Capitolo 24

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Cammino avanti ed indietro nella stanza mentre il tacchettio dei miei stivali scandisce il tempo che trascorre incessantemente.

Un vestito a fiori leggermente largo in vita svolazza leggero lasciando scoperte le mie gambe dal ginocchio in giù. Le calze morbidi e trasparenti rivestono appena la mia pelle che solo al sentire qualche spruzzatina di vento, già si intorpidisce. Mi specchio più e più volte. Il trucco leggero, i capelli pettinati che scendono morbidi sulle spalle, il profumo alla vaniglia che inebria l'abito e la pelle levigata. Tutto sembra essere perfetto eppure ho il terrore che qualcosa in me non vada e che già al primo sguardo Landon capirà di aver commesso un errore annoiandosi per via del mio corpo e del mio aspetto minuto ed indifeso.

-E' Landon!- aveva esclamato Camilla al telefono -avete passato tanti momenti insieme. Non essere nervosa.- In effetti aveva ragione. Landon ed io ormai eravamo più dei semplici conoscenti. Avevamo trascorso insieme gran parte delle ore scolastiche ed avevamo condiviso momenti intensi in cui avevamo avuto modo di scorgere i difetti l'uno dell'altro. -Di che cosa dovrei aver paura?-

-Il giudizio finale.- rifletto ripensando alle parole pronunciate una volta da Cristina -è ciò che più attendiamo con ansia ma è anche ciò che più ci spaventa perché decreta una volta per tutte quello che siamo o il modo in cui appariamo agli altri.- -Sai come si fa a sconfiggere il giudizio?- avevo scosso la testa in segno di negazione -Bisogna pensare che il proprio giudizio su se stessi sia più forte, che il proprio giudizio che si ha su di se sia più veritiero, indipendentemente da quello che gli altri ti diranno. Bisogna credere in quello che si è. Solo così si sconfigge il timore di non essere abbastanza.-

-Sono abbastanza- ripeto a me stessa mentre scendo le scale -Vado bene così.- mormoro ancora

-Parli da sola?- mi domanda mio padre sconcertato

-Si!- affermo senza pensarci.

Lui ride ed avvicinandosi a me mi scocca un bacio sulla testa -Sei uno schianto. Non ti preoccupare.- mi rassicura salendo in camera -Chiamami quando stai per tornare.-

Annuisco con il capo. -Sono uno schianto- dico scossando vanitosamente i capelli -Schianto.- ridico fiera.

Il campanello trilla qualche secondo dopo facendomi trasalire. Mi infilo il cappotto ed apro la porta timidamente.

Landon indossa dei jeans blu attillati abbinati ad un elegante maglione grigio a collo alto ed a una giacca lasciata aperta davanti.

-Pronta?- mi domanda facendo un cenno verso la sua auto

-Pronta.-

Mi fa strada verso la sua macchinetta e da vero gentiluomo mi apre la portiera -Madame.- mi invita a salire prostrandosi a me con una sorta di inchino -Merci, messere.- ringrazio con perfetto accento francese.

-Dove andiamo?- gli chiedo subito curiosa allacciandomi la cintura.

-E' una sorpresa.- specifica lasciandomi sulle spine. Mentre mette in moto la macchina, sbuffo impaziente di scoprire ciò che mi attenderà nelle prossime due ore.

E' il primo pomeriggio di una giornata soleggiata in cui i tiepidi raggi attutiscono sulla pelle leggeri e soavi. I bambini, armati di sciarpa e cappello, possono finalmente correre di nuovo allegri nei parchi nonostante l'erba sia ancora un po' bagnata per via delle piogge che avevano caratterizzato i giorni precedenti. Dalle vetrate dei bar si scorgono coppie che si stringono davanti a una tazza di cioccolata bollente ed, accanto a loro, siedono anche i solitari che prediligendo maggiormente un cappuccino o un caffè fumante, impiegano il loro tempo a finire qualche lavoro al pc o a risolvere importanti questioni via telefono. E poi ci siamo noi, in questa macchina piccola e stretta ed inspiegabilmente anche calda e confortante. La voce di Landon che mi racconta gli ultimi aneddoti sulla squadra di basket è accompagnata da una musica leggera di sottofondo trasmessa dalla radio accesa, mentre i miei e pensieri vagano chiedendosi dove questo vento fresco e questa luce soffusa ci stiano portando.

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