Capitolo 40

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Mi lasciai tranquillizzare ancora per un po' poi il Velocista mi lasciò sola. Aveva un'espressione seria in volto, non avevo molta voglia di ipotizzare perché fosse così. Aveva cambiato umore in un attimo, prima era affettuoso poi un pensiero lo fece irrigidire. Gli avevo chiesto se stesse bene e lui mi aveva assicurato che andasse tutto alla grande. Cosí, dopo che se ne andò, mi ritrovai nuovamente inondata dai pensieri. O meglio, mi constrinsi a riflettere su una cosa.
Ero talmente assorta che sobbalzai sul materasso quando la porta si aprí nuovamente. Credevo che fosse ancora Minho per passare altro tempo con me ma i suoi capelli erano biondi. Beatrice, esausta, si lasciò cadere di peso sul suo letto strofinandosi le palpebre con i polpastrelli. Non me la sentivo di stare da sola con lei nella stessa stanza, così mi alzai per andarmene ma qualcosa me lo impedí. Le diedi le spalle e feci finta di sistemare le coperte mentre mi interrogavo sul perché le mie gambe non volevano muoversi. Una ciocca entrò nel mio campo visivo quindi la portai dietro l'orecchio, quell'azione mi trasmise qualcosa che non riuscii a definire. Scacciai quella sensazione quindi trovai un notevole interesse nell'osservare la parete, infine il mio sguardo andò a finire sulle mie armi stese a terra tra i due letti. Le portai verso di me, girandomi un pò nella direzione della mia gemella, come se avessi paura che lei me le prendesse. Quando afferrai l'ultimo pugnale, il mio sguardo cadde sulla figura di Beatrice che ora fissava il soffitto. A quel punto mi morsi il labbro e capii quello che mi turbava.

"Mi potresti rifare la treccia?" le chiesi incerta.

La bionda si voltò verso di me, facendomi pentire di aver aperto bocca. "Pensavo che non me lo avresti mai chiesto."

"Infatti non volevo." ammisi avvicinandomi a lei.

Mi sistemai di fronte a lei mentre quest'ultima prese a pettinarmi i capelli con le dita.

"Che ti é preso ieri a pranzo?" volle sapere cambiando discorso.

Mi maledissi di essere rimasta in quella stanza, dovevo andarmene subito quando era entrata. Invece no, adesso mi toccava parlare. Ero veramente un'idiota. La risposta alla sua domanda non arrivó poiché serrai le labbra in una linea sottile.

"E dai, dimmelo." insistette. "É successo qualcosa?"

Espirai svuotando completamente i polmoni, se la mia vista potesse incenerire avrei ridotto in polvere il punto indefinito sulla parete che stavo fissando e mia sorella. Anche questa volta rimasi in silenzio.

"Ancora fai così?" mi sgridò con un tono acido come se fossi una bambina piccola. "Puoi anche degnarti di rispondermi."

La uccido adesso, subito o immediatamente?

Se avessi aperto bocca era molto probabile che l'avrei insultata ma la vocina dentro la mia testa si ostinava a tapparmi la bocca e tenermi le braccia per evitare che la riempissi di pugni. Ancora una volta imprecai mentalmente contro di me per non aver mantenuto la distanza.
Il silenzio calò su di noi, Beatrice era stufa di farmi l'interrogatorio mentre io ero impegnatissima a trovarle un degno appellativo.
Ad un certo punto percepii dei polpastrelli sfiorarmi la pelle del fianco, per fortuna non dove c'era la cicatrice. Mi spiegai di scatto di lato, per poco non sbattei la testa contro il muro, mi morsi la lingua ma a stento riuscii a trattenere il riso. Non era un buon momento per farsi una risata e non ero nemmeno dell'umore giusto. Non seppi il perché, ma quel gesto ebbe il potere di accantonare il mio astio nei confronti di mia sorella.

"No, ti prego. Ti odio." ma questa volta ero ironica, non pensavo minimamente quelle cose su di lei anche se ne avevo il diritto.

La sua ridarella si mischiò con la mia creando un ambiente felice, tranquillo in contrasto con quello esterno. Finalmente smise di torturarmi, ero certa che sarei tornata a non sopportarla come prima ma le cose non andarono proprio così. Quando mi calmai, per qualche strano motivo, una parte di me l'aveva perdonata. Le emozioni negative erano rimaste ma la loro intensità era minore, in poche parole quel gesto mi aveva migliorato l'umore.
Le sue dita si muovevano meno frenetiche della prima volta, era più concentrata in quello che faceva. Nessuna delle due era intenzionata ad aprire bocca, un dubbio si infilò nella mia mente così di punto in bianco fiatai cogliendola di sorpresa.

The Maze Runner- Le GemelleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora