Martina's P.O.V.
"Andiamo a comprare il nuovo mostro!" canticchia allegramente il piccolo Daniel. Mi prende per mano, mentre con l'altra afferra quella di Jorge, e insieme ci avviamo verso lo store di giocattoli più grande del centro commerciale. "E' un gigante di terra e sarà il più grande della mia collezione" spiega entusiasta. "Da questa parte" mi conduce a passo spedito verso uno scaffale, lasciando un po' più indietro Jorge.
"Daniel, non correre" lo riprende raggiungendoci. "Il gioco non scappa, tranquillo" gli stringe la mano delicatamente e il bimbo annuisce.
"Eccolo! Eccolo!" saltella indicando una confezione su uno scaffale in alto. Provo a prenderglielo, ma non ci arrivo, nemmeno salendo in punta. Sto quasi per toccare la scatola, quando qualcun altro dietro di me l'afferra. Mi volto di scatto e mi ritrovo a pochi centimetri dal petto di Jorge, mi irrigidisco, non riuscendo a muovermi. Posso sentire il suo profumo, è gradevole e fresco.
"Ehm... ecco a te Dani" si scosta il ragazzo dagli occhi verdi e porge il gioco al nipote. Mi desto anche io, tornando anche con la mente sul pianeta Terra e sorrido al bambino.
"Grazie! Grazie!" esclama stringendo la scatola al petto. "Andiamo di la!" dice poi correndo dall'altra parte del negozio, verso le macchinine telecomandate. Fran le adorava quando era piccolo, tutt'ora ha la sua collezione e ci tiene come se fossero dei figli. Passo davanti il reparto dedicato ai più piccoli e la mia attenzione viene catturata da un carillon a forma di pianoforte. Mi avvicino attratta da quell'oggetto, come una falena lo è dalla luce. Ne avevo uno uguale. Me lo regalò la mamma, il giorno del mio primo concerto. Entrai in conservatorio all'età di nove anni, ero la più piccola del mio gruppo, poiché tutte avevano dai dieci anni in su, eppure al primo concerto ebbi un brano da solista al piano. Studiavo pianoforte e chitarra e poi, all'età di quattordici anni, ho iniziato anche canto, che studiavo a casa con mamma. La musica era, e continua ad essere, la mia vita, ma nulla è come prima. Rigiro il carillon tra le mani e lo aziono; parte una dolce melodia, la stessa di quello che mi regalò la mamma. Ero così affezionata a quel carillon, che purtroppo si è rotto tempo fa. "E' bellissimo Tini" la voce di Dani alle mie spalle mi fa voltare verso di lui.
"Ehi... tutto bene?" mi si avvicina Jorge e io lo guardò confusa, non comprendendo il perché della sua domanda. "Hai pianto?" chiede retoricamente. Mi tocco le guance e sono bagnate. "Che cos'hai? Parla, ti prego, mi sto preoccupando" dice con tono apprensivo. Deglutisco e respiro profondamente. Ho la gola secca e le labbra mi sembrano incollate, mentre le lacrime continuano a scendere silenziosamente.
"S-Sto bene" balbetto con un filo di voce. "Sto bene" sussurro con voce ancora più bassa, guardando l'oggetto che ho tra le mani.
"Sei sicura? Io... chiamo un medico o..." poggia una mano sulla mia spalla e continua a guardarmi preoccupato. Resto in silenzio e mi accovaccio a terra, ripensando alla mamma. Quanto mi manca. Mi manca il suo sorriso, il suo profumo, la sua voce, i suoi abbracci, i suoi consigli... mi manca lei.
"Ma-Mamma" singhiozzo portandomi il piccolo pianoforte al petto.
"Dani, vai a vedere i giochi in quel corridoio... da qui riesco a vederti" fa allontanare il bimbo e poi si siede a terra al mio fianco. "So che non ci conosciamo, ma... fa bene parlare e spesso è meglio farlo con un estraneo, puoi sfogarti se ne hai il bisogno" mi avvolge le spalle son un braccio e mi accarezza la spalla.
"Mia madre" prendo un gran respiro e chiudo gli occhi e riesco a vederla, con i suoi boccoli castani e gli occhi color nocciola, simili ai miei. "Mi regalò un carillon come questo la sera prima del mio primo concerto. Era il mio primo anno al conservatorio, ero la più piccola e avevo un pezzo da solista al piano, il mio strumento preferito" un angolo della bocca si alza, mentre i ricordi di quella sera riaffiorano nella mia testa. "Tempo fa, per sbaglio, lo feci cadere e si ruppe e... lo so, sembra una cosa stupida, ma rivederne uno identico dopo... dopo che mia ma-madre è m-morta... non lo so, mi fa stare così" termino la frase in un sussurro e, posando il carillon sul mio grembo, mi porto le mani sul viso. Sento la sua presa aumentare su di me e, senza rendermene conto, mi ritrovo con il viso appoggiato sul suo petto. Stranamente mi sento meglio. Aveva ragione, parlare con lui mi ha fatto bene e poi tra le sue braccia... è strano, ma è come se ogni problema sparisse. Quando finalmente mi calmo, lentamente mi stacco da lui per sciogliere l'abbraccio e gli sorrido timidamente. "Grazie" abbasso lo sguardo imbarazzata.
