Capitolo 33

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Quando il giorno dopo ci presentammo insieme a scuola, mano nella mano, nessuno si sorprese più di tanto. In fondo eravamo così uniti che sembravamo già una coppia. Chi ci vedeva però non capiva che qualcosa era cambiato. Tra di noi non esisteva più alcun limite ed alcuna paura. Io mi affidavo a Landon, proprio come lui cercava in me affetto e cure. Ora le nostre dita non si slegavano più ma ci univano costantemente rendendoci una realtà sola.

Mio padre intanto continuava ad andare a lavoro ma le sue giornate in cantiere divenivano sempre più brevi e con orari sempre più strani. Antonio continuava a ripetermi che andava tutto bene senza accennarmi ad alcuna novità. Sosteneva di non avercele e che la situazione era stabile ma io non ci credevo affatto.

Per quanto riguarda Pierre e Manuela, mi avevano accolto in famiglia come se fossi una figlia. Non li trovavo spesso in casa per via degli impegni con il ristorante, ma quando capitava di incontrarci non facevano che riempirmi di complimenti ed attenzioni. Pierre mi aveva ribadito ancora qualche volta la sua proposta, ma io avevo continuato a rifiutare cordialmente. Credo che sia lui, che Cristina e Landon avessero perso la speranza che io potessi vagamente prendere in questione di accettare l'offerta.

E così novembre e gli inizi di dicembre passarono in una sostanziale calma. Il mio umore si era abbastanza stabilizzato, probabilmente grazie alla presenza costante di Landon al mio fianco. I momenti di panico arrivavano solo in occasioni estreme, come durante le giornate particolarmente stressanti a scuola, per una discussione con Camilla o se mi trovavo davanti a un piatto eccessivamente calorico in un giorno in cui non ero riuscita ad allenarmi. La mia malattia continuava ad esserci; la differenza stava che era come se fossi leggermente più forte, come se avessi uno scudo in più con me che mi permetteva di ristabilire più facilmente la calma e di lasciarmi più facilmente andare a qualche sfizio. Ad esempio avevo riassaporato la cioccolata calda che era scesa giù in gola con così tanto fermento ed amore, che oltre a scottarmi leggermente la lingua, mi aveva lasciato sopra le labbra il segno di due lunghi baffi marroncini e dolciastri. Landon mi aveva fotografato ridendo a crepapelle. Una risata contagiosa che ricordo con affetto.

Stava arrivando il Natale. Le strade si stavano colorando di addobbi e di luci suggestive; le vetrine dei negozi venivano ornate con striscioni ed alberi di Natale coperti di neve e da palline gialle ed argentate; infine dai bar e dai ristoranti provenivano soave canzoncine tradizionali. L'atmosfera creata era incantevole ed infondeva dolcezza ed allegria in ogni cuore. Era come se guardando tutto ciò, i problemi riuscissero per un attimo a scomparire lasciando il posto al calore umano, ai sogni, e al ricordo dei sorrisi più belli in famiglia e con gli amici. Anche i supermercati si stavano riempiendo dei dolci tipici della festa: pandori, panettoni, torroni ed altre cioccolate e dolcetti; per non parlare poi delle calze delle befane che i più piccoli già ammiravano con gli occhi brillanti e l'acquolina in bocca.

Quando rientrai con Landon in casa quel giorno, era quella la sensazione che vigeva in me, una sensazione di calma e tranquillità.

-Eccoci!- grido entrando in casa. Il tempo non è dei migliori, e così in mattinata ho avvisato mio padre che sarei rincasa dopo pranzo con Landon per passare il pomeriggio insieme al caldo. Il cielo fuori è tenebroso e coperto da fitte nuvole grigiastre che coprono la sfera di luce che cerca di lottare con tutte le sue forze per farsi spazio fra quella invalicabile distesa di vapore acqueo.

-Che bel calduccio!- commenta Landon infreddolito. Si sfila il berretto e lo appoggia accuratamente sull'attaccapanni accanto alla mia roba, quando un urlo femminile proveniente dalla cucina lo fa sussultare. Voltiamo entrambi la testa verso il salotto, ed io lentamente avanzo per raggiungere lo spazio della casa illuminato. Credo di aver riconosciuto quello strillo, quella voce acuta che diventa sempre più stridula e tagliente quando si arrabbia. Voglio sperare di essermi sbagliata e di aver udito male. Spero che le grida che continuano a risuonare nelle mie orecchie siano dovute in realtà al volume della televisione troppo alto. Entro in soggiorno e con spiacevole sorpresa scopro che non è stata un'illusione e che veramente mia madre è in casa e sta discutendo animosamente con Antonio. Indossa un pantalone di velluto nero a zampa di elefante e un maglione color ocra a collo altro. I suoi capelli sono sciolti e piastrati con cura e alle orecchie porta un paio di orecchini con il brillante.

-Non mi interessano le tue spiegazioni. Sei già in ritardo con gli alimenti ed adesso vorresti che per un paio di mesi sostenessi io a mie spese tutta la retta per la scuola di tua figlia? E magari anche tutte le sedute dalla psicologa visto che ci sono.-

-Alexia te l'ho detto- cerca di giustificarmi più padre mantenendo il più possibile la calma -Si tratta di una fase momentanea. Giusto il tempo di risolvere questo periodo di crisi dell'azienda.-

-Periodo di crisi!- ribadisce con tono beffardo -E quanto durerà questo periodo di crisi. Considerando l'andamento economico italiano probabilmente mesi, se non anni!- Mio padre non risponde e si limita a sedersi su una sedia poggiando il gomito sul tavolo lasciandola sfogare -Pensi che per me sia semplice? Anche io ho una casa da tirare avanti tutta da sola a Parigi. Devo pensare ai miei genitori, a questa catapecchia, a mia figlia ed a tantissime altre spese. Per di più tu adesso hai anche il coraggio di chiedermi di sostenerle tutta da sola?- Ride incredula e irritata.

-Non posso fare altrimenti.- commenta paco Antonio

-Non puoi far altrimenti- ripete Alexia – Com'è che dicevi? E' un lavoro sicuro, ho un posto importante anche io... Tutte buffonate!- respira ancora una volta per poi esplodere -Sei un buffone anche tu!-

-Mamma- mormoro io a questo punto. I miei genitori si voltano verso me mentre Landon mi accarezza dolcemente la schiena.

-Cherie- mi chiama lei con il fiatone e cercando di ritrovare il controllo -Sono tornata un po' prima per le vacanze di Natale- mi informa incrociando le mani davanti a lei. -Ti trovo bene- mente sforzandosi di sorridere.

Scuoto il capo disgustata e corro su in camera senza dire una parola. Sento Landon bisbigliare un salve e seguirmi su per le scale. Entro in camera mia e mi siedo sul letto a gambe incrociate scoppiando in un pianto a dirotto. Landon si avvicina a me e mi prende il viso paonazzo e lacrimante tra le mani. Le mie labbra tremano ed i miei occhi si iniettano di sangue. -Dimmi come posso aiutarti ti prego.- sibila sistemandomi i capelli dietro le orecchie.

-Stringimi ti prego. Ho paura di sprofondare- pronuncio solo

Landon allarga le sue braccia e mi stringe a se. Nascondo il viso sul suo petto e mi lascio avvolgere dal suo calore che lentamente inizia a sciogliere la tempesta di neve che è in me.

Il Sapore della felicitàDove le storie prendono vita. Scoprilo ora