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Due mesi dopo...

I dolori sono spariti. Ormai posso camminare e muovermi come voglio ma preferisco che Daddy mi tenga in braccio. Sto più comoda e mi piace la sensazione di calore che emana il suo corpo.
Il processo è stato molto pesante.  Confessare le violenze subite davanti a degli sconosciuti è stato difficile. Lui era lì e mi guardava con quella faccia arrapata. Non ho dormito per una settimana intera. Facevo molti incubi, mi svegliavo e Daddy doveva cullarmi per tutta casa ma comunque non mi riaddormentavo prima delle sette di mattina. Il resto della giornata lo passavo mezza rintontita e con un gran mal di testa. Philip è stato meraviglioso in questo periodo, si è preso cura di me e mi è stato sempre vicino. Non ha fatto caso ai miei capricci dovuti alla stanchezza e al trauma. Solo una volta ha perso la pazienza ma devo ammettere che mi sarei data una botta in testa da sola. Stava cercando di farmi mangiare ma io non ne volevo sapere. Per un secondo ha appoggiato il piatto con il riso al sugo sul seggiolone e io l'ho tirato sul muro, ha dovuto tingerlo di nuovo. Ammetto di essermi stupita anche io di questo gesto. Evidentemente avevo bisogno di sfogarmi. Mi sono subito pentita ma ormai era troppo tardi. Ho provato a chiedere scusa ma è esploso. Si è messo ad urlarmi contro che aveva bisogno di una tregua, che non sapeva più cosa fare, che temeva di non essere in grado di educarmi in modo appropriato. Ho veramente pensato  che volesse riportarmi in orfanotrofio. Mi ha punita pesantemente. Mi ha sculacciato per 10 minuti, poi ha infierito sul mio povero sedere con la spazzola e il cucchiaio di legno e poi mi ha lasciata nuda nell'angolino per un'ora. Alla fine ero stremata. Dopo la punizione si è calmato e mi ha coccolata come sempre assicurandomi che non mi avrebbe mai riportata in quel posto orrendo.
Oggi  dovrò andare dalla psicologa. All'inizio non volevo andarci. Ho pianto tanto ma Philip, con taaaanta pazienza, mi ha convinta che starò meglio quindi ho acconsentito. Ma sinceramente adesso inizio a pentirmene. Sarò da sola con un estranea che mi farà delle domande molto specifiche.
"Gemma" mi richiama Daddy toccandomi una spalla
"È ora di andarsi a vestire" dice guardandomi negli occhi. Sa già che mi opporrò
" No daddy sto male" dico toccandomi la fronte. Purtroppo come attrice faccio schifo e lui si mette a ridere
"Per fortuna non vuoi fare l'attrice" dice ridendo. Metto un adorabile broncio che lo fa ridere ancora di più
"Forza scimmietta vieni da Daddy" Dice allungando le braccia. Mi lascio prendere ma mentre mi cambia sul fasciatoio non riesco a trattenere le lacrime. Lui se ne accorge e mi tira su
"Cosa succede piccolina?" dice abbracciandomi
"Niente, ho solo paura di andare dalla psicologa. Non la conosco" confesso lacrimando
"Lo so che non la conosci ma ricordati che lei è lì per aiutarti. Non ti vuole giudicare. Vuole solo che torni ad essere la mia bambina sorridente, ok? Io sarò lì fuori e se senti di non poter resistere puoi sempre uscire. Non sei in trappola." dice per rassicurarmi
" ok Daddy" dico un po' più serena. Ma so che durerà poco, questo discorso mi è già stato fatto cinque o sei volte. Saliamo in macchina e per tutto il tragitto mi torturo le mani. Dopo poco entriamo in uno studio molto elegante. Ci sediamo in sala d'aspetto e Daddy mi stringe la mano per farmi smettere di tremare.
"Gemma?" mi chiama una voce squillante. Alzo subito lo sguardo e lei mi sorride.
"Puoi entrare se vuoi" è proprio questo il punto, non voglio. Daddy si alza ma io rimango ferma sulla sedia. Non so che fare, voglio liberarmi di questo peso ma voglio anche scappare lontano da qui. Lei sembra capire il mio disagio e si avvicina
" Mi chiamo Marta" dice cordialmente. È una signora di mezza età, un po' grassottella
"Lei è Gemma e io sono Philip, il suo tutore" dice Daddy al posto mio
"Ti va di venire dentro? Ci conosciamo e vediamo se ti piaccio. Se non ti senti a tuo agio puoi tranquillamente cambiare psicologa. Non mi offendo" dice sorridendo. Devo ammettere che è simpatica
"Oo-k" mi alzo e la seguo. Mi fa accomodare su un divanetto e lei si siede di fronte a me.
"Bene Gemma, allora so che sei qui per un problema in particolare ma prima vorrei conoscerti un po'. Perché non mi parli di te?" ammetto di sentirmi abbastanza a mio agio in questa stanza, l'arredamento trasmette un senso di tranquillità.
"Beh non c'è molto da dire. Ho vissuto praticamente sempre in orfanotrofio ma finalmente ho trovato Philip e con lui mi trovo molto bene"
"Si vede che è un tipo molto premuroso"
"Si, non mi manca niente da quando sto con lui"
"Mi vuoi raccontare come vivevi in orfanotrofio?"
"Era un inferno, le mie compagne mi facevano sempre un sacco di scherzi e la direttrice mi puniva spesso. A volte mi lasciava a digiuno per uno o due giorni e i crampi mi tenevano sveglia la notte"
"E quando sei stata adottata dagli white?"
"in quel caso pensavo di aver trovato finalmente una via di uscita. Pensavo che fossero la mia salvezza
"E perché non lo sono stati?"
Inizio a tremare un pochino, devo raccontare tutto un'altra volta e rivivere ancora quel dolore ma non voglio. Mi blocco improvvisamente,  vorrei dirle tutto e liberarmi ma qualche cosa me lo impedisce. Inizio a piangere e a respirare sempre peggio.

POV PHILIP
Finalmente sono riuscito a portare Gemma dalla psicologa. Sono stati due mesi molto molto difficili. Incubi di ogni genere, pianti e urli hanno riempito le nostre notti. Gemma è terrorizzata e non riesco a calmarla in nessun modo. Alla fine si addormenta dalla stanchezza ma devo giurarle che non la metto nella culla o sul letto. Adesso sono nella sala d'aspetto e spero che vada tutto bene. Ad un certo punto vedo uscire la psicologa. È molto agitata. Mi chiama e mi fa entrare. Gemma non riesce a respirare, è tutta rossa. Le do l'inalatore e poi la prendo in braccio mentre piange a dirotto. La faccio calmare e poi ci sediamo sul  divanetto.
"Scusate" dice abbassando lo sguardo
"Non c'è niente di cui scusarsi. Per oggi sei stata anche troppo brava. Adesso vai a casa e non pensare a niente di tutto questo. Al prossimo appuntamento vedremo di fare un passo avanti" la rassicura la psicologa. La salutiamo e la metto nel seggiolino.
"Scusami daddy, sono un disastro" dice coprendosi gli occhi con le mani
"Sssh Gemma non è vero. Hai subìto un trauma e stiamo cercando di superarlo. Nessuno ha detto che sarebbe stato facile" le dico accarezzandole la schiena. Mi dispiace vederla così affranta, si impegna molto ma deve capire che ci  vorrà del tempo.
"Vuoi andare al parco? " le chiedo per tirarla su di morale
"Sisisisisisisi" dice ridendo
Passiamo un pomeriggio fantastico. La spingo sull'altalena e giochiamo insieme

Fidati di meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora