(M)
Mi fa strano aprire gli occhi la mattina senza sentire il tuo profumo a un centimetro dalla pelle.
Mi fa strano addormentarmi senza aver sentito, quell'attimo prima di chiudere gli occhi, la tua voce.
Mi fa strano anche cantare senza averti seduta tra le lenzuola bianche.
Mi fa strano tutto, adesso, senza di te.
Perché mi hai fatto così male, Gaia?Sono ormai diversi giorni che non la sento, forse è passata più di una settimana, in realtà non saprei neanche dirlo con certezza, ho smesso di contare i minuti che mi separano da lei su quell'autostrada Milano-Torino.
Oggi è il mio primo giorno in studio, poter finalmente entrare dentro una sala di registrazione per incidere il mio primo singolo è ancora un sogno per me, il viaggio in macchina lo sto passando dandomi pizzicotti sull'avambraccio per permettere alla mia mente di distinguermi nella realtà.
Nico ride a questa mia ingenua leggerezza, mi ha addirittura vietato di guidare vedendo le mie gambe tremolanti, ma ora che siamo quasi arrivati sembra essere lui il cantante in ansia e non io.
Stavolta rido io vedendolo così, averlo reso fiero è ad oggi il mio traguardo più grande, la mia vittoria più sudata e sapere di condividere il mio tremolio alle gambe con lui, mi rende più che felice.Se non fosse per te, Nico, non l'avrei mai accesa quella luce, lo sai.
Abiterei ancora nel buio, anche se non ha mai smesso di farmi paura.Una volta entrata nello studio, seguita da Nico e dal mio manager, rimango per qualche secondo a contemplare i contorni di questa stanza e a perdermi nell'atmosfera che mi circonda.
Un'atmosfera che sa di note ricercate e melodie nascoste.
Un'atmosfera che rimbomba tra queste quattro pareti bianche, custodi di mille progetti e canzoni.
Un'atmosfera che ho sempre sognato e che ora, seppur con un tocco delicato, riesco a sfiorare.Quell'atmosfera di cui mi parlavi sempre tu, sotto le coperte, con la luce negli occhi.
Quell'atmosfera che conosci meglio di me e che ami alla follia.
L'ho conosciuta prima attraverso i tuoi occhi.
Forse è per questo che ora le pareti sembrano colorarsi di blu.Sono già diverse ore che sto registrando in questa sala, fortunatamente il lavoro è stato reso piacevole dalle persone gentili e competenti di cui mi sono affiancata, che sono venute incontro alle manie di perfezionismo di una diciannovenne e ai mille dubbi che mi sono venuti in mente ogni qualvolta non mi convincesse un determinato sound o una specifica nota.
Più volte Nico ha scherzato sulle mie insicurezze e mi ha sgridato per le paranoie che mi sono fatta, affermando che la canzone fosse già perfetta così e che non avesse bisogno di altri cambiamenti.
Ora che posso finalemte risentirla completa, mi rendo conto di aver fatto bene a seguire quei pensieri che picchiettavano per tutto il tempo nella mia testa e non appena ascolto le prime note, un sorriso sincero mi spunta sulle labbra, mentre le mille emozioni provocate da questo primo vero ascolto mi fanno inumidire gli occhi.
Sono felice, anche se come sempre la mia faccia triste stenta a farlo vedere, ma lo sono davvero.
Stavolta se ne accorgono tutti, Nico mi rivolge un sorriso e preso dall'euforia di questo primo ascolto si fionda su di me, stritolandomi tra le braccia."Ce l'hai fatta, scema." mi dice, sollevandomi da terra come una bambina.
Si, ce l'ho fatta davvero, stavolta.
Mentre i miei occhi continuano ad inumidirsi, il mio manager interrompe il silenzio e mi posa una mano sulla spalla.
"Che dici, Marti? Ti piace com'è venuta?" mi chiede con un dolce sorriso.
Non trovo neanche le parole per poter descrivere le mie emozioni in questo momento, più la canzone va avanti, più vedo quei mille pezzi frantumati del mio passato ricomporsi, proprio come le note di questa melodia.
"Perderei le parole anche io, è veramente bella, Martina." si rivolge a me il mio produttore, mentre ancora sposta le mani sui vari strumenti di fronte a lui.
"È perfetta." riesco a dire e questa volta sorrido a trentadue denti anch'io.
Dopo aver aggiustato le ultime cose, decido di uscire dallo studio per andare a fumarmi una sigaretta e prendere un po' d'aria, magari qualche grammo di ossigeno in più sarà in grado di ordinare le emozioni nel mio stomaco.
