Inquietudini

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Sentì il vento scompigliargli i capelli, e un brivido freddo scivolargli lungo la schiena. Appoggiò il naso sui capelli di Rose, inspirando il suo profumo, quasi sperasse che la sua vicinanza lo aiutasse a snebbiare la mente e allontanare i suoi pensieri vorticanti.

Lei se ne stava lì, stringendosi al suo corpo, con la schiena poggiata contro il suo petto. Un silenzio quieto e un po' polveroso, alla luce tenue del tramonto, aleggiò tra di loro, ma Scorpius non se ne curò: era semplice anche il silenzio, con lei. Un silenzio così denso da non aver bisogno di parole vuote che lo riempissero.

Sapeva che lei si era resa conto che qualcosa non andava: lo intuiva dal modo in cui sfiorava delicatamente il dorso della sua mano con la punta dei polpastrelli, quasi temesse di disturbarlo, o di distoglierlo da qualsiasi cosa appannasse la sua mente.

E adorava stare con lei anche per il suo modo dolce e quieto di comprendere persino i suoi silenzi.

Le posò un bacio tra i capelli, e la sentì sospirare mentre si stringeva più forte contro di lui.

"Rose?"

Lei sollevò il viso, interrogativa, e rimase in attesa, mentre il rosa tenue del tramonto, oltre gli archi ad ogiva della Torre di Astronomia, si rifletteva in quegli occhi d'oceano.

"Non...non hai detto alla tua famiglia di noi, vero?"

Metterle pressione era l'ultima cosa che volesse, ma quelle parole gli sfuggirono dalle labbra prima che potesse fermarle.
La vide aggrottare un attimo le sopracciglia, e poté quasi scorgere i pensieri affollarsi tra le increspature della sua la fronte d'alabastro.

Scosse la testa, piano, continuando a guardarlo in viso. Lui distolse lo sguardo, chinandolo ad osservare le sue mani, leggermente rigide. Rose aveva smesso di accarezzarlo, troppo presa a scrutare il suo volto, e le sue dita riposavano chete sulla pelle tesa delle sue nocche bianche.

Sospirò, annuendo più a sé stesso che a lei.

Era passata solo una settimana dal loro ritorno a Hogwarts, e i sussurri sibilanti degli altri studenti li avevano accompagnati fin da quando era stato chiaro a tutti ciò che fino a quel momento era stato solo un sospetto: Scorpius Hyperion Malfoy e Rose Minerva Weasley stavano insieme. Insieme davvero.

E Scorpius non si era mai curato di ciò che gli altri studenti dicessero di lui: voci, bisbigli e commenti lo avevano seguito strisciando, negli anni, alcuni taglienti come lame di un coltello, altri morbidi e carezzevoli, ma non meno ipocriti.

Lo avevano dipinto con mille sfumature di colori, dal nero più torbido ad un bianco luminoso e opalescente, una luce che nemmeno nei suoi desideri più frustrati avrebbe mai osato sperare di avere. Non era luce, Scorpius, e non era neppure buio: era grigio, il grigio torbido e fumoso di chi non aveva mai imparato la luce, ed era troppo disgustato dal buio. Il grigio di una battaglia che non aveva combattuto, ma che gli aveva lasciato segni sotto la pelle, tra le pieghe della sua anima caliginosa.

E stavolta era stato diverso. Stavolta, quei sussurri avevano sibilato feroci, fino a recidergli il cuore. Fino a pulsare dolorosamente contro le tempie, venefici. Perché stavolta, non era stato lui l'oggetto di quei pettegolezzi tossici. Era stata lei.

Mi chiedo come possa stare col figlio di un Mangiamorte, proprio lei, fra tutti!

Una Weasley e un Malfoy? Ma lei ha idea di chi siano i Malfoy?

La credevo più intelligente, sono sempre stati viscidi approfittatori senza morale, quei Malfoy.

E lei gli aveva afferrato più forte la mano, senza dire una parola. L'aveva tenuto più stretto, come a dirgli che tutto quell'odio - che sembrava non esistere e poi veniva fuori in quel modo infido e insidioso, avviluppando la sua anima e stringendola dolorosamente fino a farla pulsare – tutto quell'odio non l'avrebbe mai scalfita. E lo sapeva, Scorpius, lo leggeva nei suoi occhi, trasparenti e sfaccettati come un diamante, che lei era sincera. Lo sapeva, che non le importava.

Qualcosa per cui vale lottareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora