Capitolo 10

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Le settimane che avevano seguito la mia riappacificazione con Landon erano state caratterizzate dall'abituale e costante oscillazione dell'umore con cui ormai combattevo da un po'. Fortunatamente però nessun "tilt" mi aveva colto di soprassalto lasciandomi ondeggiare in uno stato di apparente calma e tranquillità. C'erano stati giorni in cui il cibo appariva ai miei occhi come un piccolo muretto da scavalcare senza troppa fatica; in altri invece ritornava ad essere un ostacolo inoltrepassabile che mi infondeva ansia e timore. Continuarmi a domandare il perché di quelle risposte così negative del mio cervello a uno stimolo, nonché a un bisogno così positivo come il cibo, non faceva altro che creare in me ancora più frustrazione e rabbia verso la mia persona.

Con Landon la situazione era nettamente migliorata. Eravamo diventati subito buoni amici e ci aiutavamo in classe passandoci compiti ed appunti. Ogni tanto, nelle mie giornate buone, uscivamo dalla classe per fare una passeggiata nel cortile della scuola o per chiacchierare insieme ai suoi nuovi compagni della squadra di basket, alla quale aveva aderito con esuberanza. Lo osservavo spesso scherzare con loro rimanendo in disparte accanto a lui e Vittorio mantenendo un sorriso timido ed ingenuo. Alcune volte intervenivo nelle loro discussioni ma alla fine preferivo sempre non attirare troppo l'attenzione su di me di chi, prima di allora, non era a conoscenza neanche della mia esistenza. Subito dopo il nostro chiarimento Landon mi aveva riservato sempre attenzioni speciali attraverso piccoli gesti. Se mi vedeva giù di morale rimaneva con me in classe per distrarmi e se intuiva che ero sull'orlo di un tilt, improvvisava qualche battuta o barzelletta per farmi ridere. Il riso. E' questo che caratterizzava sempre il nostro tempo insieme. Un gesto così spontaneo e semplice che eppure mancava spesso nella mia routine di tutti i giorni.

Non mi aveva più sorpreso con nuovi regali di ringraziamento, ma non si era affatto arreso così facilmente al mio rifiuto verso le sue speciali preparazioni. Durante la sua merenda mi offriva sempre una porzione della sua: una volta era un panino, un'altra volta una crostata e poi una mattinata mi ripropose nuovamente le sue praline al cocco che avevo stupidamente snobbato.

-Lo so che ne vuoi una!- aveva esclamato con tono vivace.

Teneva la sua scatoletta aperta nella mia direzione e sul suo volto era comparso immediatamente un sorriso malizioso. – O anche solo metà. Giusto per riassaporarne il gusto.- aveva esclamato facendo gli occhi dolci.

Il gusto. Era passato così tanto tempo dall'ultima volta che avevo gustato senza problemi e senza sensi di colpa qualcosa che passasse sotto i denti, che non mi ricordavo neanche più quale fosse il significato effettivo di quella parola.

-Qual è il tuo pensiero mentre mangi?- mi aveva domandato una volta mio padre. La vecchia Adele, quella spensierata e con la testa piena di libertà e leggerezza, avrebbe risposto che il suo cervello non rifletteva proprio su nulla mentre assaporava le diverse pietanze che le si presentavano davanti. Le gustava ed era felice se erano appetitose e saporite e provando magari solamente un po' di rammarico di non poterne avere un'altra dose; al contrario le lasciava disgustata se erano insipide o malpreparate.

La Adele di quel momento invece avrebbe ribattuto che la sua testa, da brava matematica che era, iniziava a calcolare. Calcolare la quantità del prodotto finito e degli ingredienti utilizzati nella preparazione; calcolare il numero totale delle kilocalorie che con quel pasto stava introducendo per poi inserirlo nel conteggio di quelle necessarie per il fabbisogno giornaliero. E se era un pasto abbondate o poco salutare, a tutto ciò si doveva categoricamente aggiungere il calcolo di quanto tempo sarebbe servito per bruciarlo attraverso lo studio o la ginnastica. Se il calcolo era giusto, il pasto poteva continuare senza intoppi; al contrario se il calcolo risultava maggiore delle aspettative, nella testa veniva azionato un suono tartassante e stridente simile a un allarme antincendio. I numeri iniziavano a confondersi e la testa andava in fumo. Era come se stesse scoppiando un vero e proprio incendio che anneriva ogni cosa lasciando dietro di se solo cenere sparsa.

-Qual è il tuo pensiero mentre mangi?- mi aveva domandato una volta mio padre durante un "tilt".

- Non ci sono pensieri papà. C'è solo confusione nella mia mente. E poi fumo, tanto fumo.-

-Fumo?- aveva insistito sconcertato

-Si fumo. -avevo ripetuto -Un fumo che acceca la mia mente. C'è un incendio che mi brucia dentro e mi fa piangere ed il fumo non mi fa vedere più nulla, mi nasconde ogni via di uscita.-

Era rimasto senza parole. Effettivamente non c'era nulla da aggiungere: quando tutto brucia ogni parola diviene cenere sparsa al vento.

In sostanz, la concezione del gusto era qualcosa di lontano dal mio immaginario da un bel po' di tempo a questa parte e non rientrava in alcun modo negli schemi fissi e rigidi della mia mente. Per questo quella frase di Landon, utilizzata inconsciamente e con ingenua noncuranza, aveva suscitato in me un nuovo interrogativo a cui far fronte. -Che sapore ha il gusto?-

Guardai quelle praline con occhio di sfida. Deglutii e lentamente allungai la mano per prenderne una che portai con braccio tremolante alle labbra. Landon mi osservava con la bocca spalancata seguendo in una fremita attesa il conseguimento del mio gesto.

La pralina era scivolata delicata sulla lingua e morbidamente era attutita al palato. La granella di cocco si era sparsa ovunque inebriando le papille gustative di una freschezza travolgente. E poi lo percepii, l'aroma del liquore. Un'aggiunta che non tutti solitamente utilizzano, ma che dona un leggero aroma frizzantino alquanto piacevole.

La assaporai lentamente facendola scorrere da una parte all'altra della bocca per mantenere per più tempo possibile la saporosità del piccolo dolce. Non avrei voluto inghiottirlo solo per non lasciare di nuovo il mio palato senza quel piacere infinito.

-L'ho sentita- avevo detto a Landon alla fine. Mi guardò con aria interrogativo -L'aggiunta del liquore. Questa volta c'è veramente il tocco speciale-

Landon rise annuendo con il capo. -Ecco.- pensai sorridendo – Il gusto ha il sapore della felicità.-

Il Sapore della felicitàDove le storie prendono vita. Scoprilo ora