Capitolo 3

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-La mia rinascita è avvenuta il primo giorno di quarto liceo. Suona surreale solo a dirlo. Quando ho percorso i corridoi dell'istituto gremiti di studenti che si rivedevano e si riabbracciavano dopo mesi ,credevo che sarebbe stato un giorno come tutti gli altri ed invece mi sbagliavo. Mi sbagliavo perché a sconvolgere tutto è arrivato lui e il suo carisma, il suo saper prenderti con un solo sguardo e la sua testardaggine nel voler provare a saltare ostacoli più alti di lui senza badare alle conseguenze.-

La professoressa Mariani di inglese entra in classe puntuale come un orologio svizzero. I suoi grossi occhiali rotondi e i suoi capelli rossastri e ricci che le arrivano alle spalle, la fanno sembrare un personaggio dei fumetti. Indossa una delle sue solite gonne colorate, abbinate con le sue classiche T-shirt a maniche corte con qualche disegno ricamato sopra.

-Per essere una prof d'inglese non è per niente stile british- commenta Cammilla sottovoce.

Mi scappa involontariamente un risolino. -Almeno la pronuncia è quella però- ribatto cercando di dare un punto a suo favore.

Subito dopo lo noto. Entra dopo di lei un po' timido ed un po' impacciato, un ragazzo con lo zaino Eastpak sulle spalle ed un quaderno in mano.

-Silenzio per favore- ci richiama all'ordine la Mariani – Ho un annuncio da fare.- si interrompe ed appoggia una mano sulla schiena del ragazzo. -Lui è Landon e sarà il vostro nuovo compagno di classe. Si è appena trasferito in città, quindi vi prego di accoglierlo nei migliori dei modi... e soprattutto vi prego di non farvi subito riconoscere come i mascalzoni che siete!- Tra di noi si alza un trambusto di risatine e commenti inevitabili.

-Prof di cosa si preoccupa... siamo degli angioletti!- commenta Vittorio dietro di me.

-Si come no- borbotta lei tra le nostre risate.

Landon cammina sorridente per la classe e si siede al secondo banco della fila centrale. Camilla ed io, amiche da tempo, ci siamo assicurate il terzo dalla parte della finestra dopo una frenetica corsa a colpi di gomitate per entrare per prime a scuola. Inoltre visto che c'eravamo, abbiamo occupato anche quello dietro di noi per Vittorio, il nostro braccio destro.

-Silenzio ragazzi per favore, devo fare l'appello- ci rimprovera di nuovo la prof per il nostro incontenibile chiacchiericcio

-Coppola- -Presente!- -Leone...- -D'Amico-

Eccomi, sono qui al terzo banco con la spalla appoggiata alla parete. Sono l'unica ragazza che indossa la felpa nonostante faccia ancora caldo, ma io la brezza del mattino la percepisco tutta infastidendomi. Le mie braccia si coprono subito di un sottile strato di pelle d'oca e le mie labbra prendono immediatamente un colorito più violaceo. Sono quella con i capelli biondi, lunghi e folti, che però tengo legati perché averli in disordine o davanti agli occhi mi disturba. La mia parte di banco è perfettamente in ordine con tutte le penne disposte in due astucci differenti accanto all'agenda e a un quaderno pulito a righe. Potrei sicuramente affermare di esserci, eppure la mia testa viene pervasa da mille pensieri che non mi permettono di pronunciare quella semplicissima parola: "presente". -Sono veramente presente?- Nessuno potrebbe affermare il contrario. Sono qui difronte a tutti, con tutti che mi possono vedere. Osservandomi con più attenzione però, si potrebbe dire che io sia qui con la mente, che sono pronta ad iniziare la routine, che sono in forze per affrontare tutto ciò?

Per quale motivo i professori la mattina ci chiedono se siamo lì ma mai come stiamo? Perché io questa mattina le risponderei che no, che non sto bene. Non sto bene perché è insorta di nuovo la paura, la paura di fare qualsiasi cosa, di mettermi in gioco, di mostrarmi agli occhi degli altri, di vivere. Mi sento diversa, strana, debole, ma a nessuno importa.

Nessun professore o quasi, la mattina quando entra in classe, domanda a noi studenti come stiamo chiamandoci per nome. In fondo a nessuno di loro interessa veramente cosa proviamo in questa fase della vita così complicata ed altalenante. Io in questo momento sono solo stanca e riesco a stento a trattenere le lacrime ed a non esplodere. Sono stanca della supremazia dei soliti forti contro i deboli, del non poter decidere da sola, di sentirmi sotto accusa e sotto i riflettori continuamente. No, non sono presente in classe e la mia mente incomincia già a vagare in universi paralleli in cui ritrovare la sua calma e la sua stabilità, in cui ritrovare se stessa.

"Presente" dico alla fine con un filo di voce.

Ci hanno creduto tutti.

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