Era passata una settimana dalla proposta di Pierre di lavorare come apprendista nel suo ristorante ed io non avevo avuto ancora il coraggio di andare da lui e dirgli che avevo cambiato idea. Landon spesso nel corso di quei giorni, mi aveva ripetuto che la possibilità c'era ancora e che ci sarebbe sempre stata se lo avessi voluto. Ai suoi ribadimenti avevo continuamente annuito con un sorrisetto sconfortato sulle labbra. C'era sempre qualcosa dentro di me che mi spingeva a rifiutare l'offerta. Era come se mancasse quella spinta motivatrice che mi desse la forza di dire di sì.
Per quanto riguarda Irene, entrambe ci eravamo ripromesse di vederci e sentirci presto per un altro caffè o una passeggiata. Mi aveva inoltre consigliato di fare un salto al gruppo di sostegno a cui partecipava attivamente ormai da mesi. -E' uno spazio in cui puoi condividere le tue esperienze e le tue emozioni con altri ragazzi della nostra età. Nessuno ti giudica o ti guarda male. Siamo tutti sulla stessa barca e navighiamo tutti sul medesimo mare.- mi aveva assicurato salutandomi.
Non era stata la prima volta che qualcuno mi aveva indicato di prendere parte a una simile iniziativa. Già Cristina in passato mi aveva offerto di partecipare ad un incontro di un gruppo di sostegno da lei presieduto. Le avevo detto che ci avrei pensato, ma in realtà il fatto di raccontare i miei problemi a dei perfetti estrani non mi entusiasmava affatto.
Ora entrando in casa ci ripenso chiedendomi come sia trovarsi lì di fronte a tutti quei visi con una loro storia e un loro vissuto ed aprirsi liberamente.
-Papà sono a casa!- dico ad alta voce chiudendo la porta alle mie spalle. -Che freddo!- aggiungo subito dopo togliendomi in giubbotto. Ormai siamo quasi a fine novembre. Il freddo autunnale si sta preparando per lasciare il posto a quello ancora più rigido e secco dell'inverno. Mi chiedo se nevicherà quest'anno, magari proprio sotto Natale rendendo l'atmosfera ancora più magica e confortante.
Entro in soggiorno e trovo mio padre camminare avanti ed indietro mentre discute nervosamente al telefono.
-Mario per favore non mi puoi dire questo... lo sai che vivo da solo e che ho una figlia sulle spalle con dei problemi di salute...- -Si, si lo so che non è colpa tua ma mettiti anche nei miei panni. Sono preoccupato!- esclama a gran voce. Ancora non si è accorto della mia presenza; è troppo concentrato sulla sua telefonata e su ciò che gli stanno comunicando per rendersi conto di ciò che gli sta accadendo intorno. E' rosso in volto e si gratta in continuazione la fronte accigliata. Sta andando in iperventilazione nonostante faccia parecchio freddo e la sua gamba trema quando si ferma -Papà- mormoro titubante. Si gira lentamente verso di me e cerca di ricomporsi immediatamente. -Va bene Mario grazie. Ora devo andare ci aggiorniamo domani.-
-Ei tesoro, non ti ho sentita rientrare. Hai fatto tardi, tutto bene?- mi domanda sforzandosi di apparire calmo e sereno.
-Si, ero da Camilla e abbiamo perso la cognizione del tempo. Tu invece tutto bene?- chiedo allarmata
-Si tutto a meraviglia.- Sta mentendo spudoratamente e non c'è bisogno di un esperto per accorgersene. Il suo cambio di espressione è evidentemente forzato e la sua voce, per quanto squillante, non riesce a nascondere il suo visibile stato di angoscia.
-Mario è il tuo capo giusto?- cerco conferma avvicinandomi a lui
Antonio si gira dall'altra parte dandomi la schiena e fa scorrere una mano sulla nuca. -Si, mi doveva informare di alcune vicende a lavoro. Niente di serio.-
Quest'ultima affermazione risulta alle orecchie ancora meno convincente della prima. Se c'è qualcosa di positivo nel vivere strettamente con un solo genitore è che impari a conoscere di lui tutto quanto, i suoi difetti, i suoi pregi, i suoi punti deboli e quelli di forza e le sue reazioni agli eventi della vita.
-Papà noi siamo una squadra.- inizio colpendo la sua sensibilità- Ed in una squadra bisogna dirsi tutto.- continuo con fare deciso mostrando dopo tanto tempo la donna che è in me -Ho il bisogno che tu mi dica cosa non va.-
Mio padre si blocca istintivamente e si appoggia al bancone della cucina per sostenersi. Non mi guarda e la sua voce è roca ed incerta -L'azienda deve fare dei tagli.- inizia con gli occhi spenti e persi nel vuoto -Sai la crisi.- Sospira e si avvicina a me abbracciandomi -Ma andrà tutto bene tesoro, per ora si tratta solo di una riduzione degli stipendi. E poi abbiamo un sacco di risparmi e di oggetti inutili da vendere. - -Si tratta solo di un impiccio passeggero, si risolverà tutto.-
Quella frase: - Si risolverà tutto- penso che l'abbia ripetuta più a se stesso che a me. Ricambio il suo gesto di affetto e lo stringo forte. Ripenso a tutti i soldi spesi per le mie cure e per le mie sedute dalla psicologa provando un dolore incessante all'altezza dello stomaco. -Se solo fossi normale e se solo stessi bene, ora non dovrebbe affrontare tutto ciò con tale preoccupazione. Ecco cosa solo per tutti: una preoccupazione.-
STAI LEGGENDO
Il Sapore della felicità
Teen FictionIl romanzo che vi propongo è un viaggio verso la ricerca di se stessi e della propria identità attraverso un percorso fatto di salite e discese, esperienze e riflessioni. Nel mio scritto ho cercato di ricordare i bisogni e le bellezze della vita, co...