"Non ho fatto nulla, avevi bisogno di sfogarti e di un abbraccio" il suo tono è pacato e premuroso arriva alle mie orecchie come una dolce carezza. "Quello prendilo, te lo regalo io" dice indicando il carillon.
"No, non posso accettare" scuoto la testa con disappunto.
"Invece si, è un regalo" lo prende e si alza, porgendomi poi una mano. L'afferro senza esitare e, dopo aver preso anche Daniel, ci dirigiamo alla cassa.
Jorge's P.O.V.
"Zio, Tini viene con noi al parco, vero?" stiamo uscendo dal centro commerciale e mio nipote richiama la mia attenzione. Gli avevo promesso il gioco che tanto desiderava e anche l'uscita al parco, così eccoci qui. Appena arrivati abbiamo incontrato Martina, la sua maestra, e alla fine è riuscito a convincerla a passare il pomeriggio con noi.
"Certo, se lei vuole" la conosco da poco, pochissimo in realtà, ma mi sembra una brava ragazza.
"Ehm... va bene" sorride al mio nipotino, che le salta in braccio.
"Dani, scendi" lo rimprovero dolcemente. Ha tre anni ormai, non è più un neonato e non è una piuma, poi lei è così minuta e non voglio che si affatichi. "Pesi, su... scendi" lo richiamo una seconda volta, notando che è rimasto tra le braccia di Tini.
"Non è poi così pesante" dice tranquilla e mi rivolge un sorriso smagliante. Nonostante il crollo di poco fa riesce a sorridere, è incredibile.
"No, ma l'auto è piuttosto lontana... scendi" ribatto, riuscendo, finalmente, a convincere quella peste di mio nipote a scendere. Si mette tra me e lei e ci prende per mano. Alcuni ci guardano, sarà forse perché sono abbastanza conosciuto e probabilmente anche per la giovane età della ragazza al mio fianco. Da quanto ho capito ieri ha circa vent'anni, quattro in meno a me.
"Zio, lo sai che Tini fa dei muffin buonissimi" dice ad un tratto Daniel, facendo arrossire la giovane.
"Ah si? Allora prima o poi me li farai assaggiare" le dico senza pensarci troppo e, sinceramente, mi meraviglio anche io delle mie stesse parole. Arriviamo al parco centrale di Buenos Aires, in particolare nella zona dove ci sono i giochi per i bambini. Appena giunti sul posto, Daniel corre verso le altalene, mentre io e Martina ci sediamo su una panchina all'ombra lì vicino. "Parlami un po' di te" le dico per rompere il silenzio. Non so nulla su di lei e mi piacerebbe scoprirla, non so il vero motivo di questa mia voglia di conoscerla, ma vorrei sapere qualcosa in più su di lei.
"Non c'è molto da dire" scrolla le spalle lei. "Ho finito il liceo e ora lavoro" dice brevemente.
"Ieri ti ho sentita suonare, anche se per poco" alza lo sguardo su di me. "Sei molto brava" mi complimento con tutta la sincerità di questo mondo. La verità è che non ho mai sentito una voce bella come la sua e poi al piano ci sa davvero fare. "Ma non ti ho vista, la porta era chiusa" aggiungo con un accenno di dispiacere nella voce. "Ma ci saranno altre occasioni, no? Hai una voce fantastica!" esclamo e le sue gote si tingono di rosso.
"Grazie... suono da quando ero piccola" mi spiega. "A nove anni sono entrata in conservatorio per studiare pianoforte e chitarra e poi anche canto" il suo sguardo si perde nella distesa di verde che c'è difronte a noi. "Ma ho imparato tutto dalla migliore insegnante del mondo, mia madre" un sorriso malinconico nasce sulle sue labbra.
"Come conosci Diego?" chiedo per cambiare discorso. Non voglio che stia di nuovo male, per questo decido di distrarla, spostando il centro della conversazione.
"E' il fidanzato della mia migliore amica. Conosco Lodo da sempre, abitava nella casa difronte alla mia e io, lei e Mechi, la ragazza bionda con cui ero oggi, eravamo e siamo inseparabili" come per magia il sorriso si trasforma in uno vero, al solo pensiero delle sue amiche. "Poi dopo il liceo si è trasferita con Diego, ma non abbiamo perso i contatti" aggiunge e la capisco, anche per me è stato lo stesso.
"Si, anche io e Diego siamo amici da sempre" le confesso.
"Zio, Tini... prendiamo un gelato?" Dani ci raggiunge correndo, interrompendo così la nostra conversazione.
"Si, anche a me andrebbe" si mette in piedi Martina e si avvia con Daniel verso il chiosco dei gelati, seguiti da me. Dani e Tini parlano tra loro, ma non presto molta attenzione, dopotutto stanno parlando di giochi, cartoni animati e cose da bambini, che a non interessano. Tini, invece, sembra realmente interessata e risponde con vivacità; è sempre così allegra e dolce con Daniel, capisco perché la direttrice dell'asilo ha detto che tutti impazziscono per lei. E' una ragazza che si fa amare, tutti le vogliono bene ed è impossibile odiarla. La conosco da davvero poco tempo, ma mi da questa impressione, anzi ne sono più che certo.
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Chiquititas// Jortini
Fiksi PenggemarLa perdita di una persona cara sconvolge, in un modo o nell'altro, la vita di chiunque. Così è anche per la dolce Martina, che, in un certo senso, ha dovuto rinunciare alla sua più grande passione, la musica. Ma non tutto è perduto e forse un giorno...