Loving you is a losing game

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"Non puoi continuare a fare finta di niente."

"Ne abbiamo già parlato, Hugo. È stato...è stato solo un errore, tutto qui."

"Un errore?"

Non riuscì a fare a meno di sentirsi ferito. Si fermò lungo il corridoio, lasciando che lei lo distanziasse mentre si ostinava a non guardarlo negli occhi neppure per un istante.

Erano giorni che Camille evitava l'argomento, liquidandolo con frasi sconnesse e blaterando scuse senza senso. L'aveva baciato, e lui non riusciva proprio a ricordare di aver mai baciato nessun'altra in quel modo. E lo sapeva, l'aveva letto nei suoi occhi, quell' identico desiderio di condividere ancora lo stesso respiro...il desiderio di avere di più.

Hugo Weasley era sempre stato troppo sveglio per non rendersi conto che ciò che avevano condiviso fosse molto più di quello che aveva condiviso con chiunque. Non sapeva dar voce ai propri sentimenti, ma per la prima volta in una vita intera era certo di provare qualcosa, qualcosa che voleva vivere, fino in fondo. Era affamato di vita, in tutte le sue forme, lo era sempre stato, e non si sarebbe precluso una possibilità solo perché Camille si rifiutava di ammettere che c'era in ballo qualcosa di più vero che una semplice debolezza del momento.

Finalmente, Camille si decise a fermarsi. Si voltò, incrociando per un brevissimo istante il suo sguardo, e tendendogli una mano:

"Mi dispiace, ok? È solo che..."

Sospirò, raggiungendola e intrecciando le dita a quelle di lei. Rimase ad osservare quell'intrico caotico di nervi e pelle, di vene e sangue, come la cosa più strana e perfetta che avesse mai visto. Come se la mano di Camille fosse un naturale prolungamento della sua. Mosse leggermente il pollice, ad accarezzarle il dorso della mano: "Che...?"

"Beh, noi...mi piace passare del tempo con te, Hugo. Davvero, sei..." si interruppe, come se ogni parola le costasse un immenso sforzo. Poi, prese un respiro profondo e si decise finalmente a fissare gli occhi nei suoi: "...sei importante, per me. Ma non voglio che quello che è successo, che un momento rovini tutto quello che..."

Non riuscì a finire la frase. Hugo rise, di una risata canzonatoria e senza colore:

"Non prendermi in giro, Camille. Non è stato solo un momento, e lo sai anche tu. Non rifilarmi la scusa di non voler rovinare un'amicizia che non sta in piedi, perché non è mai stata solo un'amicizia. Sei troppo intelligente per non capire...semplicemente ti ostini a non farlo."

Una strana luce sembrò animare per un istante gli occhi di Camille, e Hugo comprese di aver centrato il punto. Ma poi, lei scosse febbrilmente la testa, come a scacciare un insetto molesto:

"Non è così, tu...ti sbagli."

Hugo si passò la lingua sul labbro inferiore, a metà tra il divertito e l'infastidito per quell'ostinato ed insensato diniego. La vide distogliere lo sguardo, e piegò un angolo della bocca sollevando una mano ad accarezzarle una guancia. Avrebbe giocato sporco, se fosse stato necessario. Si chinò su di lei, e lasciò scivolare una mano sul suo collo, sulle spalle, sulla schiena. La sentì rabbrividire quando le sue labbra si posarono sui suoi capelli, mentre le sussurrava:
"Mi sbaglio...quindi sbaglio a pensare che la mia vicinanza ti renda nervosa? Sbaglio a pensare che i brividi che sento sotto le dita siano dovuti al fatto che, semplicemente, mi vuoi quanto ti voglio io?"

Lei non rispose. Rimase immobile, col respiro spezzato. La spinse contro un muro nel corridoio deserto, in preda ad una voglia feroce che gli imponeva di averla, di sentire ancora le sue labbra premere sulle proprie con la stessa urgenza dell'ultima volta. Camille si ritrovò bloccata tra il suo corpo e la pietra fredda della parete alle sue spalle, e Hugo la vide spalancare gli occhi, sorpresa. Lesse nel suo sguardo la paura di qualcosa che non riuscì ad indentificare, mentre lui si avvicinava ancora, pericolosamente.

Qualcosa per cui vale lottareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora