggior parte delle volte in cui piangeva non sentiva mai una determinata emozione, lo vedeva come un semplice sfogo dei suoi occhi, ne più ne meno.

In qualche minuto tutta la cartina fu bruciata e quasi Jimin non perse i sensi vista tutta l'ansia che - bene o male - era riuscito a gestire.

Era stanco, i suoi occhi continuavano a combattere contro lo stare aperti, ma di alzarsi e arrivare al letto il biondino non ne sarebbe stato proprio capace; in men che non si dica si addormentò sul pavimento, stremato.

∬cнєяσƒσвıα∬ YoonminDove le storie prendono vita. Scoprilo ora