Capitolo 22

535 17 2
                                    

Una donna sulla trentina camminava frettolosamente lungo il corridoio. Il rumore che producevano i suoi tacchi scuri eccheggiava nel luogo. Sulla mano sinistra teneva una piccola tessera bianca, probabilmente la usava per accedere alle porte chiuse a chiave o a quelle riservate per il personale. Aveva un'aria stremata, le gote si stavano colorando di un colore piú intenso, i suoi occhi scuri erano in allerta, schizzavano in ogni angolo per assicurarsi che non spuntasse all'ultimo minuto qualcuno di indesiderato. Il suo cuore batteva cosí forte da sentirlo anche nelle orecchie, l'ansia cresceva a vista d'occhio. Aveva paura di essere scoperta, ormai conosceva il modo di pensare in quell'edificio e questo voleva dire che ci sarebbe voluta meno di mezz'ora per mandare in fumo il suo piano.
Il candido camice aperto mostrava la figura slanciata della donna, dei jeans e una camicetta rosa pastello. I capelli color cioccolato erano sciolti e seguivano la sua andatura spedita, quasi inarrestabile. Per una persona che lavorava nella W.I.C.K.E.D. era inusuale un aspetto del genere, tutti dovevano essere impeccabili, precisi, senza scrupoli ma lei era diversa. Lo era sempre stata. Lei sapeva che in quell'edificio lavoravano solo dei pazzi, i mezzi che usavano erano completamente sbagliati. I medici non erano comprensivi, erano freddi, eseguivano gli ordini come se fossero degli automi controllati dai pezzi grossi.

"Il fine giustifica i mezzi." solevano recitare come scusa per ogni cosa.

Cosí facendo si sarebbero autodistrutti, non sarebbero andati da nessuna parte. Pensava la donna. Sono matti, tutti matti.

Senza rallentare estrasse da una tasca del camice un foglio di carta piegato, lo spiegó e rilesse mentalmente quanto scritto.

"Devo trovarle, le tirerò fuori da qui." sussuró a se stessa rimettendo il pezzo di carta al suo posto.

Con una scusa si era intrufolata nella sala piena di monitor: doveva controllare "a distanza" dei pazienti aveva detto. Gli altri dottori l'avevano creduta quindi lei aveva approfittato delle telecamere per trovare loro, cosí prese un fogliaccio e si annotó le stanze in cui erano state portate dopo la loro fuga.
Non fece in tempo a svoltare il corridoio che si imbatté in due guardie armate.

Dannazione. Si era maledetta mentalmente. La corpertura era saltata.

La guardia sulla destra strinse il dito attorno al grilletto e fece fuoco sul suo petto. L'aria si riempí di elettricità, una terribile puzza simile a quella che si sviluppava dopo la caduta sul suolo di un fulmine, si insinuó nei polmoni della donna. La mora sbarró gli occhi, non fece in tempo a elaborare la situazione che nel giro di una manciata di secondi, si ritrovó sul freddo pavimento col corpo coperto di spasmi e cariche elettriche azzurre, per non parlare poi del fumo che le circondava la testa.

La donna prima di svenire borbottó: "Beatrice, Angelica, vi salveró. Lo prometto."

Poi la sua vista si fece nera come la pece.
Quello che la donna non sapeva era che una ragazzina dai biondi capelli osservó attonita tutta la scena.

Una ragazzina dalla chioma color grano e gli occhi azzurri come un cielo senza nuvole, se ne stava sdraiata sul letto fissando annoiata il soffitto. Era stanca di starsene con le mani in mano, le mancava sua sorella, voleva correre da lei se solo avesse saputo dove fosse. Quando la portavano a fare le analisi, esaminava ogni centimetro dei corridoi e delle stanze per scorgere l'unica persona di cui si fidava veramente. Sperava con tutto il cuore di poterla abbracciare di nuovo.

Ti troveró. Si ripeteva in mente.

Chiuse gli occhi, delle lacrime le rigavano il viso colta da dei pensieri negativi.

The Maze Runner- Le GemelleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora