Capitolo 17

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E' strano come la mente umana lavori, come le sensazioni, i pensieri e le emozioni si modifichino da un momento all'altro portando a un cambiamento. La visualizzazione degli stimoli esterni è momentanea e in continuo mutamento e basta poco per tramutare la nostra percezione dei fatti. E' sufficiente anche un sonno, un lungo sonno nel quale far riposare la testa dallo sforzo di trovare la giusta combinazione di un puzzle infinito.

Un puzzle, è questo che è la vita. Un puzzle in cui ogni tassello rappresenta un'esperienza, il frutto di una gioia o di una soddisfazione, ma anche di una delusione intramontabile. E per sopravvivere si cerca di incastrare ogni minuscolo pezzettino al posto giusto per costituire un'immagine grande e lucente che rappresenta la nostra esistenza. Esistere. Perché esistiamo. Certe persone nascono per un motivo ben preciso che devono coltivare e scoprire piano piano. Molti di loro svolgono imprese strabilianti e benefiche; altri portano a delle vere tragedie e a distruzioni. -Io perché esisto?- Era stata questa la domanda con cui mi ero addormentata quella notte, domanda a cui non avevo trovato risposta prima che i miei occhi si chiudessero stanchi e gonfi per le lacrime ed il mio corpo decidesse di lasciarsi andare al piacere di distendersi ed abbandonarsi nel suo stato di incoscienza.

La mattina seguente mi svegliai con un'aria diversa. Mi sono sempre chiesta quello che accade la notte, mentre la nostra mente scava attraverso i sogni le parti più profonde dell'inconscio e mentre il nostro corpo risponde con leggeri sussulti a quegli stimoli passeggeri. E' proprio instancabile la mente umana, che continua imperterrita a lavorare anche di notte, elaborando conoscenze ed informazioni che neanche sapevamo di possedere.

Non so quella notte quali forme e quali giochi di emozioni la mia testa aveva realizzato, so solo che mi sentivo svuotata. Svuotata dal peso nello stomaco che avevo percepito per tutta la giornata appena trascorsa e svuotata dal pensiero fisso di essere un problema. Per un attimo aprendo gli occhi, mi sentii libera.

Mi alzo dal letto leggera, come se fluttuassi e mi infilo sotto la doccia bollente per sciogliere i muscoli intorpiditi dal freddo. Quando scendo al piano di sotto mio padre sta lavorando al computer. Nessuno dei due proferisce parola. Nessuno dei due non sa bene da dove iniziare. Afferro la tazza per la colazione e un pacchetto di fette biscottate iniziando così la solita routine alimentare.

Mentre spalmo a punta d'olio la marmellata, prendo il coraggio per mormorare ciò che avrei dovuto dire da tempo -Mi dispiace. Non so cosa mi è preso ieri.-

Lo sento sospirare profondamente ed alzandosi raggiunge il lavello per riempirsi un bicchiere d'acqua. -Lo so, ma non è a me che devi rivolgere le tue scuse. Io sono tuo padre, conosco la tua situazione e ci sarò sempre per te. E' con un'altra persona che ti devi scusare.-

Landon. Rivedo solo ora il suo volto in pena mentre esce dalla porta d'ingresso sconfortato ed offeso. Me lo immagino camminare in strada sotto la grandine che bagna imperterrita il suo corpo atletico, sciupando i suoi ricci bruni.

Finisco di colazionare velocemente e, senza neanche perdere tempo a truccarmi, esco di casa per dirigermi verso la sua. La costruzione della sua villetta è stata terminata da poco e i cornicioni e le mura completamente bianche ed immacolate ne sono la prova. E' una villa carina e di medie dimensioni, nulla di eccessivamente sfarzoso ma sicuramente comoda e confortevole per viverci in tranquillità. Suono al campanello con una leggera esitazione. Le mie gambe non smettono di tremare freneticamente. In mano stringo forte la busta con gli ingredienti della pizza. Noto qualcuno sbirciare fuori con la coda dell'occhio da dietro la tendina e poco dopo sento la serratura scattare.

-Che c'è?- mi domanda Landon spalancando la porta. E' in pigiama e il suo ciuffo completamente arruffato nasconde un viso stanco ed ancora assonnato.

-Ti volevo chiedere scusa.- rispondo prontamente rimanendo sull'uscio della porta -Ti ho trattato malo modo, non te lo meritavi. Stavi soltanto tentando un gesto carino nei miei confronti ed io non lo ho apprezzato. Mi dispiace.-

Lui rimane in silenzio ed annuisce impassibile con la testa. Spingo in dietro il labbro inferiore in difficoltà ed agito con un sorrisetto la busta. -Ho portato gli ingredienti della pizza. Ho pensato che potremmo prepararla insieme se ti va.-

Attendo pazientemente una sua reazione che non tarda ad arrivare: -Stai scherzando vero?- mi interroga allibito -Lo capisci che non puoi trattare le persone come ti pare? Non puoi cacciarle ed umiliarle il giorno prima e poi presentarti quello dopo con sorrisetti e moine senza dare una spiegazione.- Il suo tono di voce trasmette tutta la sua rabbia e il suo rancore.

-Lo so hai ragione- provo a convincerlo scusandomi nuovamente -E mi dispiace, ma non riesco a controllarmi a volte.-

-Non è una valida scusa per trattare le persone come vuoi tu.- fa una breve pausa e si porta per un attimo le mani alle tempie – Non puoi pretendere che gli altri accettino sempre le tue scuse perché sostieni di essere stata male. Tutti stanno male e tutti hanno delle esperienze terribili e dei problemi, ma non per questo si sentono in diritto di trattare gli altri come tu hai fatto con me ieri.-

-La mia situazione è diversa.- ribatto nuovamente

-Si, ma solo perché lo vuoi tu. E' una scusa di cui abusi abitualmente e che non va più bene. La tua malattia non è il pretesto per comportarti come ti pare.-

Le sue parole arrivano dirette e taglienti. Sento che ha ragione, come sento di averlo perso. -Complimenti Adele- mi dico tra me e me -Lo hai finalmente allontanato.-

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