Delicatamente la stringo tra le labbra e porto la fiamma alla sua estremità, mentre con la schiena mi appoggio al muro di questo edificio, che in quest'aria di giugno sembra essere più caldo del fuoco appena uscito dal mio accendino.Fisso il cielo, azzurro più che mai oggi.
Mi spieghi perché il blu mi ricorda te?
Mi spieghi perché riesco a bruciare più sotto i tuoi occhi che sotto questo sole?Mentre aspiro gli ultimi tiri di sigaretta, mi perdo nei miei pensieri, che come al solito hanno un'unica destinataria.
Vorrei fossi qui.
Vorrei baciarti, dopo averti fatto ascoltare questa nuova versione di "Luci Accese".
Vorrei dirti che sono felice.
Ma posso esserlo solo a metà, se non ci sei tu vicino a me.Me ne frego delle conseguenze, con lei mi capita spesso di farlo, e senza pensarci due volte sfilo il telefono dalla tasca e con le mani tremolanti apro la nostra ultima conversazione, che risale a un paio di settimane fa.
Le invio la canzone, completa, senza aggiungere altro, senza dover spendere parole inutili che interromperebbero bruscamente il silenzio che ci siamo create intorno.Mi fa male questo silenzio.
Ci stiamo facendo male, con il silenzio, e questo lo sai anche tu.Vede subito la nota vocale da me inviata e in meno di cinque minuti arriva la sua notifica.
"Dove sei?" così recita il suo messaggio, che ignora completamente la mia canzone.
Non rispondo, le lacrime stanno iniziando a premere contro le mie palpebre e non ho intenzione di farle uscire, non ho intenzione di piangere ancora pensando a lei, che forse è tra le sue braccia in questo momento.
Non so neanche come stai.
Vorrei chiedertelo, vorrei sentire che sei felice.Di fronte questa mia non risposta mi invia un altro messaggio, questa volta più diretto.
"Dimmi dove sei, per favore."
"Perché?" trovo il coraggio di scrivere io.
"Non ho intenzione di sentire il tuo primo singolo così." risponde lei.
Non so come prendere questo suo messaggio, non so cosa stia pensando, non so cosa abbia fatto tutto questo tempo, senza di me.
Mi limito a rispondere alla domanda che mi ha fatto, mentre mi accorgo che adesso le lacrime hanno iniziato a rigare il mio volto.
Quando sto per rimettere il telefono in tasca, sento vibrarlo di nuovo."Mi manchi."
È lei, di nuovo, rimango fissa a guardare quella notifica per almeno cinque minuiti.
Non me l'aspettavo, non così, ma solo adesso mi rendo conto che il cuore ha ripreso a battere un po' più forte.Il buio mi ha sempre fatto paura e tu lo sai.
Il buio mi fa paura perché assomiglia al silenzio e nasconde le parole che segretamente teniamo strette in gola.
Il buio mi fa paura perché assomiglia alla solitudine che cerchiamo in tutti i modi di colmare con platoniche dispersioni d'amore, con mezzi sorrisi sulle labbra.
Il buio mi fa paura perché assomiglia al nostro passato.
Il buio mi fa paura perché assomiglia alla mancanza di te, agli spazi vuoti non colmati dal suono della tua voce e dal tocco delle tue mani, ai miei occhi spenti ogni volta che penso a quell'ultimo sguardo.
Il buio mi fa ancora paura, eppure oggi mi sembra che una luce, tanto ricercata, sia tornata a brillare.
Un po' come le lampadine che teniamo in soffitta, che sembrano fulminate ma poi di colpo si accendono, con sotto il rumore delle scintille provocate dalla corrente che scorre nei vecchi fili.
Mi chiedo se sono i tuoi occhi ad averla accesa o se è stata l'atmosfera di questo posto, immerso tra mille note musicali.Buio.
0,5 secondi.
Click sull'interruttore.
0,5 secondi.
Luce.
Non era fulminata la lampadina.
È rotta, ma riesce ancora a funzionare.
La luce si è accesa.
Sono bastati 0,5 secondi.Buio, adesso dove sei?
E perché, chiuse in quella lampadina, sento che siamo noi a brillare, Gaia?
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Bela Flor - Beltrozzi
FanfictionUn legame tra anime, un tocco tra mani, un incontro tra occhi. Una raccolta realistica che lascia spazio e libertà all'immaginazione.