Dopo una settimana di degenza vengo finalmente dimessa. Mia madre è riuscita con pazienza a calmare l'animo tormentato di mio padre, il quale parlando con i medici e con Cristina si è convinto ad abbandonare la possibilità del ricovero. Abbiamo fatto un patto, un patto a cui non posso affatto sottrarmi. Da questo momento in poi mi dovrò recare due volte a settimana in studio da Cristina per moderare il mio umore e mi dovrò sottoporre ogni due settimane a una visita condotta da una equipe di medici in cui si alterneranno la Dottoressa Pirozzi, la quale controllerà il mio stato di salute generale, la mia nutrizionista della quale da avevo abbandonato da tempo le sue indicazioni ed un nuovo cardiologo che conoscerò nelle settimane a seguire.
Mentre salgo in macchina il rumore di un aereo cattura la mia attenzione. Vola in alto sopra le nostre teste confondendosi tra le nuvole bianche di un sereno febbraio. Istintivamente gli sorriso. Mi immagino Landon seduto su quell'aereo: la cintura allacciata perfettamente, i suoi occhi concentrati sulle istruzioni della hostess e i suoi piedi tamburellare sotto il sedile per l'agitazione. Me lo immagino con lo sguardo rivolto verso il finestrino, intento a scrutare le vette dei monti e gli appezzamenti verdi che si distendono sotto di lui. E poi la sua gioia mentre osserva il mare, mentre osserva quella distesa infinita di azzurro che conquista anche gli animi più duri. Lo vedo tirare fuori dallo zainetto la sua fotocamera e scattare un paio di foto allo scenario ed anche a ciò che gli accade intorno: la mamma che calma i suoi bambini che emozionati per i primi voli non fanno altro che alzarsi ed urlare, una coppia di innamorati pronti a tornare a casa dopo una vacanza romantica, ed ancora il classico lavoratore dirigente, che già in giacca e cravatta e con il tablet in mano, è pronto a svolgere nuove pratiche d'ufficio. Ed in infine ecco la hostess nella sua uniforme precisa ed elegante. Sfoggiando un sorriso gentile e grazioso nonostante le fatiche della giornata, sfila per l'aereo con il carrello di cibi e bevande. Conoscendo Landon prenderà sicuramente una barretta al cioccolato ed una Cola e rivolgerà alla hostess la sua espressione più lieta e riconoscente. Dovrei essere un po' gelosa per il modo in cui la guarda, in cui fa scorrere i suoi occhi dalle gambe nude e coperte solo da un velo trasparente delle calze al suo volto giovane e sereno. Dovrei essere gelosa, ma non lo sono perché lo conosco troppo bene e so per certo che i suoi modi cordiali sono solo formalità.
Saluto con la mano quell'aereo proprio come ero solita fare quando ero piccola. Questa volta però, non sto salutando un oggetto misterioso ed affascinante che si libra in aria, questa volta sto salutando la mia dolce metà augurandogli buona fortuna.
Entro in macchina e poco dopo mi ritrovo a percorrere veloce le strade della mia città. Landon verso Londra; io verso casa, ma per entrambi un nuovo inizio.
Dai vetri oscurati osservo le piante ghiacciate dall'inverno che riprendono vita un attimo grazie al leggero tepore di oggi. Passiamo davanti alla mia scuola, in cui i miei compagni sono impregnanti nelle loro lezioni, e davanti al parco dove sono solita andare a correre. Correre. Non mi è più permesso farlo. So che mi mancherà sentire le mie gambe leggere che sfidano il suolo ma so anche che dopo questi mesi potrò tornare lanciandomi in aria più veloce di prima. -Ritrovare me stessa per ritrovare ciò che amo- è questo che mi sono prefissata quando ho varcato la soglia dell'ospedale.
La macchina si ferma al semaforo rosso dell'incrocio. Sulle strisce pedonali attraversa un gruppo di ragazzi tra cui spiccano dei ricci rossi. Irene cammina sorridente tenendo sulle spalle la custodia una chitarra. Un ragazzo le tiene la mano e lei non fa altro che ridere e chiacchierare con gli amici che li accompagnano. Il suo viso è luminoso e il suo corpo si muove sicuro di sé. Non ha paura di mostrarsi al mondo; non ha paura di dare spazio alle sue emozioni ed ai suoi sentimenti. E' pronta a rischiare e a lottare per quello che ama fare. E' pronta a vivere. -Irene ha ricominciato- penso -Irene ha ritrovato se stessa nelle parole di chi le vuole bene e lottando contro le frasi di chi le voleva male.- -L'ammiro- constato alla fine -Il mio modello non sono le attrici e le influencer famose. Il mio modello è lei e non c'è bisogno di spiegarne l'evidente motivo.-
Quando arrivo a casa mi pare quasi di non riconoscerla. E' passata solo una settimana eppure mi sembra una vita che non ci metto piede. Riconosco l'aria pulita e profumata non appena varco la porta e, seguita da mio padre, vado immediatamente ad abbracciare mia madre. Al contrario di Antonio, Alexia sa nascondere bene la sua preoccupazione e cerca di rasserenarmi con un tenero sorriso.
Salgo in camera. Le serrande sono ancora abbassate lasciando la camera in una malinconica penombra. Mi affretto a tirarle su. Ho bisogno di luce, ho bisogno che tutto ciò che ho di più caro risplenda. La porta del mio bagno è ancora aperta e nella sua oscurità rivivo i momenti del mio triste delirio. Mi siedo sul letto e afferro le foto scattate da Landon -Si sono bella qui- constato ancora -Ma potrei esserlo ancora di più. Questa felicità che traspare è vera solo in parte. Questo viso scavato affascina solo chi le osserva all'istante.–
Poco dopo sento bussare. -Entra- dico riconoscendo il picchiettare delicato e ritmato delle nocche di mia madre.
-Posso?- Alexia fa il suo ingresso tenendo una scatola in mano
-Come stai?- mi chiede sedendosi accanto a me.
-Bene. Sono solo un po' stanca.-
Stringe le labbra ed abbassa lo sguardo. -Ti devo dire una cosa chérie, spero che non ti arrabbierai... - inizia dispiaciuta – I miei giorni di ferie sono giunti al termine ed il lavoro è raddoppiato a dismisura. Devo tornare a Parigi, mi dispiace.-
-Va bene mamma.- dico con un cenno di assenso
-Tornerò ogni weekend di fine mese e potrai chiamarmi a qualsiasi ora del giorno e...-
-Mamma ho detto che va bene.- la rassicuro prendendola per le spalle -Sei stata più di due mesi qui, capisco che devi andare. Non ti preoccupare.-
Lei sospira liberandosi di un peso. -Ti ho comprato una cosa.- dichiara sorridente passandomi la scatola
-Che cos'è?- chiedo curiosa
-Aprila e la scoprirai.-
Alzo delicatamente il coperchio. Da dentro estraggo un cappello da chef dal bordo ornato da piccoli disegnini di attrezzi da cucina.
-Ho pensato che ormai che sei diventata una professionista te ne servisse uno- spiega elettrizzata -L'ho visto in un negozio qualche giorno fa e l'ho trovato molto alla te; così ho pensato di prendertelo.-
Lo indosso immediatamente e mi specchio. -E' carinissimo.- esclamo abbracciandola -Grazie!-
-Sono contenta che ti piaccia, così quando inizierai a lavorare avrai qualcosa di grazioso da indossare.-
-Quando inizierò a lavorare- rifletto tra me e me. Stringo forte tra le mani il cappello. Questo è il suo modo per dirmi che acconsente i miei sogni, che acconsente a vedermi intraprendere una carriera nel mondo della ristorazione. Il suo gesto è un "non ti preoccupare Adele, vivi la tua vita ce la farai". Il suo gesto è il suo via libera verso la felicità.
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Il Sapore della felicità
Genç KurguIl romanzo che vi propongo è un viaggio verso la ricerca di se stessi e della propria identità attraverso un percorso fatto di salite e discese, esperienze e riflessioni. Nel mio scritto ho cercato di ricordare i bisogni e le bellezze della vita, co...